Saremo sempre tutti Principi e Cappuccetti Rossi
5 min readDi come l’antropologia e le scienze umane spieghino perché esistono ed esisteranno sempre le fiabe ed ecco perché saremo sempre tutti Principi e Cappuccetti Rossi
Lunga storia delle interpretazioni del mito, che parte dalla cultura greca trova momenti importanti nella cultura rinascimentale (proprio attorno alla sua ripresa della classicità); nel pensiero storicista di Vico;
nell’illuminismo e poi soprattutto nella «scienza del mito» ottocentesca, basata sul comparativismo
filologico. La fiaba e la favola si perdono nella notte dei tempi e hanno una vita longeva fin al mondo globale e moderno senza perdere minimamente il loro valore intrinseco per bambini ed adulti.
Ma la svolta, come tutti sappiamo fin dalle scuole medie, sta negli studi di Propp. Il grande studioso russo Vladimir Propp riportava l’origine della fiaba ai miti iniziatici dei cacciatori-raccoglitori e come dice lui la fiaba risale alla preistoria del genere umano. Ci sono due possibilità riguardo alle origini o I miti iniziatici, persa la loro sacralità, sarebbero diventati racconti profani e fiabe; oppure è probabile che origini da una simbiosi tra cacciatori e coltivatori con scambi economici e culturali: i cacciatori non avevano solo miele e selvaggina da barattare coi prodotti agricoli, avevano anche prodotti culturali, ovvero rituali come riti magici e iniziazioni o capacità magiche e divinatorie ma al tempo anche la medicina erboristica); infine probabilmente racconti, le narrazioni.
La parola fiaba deriva dal fabula ‘racconto’, mentre la parola favola è solo latineggiante; ma il significato è lo stesso. La favola comprende le favole di animali, le favole infantili, le favole a catena, le fiabe magiche, per la fiaba invece si intendono le fiabe magiche, quelle studiate da Propp ad esempio La bella addormentata nel bosco.
Nelle fiabe magiche l’eroe è di solito un maschio, raramente è anche una femmina; nelle fiabe d’incantesimo l’eroina è femmina, e subisce gli avvenimenti in maniera passiva: viene salvata dal principe, le viene tolto l’incantesimo, viene salvata e via dicendo . La fiaba d’incantesimo delinea una situazione di passività e di subordinazione dell’eroina vittima, questo ci fa supporre che fosse una situazione femminile nelle società agricole.
Propp ha dimostrato che la fiaba conserva tracce di riti, miti e ideologie della preistoria, sulla scia degli antropologi e folkloristi evoluzionisti dell’Ottocento e della prima metà del Novecento.
Vi è una estrema connessione tra rito e mito, e sulla base della documentazione etnologica, si sono potuti interpretare come rituali tutta una serie di motivi ritenuti fantastici, come ad esempio le prove cruente subite dall’eroe durante l’iniziazione; il collegamento della maga, della foresta, del regno lontano con i morti; le nozze sacrificali della fanciulla col drago.
Anche il perno centrale dell’opera l’eroe all’inizio è un bambino, è il più piccolo, e alla fine è un adulto che si sposa è esattamente il ciclo dell’iniziazione, che trasforma un bambino in un adulto.
Nel tempo le fiabe se da una parte narrano il singolo dall’altra rappresentano in realtà tutta la comunità fino a diventare la vera identità culturale che in esse hanno racchiuso, come in un magico scrigno, i loro simboli, i loro sogni, le forme religiose ma anche le conoscenze tradizionali, gli usi civici, le trasmissioni di antichi mestieri, il sentimento d’amore e di morte, i legami di solidarietà e cooperazione nonché le interazioni complesse con la Natura intera. Tutta la comunità è Cenerentola o Il Principe Ranocchio o Pollicino o ancora La Bella e La Bestia .
La fiaba resta ancora oggi una grande avventura per l’infanzia ma anche per l’adultità: perché nutre il nostro immaginario, interpreta i lati inquieti della nostra esistenza, racconta storie fantastiche che sembrano appartenere a tradizioni lontane ma che in realtà sono la parafrasi di un discorso ontologico universale: la ricerca costante di senso.
Attraverso la narrazione fiabica si alimenta fin da bambini una continua mobilità spirituale, un’attenzione permanente a quello che ascoltano e vedono”. Lo scopo del racconto rivolto ai bambini è generare in sé la vita in tutta quiete per essere un costruttore attento e consapevole di nuove fiabe, di nuove storie
e trovare nell’esperienza quotidiana tante forme di riscatto e di emancipazione perché la fiaba, secondo Gianni Rodari, serve anche a questo: il lieto fine aiuta ogni uomo ad avere fiducia in un futuro che potrebbe arrecare infinite possibilità di successo.
Non muta nei secoli la capacità che in esse si annida di imparare ad avventurarsi lungo i sentieri dell’immaginazione, dell’inattuale, dell’inedito, dell’ignoto; bambini e ragazzi capaci di rotture cognitive per osare molteplici e differenti linguaggi espressivo-creativi: quelli, appunto, della fantasia.
In antropologia come in psicoanalisi: partendo dall’ipotesi che essa sia una metafora della vita dell’uomo e della realtà in cui il bambino vive, ne è stato messo in evidenza il carattere storico e psicologico. Il contenuto simbolico della fiaba, in questa prospettiva, non può che rappresentare, sotto il velo della metafora, gli aspetti della realtà.( Rossella Caso)
La fiaba è metafora della vita dell’uomo e della realtà in cui il bambino vive e la sua identità, complessità, sia di quella classica che di quella moderna, ci fanno capire che l’antica arte del raccontare possa avere ancora un senso; orchi, principi e principesse possono ancora contribuire, come ormai da millenni accade, alla crescita delle giovani generazioni .
Le favole moderne, le rivisitazioni, le rielaborazioni a cui inevitabilmente le generazioni le sottopongono elaborano nuovi ambienti, personaggi, simboli, che altro non sono che la trasposizione sul piano dell’immaginario del mondo tecnologico e massmediale della società industriale.
Che sia classica o moderna, la essa cattura il reale per averne il sopravvento, per spiegarlo e per mettervi ordine: traccia percorsi di vita, che rassicurano e istruiscono e in questo senso risponde a un bisogno tipicamente umano: spiegare la realtà:
Questa è la dimensione del racconto.
Essa , in funzione pedagogica, parla delle esperienze fondamentali della formazione, con i suoi personaggi, i suoi simboli, i suoi percorsi; richiama a paradigmi di crescita, itinerari di prove, pratiche di iniziazione, figure simboliche, che agiscono sospese tra reale e fantastico. In questo senso parla di formazione e agisce sulla formazione, a partire dall’immaginario.( Rossella Caso)
Anche da adulti in realtà non smettiamo di imparare dai personaggi delle storie. Essi ci aiutano perché si collegano alla nostra vita, ai sogni, alle ansie, e mentre ci confrontiamo consideriamo cosa avremmo fatto nei loro panni. “Le fiabe aiutano i bambini imparano a navigare la vita”.
Italo Calvino diceva giustamente : Le fiabe sono i dinosauri che si aggirano ancora tra noi.
Mi sono laureata in Lettere con indirizzo antropologico-geografico presso l’Università di Salerno. Ho conseguito due master: in Marketing presso lo IED di Milano e in Logistica Internazionale presso l’Università di Firenze. Ho fatto della Antropologia e della Etnografia una passione ed un lavoro. Attualmente sono docente di italiano nella scuola secondaria di primo grado, occupandomi di antropologia sociale e culturale della preadolescenza. Leggere è la mia passione, scrivere il mio impulso irrefrenabile.