Novembre 22, 2024

Etica ambientale: è possibile una teoria antropocentrica?

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L'etica ambientale pone spesso al centro delle sue teorie la vita in ogni sua forma o l'intero ecosistema terrestre. Vediamo, invece, la proposta del filosofo B. G. Norton.
Etica ambientale

L’etica ambientale è, ormai da tempo, alle prese con le più svariate prospettive. Un consistente risultato della scienza ecologica è quello di aver attribuito all’essere umano un’importanza pari a quella di ogni altro componente dell’ecosfera. Da un punto di vista ecologico, infatti, l’uomo fa parte della natura proprio come gli altri esseri viventi e non viventi. È altrettanto vero, però, che gli esseri umani per sopravvivere e per creare una civiltà hanno bisogno di sfruttare almeno una parte della natura e di addomesticarla.

Negli ultimi decenni queste due verità hanno dato vita a un acceso dibattito su come l’uomo dovrebbe agire nei confronti della natura. In modo schematico potremmo classificare le varie proposte come: antropocentriche o non-antropocentriche, a seconda che ritengano sufficienti gli attuali principi fondamentali dell’etica o che questi vadano abbandonati; che reputino degni di considerazione morale solo gli esseri umani o anche altri componenti del mondo naturale; che abbiano come fine il bene dell’uomo o anche quello di fasce più ampie della natura.

In entrambi i casi, la radicalizzazione eccessiva delle posizioni comporta dei rischi. Nel primo caso, che per molti corrisponde all’atteggiamento che è prevalso finora nell’Occidente moderno, ritenendo l’uomo il padrone assoluto della natura se ne giustificherebbe ogni genere di manipolazione e sfruttamento; nel secondo caso, trascurando l’importanza della cultura e il valore che si è soliti attribuire all’essere umano, il rispetto per l’ambiente e per gli altri esseri viventi potrebbe condurre a sacrificare gli obiettivi etici della tradizione umanistica.

Il filosofo Bryan G. Norton sostiene che un atteggiamento antropocentrico sia sufficiente affinché la natura sia conservata e preservata, non risultando necessario conferirle considerazione morale o un valore intrinseco. Ovviamente, vanno rispettate delle condizioni. Innanzitutto, Norton fa distinzione tra due forme di antropocentrismo, una “forte” e l’altra “debole”, che possono essere determinate attraverso la definizione di preferenze immediate e preferenze ponderate:

«Una preferenza immediata è qualsiasi desiderio o bisogno di un individuo umano che possa almeno temporaneamente essere soddisfatto da qualche sua esperienza specificabile. Una preferenza ponderata è qualsiasi desiderio o bisogno che un individuo umano esprimerebbe dopo un’attenta deliberazione che includa il giudizio che quel desiderio o bisogno è coerente con una visione del mondo adottata in modo razionale – una visione del mondo che include teorie scientifiche pienamente convalidate e un modello metafisico che interpreta quelle teorie, oltre a un insieme di ideali estetici e morali razionali» (B. G. Norton, Etica ambientale e antropocentrismo debole, p. 145).

I valori contemplati in una posizione di antropocentrismo forte sono tutti spiegabili facendo riferimento alla soddisfazione di preferenze immediate di individui umani. Nel caso dell’antropocentrismo debole, invece, viene riconosciuta la necessità di sottoporre a un esame critico le preferenze immediate. A ciò si provvede basandosi su degli ideali, non riducibili a semplici preferenze, che possono essere di carattere spirituale o scientifico in entrambi i casi, derivanti da una visione del mondo su cui l’esperienza della natura può incidere profondamente. Allora, in questa forma di antropocentrismo, che in quanto tale rifiuta di attribuire un valore intrinseco alla natura, i valori hanno origine e sono definiti attraverso il contatto con il mondo naturale, e così la natura acquista valore in quanto contribuisce alla formazione di valori umani.

Da ciò si deduce come un’adeguata etica ambientale non debba basarsi necessariamente su teorie non-antropocentriche. Ma, allo stesso tempo, Norton afferma che è inevitabile che una tale etica sia non-individualistica. Infatti, un’etica la cui preoccupazione morale sia basata sugli interessi degli individui, siano questi solo umani o anche di altre specie, non potrebbe gestire le decisioni presenti facendo riferimento agli effetti sugli individui futuri, poiché quest’ultimi e i loro interessi sono determinati anche da queste decisioni. Risulta, dunque, fondamentale lo sviluppo di principi guida per un comportamento rispettoso della permanente integrità degli ecosistemi. Sarebbe così possibile oltrepassare l’attenzione per le preferenze immediate degli individui e centrare l’attenzione sull’equilibrato funzionamento ecosistemico.

Allora, possiamo concludere che:

«attraverso la costruzione di principi e ideali ecologici all’interno di una visione del mondo sostenuta con argomentazioni razionali, l’antropocentrismo debole può sviluppare una grande quantità di risorse per sottoporre a critica le preferenze immediate degli individui che minaccino la stabilità e l’armonia dell’ambiente. Le esperienze naturali sono essenziali nella costruzione di una visione del mondo razionale. Analogamente, sembra essenziale anche la comprensione scientifica della natura. E non dovrebbe sembrare sorprendente scoprire che analogie, simboli, metafore tratte dalla natura hanno costituito una fonte essenziale nella scelta di ideali etici ed estetici. Altre specie e luoghi naturali ben conservati avrebbero perciò un grande valore per gli esseri umani, non solo per il modo con cui soddisfano le loro preferenze immediate, ma anche per il modo in cui illuminano queste preferenze» (B. G. Norton, Etica ambientale e antropocentrismo debole, p. 174).

I passi citati dal saggio di B. G. Norton, Environmental Ethics and Weak Antropocentrism, sono tratti dalla traduzione italiana presente in R. Peverelli (a cura di), Valori selvaggi. L’etica ambientale nella filosofia americana e australiana, pp. 139-180.

1 thought on “Etica ambientale: è possibile una teoria antropocentrica?

  1. La crescita demografica e la produzione su larga scala, fanno comprendere la esauribilità delle risorse ambientali, una volta che si va avanti nel processo di globalizzazione. La Terra ha una disponibilità di risorse limitata. Questo approccio è corroborato anche mediante dei collegamenti con la fisica, in particolare con la teoria dell’entropia, che afferma come non sia possibile recuperare l’intera quantità di energia di un sistema chiuso. Si tratta di una grandezza scalare, che descrive la propensione di un corpo a scambiare o trasformare energia in un modo piuttosto che in un altro. Il concetto di entropia va collegato al primo principio della termodinamica, secondo cui nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma (come l’acqua in ghiaccio e viceversa), con la conseguente (ingannevole) inferenza dell’apparente reversibilità delle trasformazioni attuabili.

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