Settembre 8, 2024

Il sequel di Oppenheimer: la bomba ad idrogeno

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Nella bomba ad idrogeno una piccola quantità di materia può velocemente trasformarsi in una devastante esplosione termonucleare

La storia di Oppenheimer è stata un successo sul grande schermo. La regia di Nolan unita alla storia di un personaggio così controverso si è dimostrata una scelta vincente. Giocando nel bilico tra etica e strategia questo film regala accese discussioni fuori dalle sale.

Le parole si intrecciano vaghe partecipi di discorso a tratti inconcludente, eppure, nel 1945, non erano semplici parole. Erano 21 di chilometri quadrati di terra inceneriti, 210.000 tombe e la consapevolezza della forza distruttrice di armi senza precedenti.

Nonostante ciò, la ricerca non si è arrestata; l’umanità aveva già scritto il prossimo capitolo, una nuova arma più potente era in agguato, pronta a prendere forma. Nel 1952, quando la prima bomba all’idrogeno fu detonata nelle acque del Pacifico, fu un evento decisamente fuori dalle aspettative. L’esplosione doveva generare una potenza di 10 megatoni, già 700 volte superiore a quella della bomba sganciata su Hiroshima, ma in realtà raggiunse i 10,5 megatoni. Un passo avanti nell’evoluzione tecnologica, che portò con sé sfide e responsabilità ancora più grandi.

Il funzionamento della bomba ad idrogeno

La distinzione fondamentale tra una bomba ad idrogeno e una bomba atomica risiede nella loro capacità energetica. La bomba ad idrogeno basa il suo funzionamento su stadi successivi. Ogni fase è un innesco per la seguente, creando un processo potenzialmente infinito in grado di generare energie virtualmente illimitate. Questa prospettiva, senza dubbio attraente per scopi militari, ha suscitato numerosi studi e finanziamenti. Sebbene i dettagli operativi siano un segreto militare, possiamo analizzare le componenti principali per comprendere il suo funzionamento

Bomba di Teller-Ulman

La bomba ad idrogeno più semplice è la bomba di Teller-Ulman. Il suo funzionamento si basa su tre stadi:

1) fissione

2) fusione

3) fissione.

Nell’articolo “INIEZIONE RAGGIUNTA A NIF: COSA SIGNIFICA?” ho già trattato il perché la fissione e fusione sono reazioni con rilascio energetico, perciò non mi dilungherò in ulteriori spiegazioni. Basti sapere che per fissione si intende la spaccatura di un elemento in elementi più piccoli e per fusione, al contrario, l’unione di elementi più piccoli. Ciascuno dei due fenomeni può avvenire con rilascio energetico, che può essere sfruttata per gli scopi più disparati.

La prima fase: Innesco nucleare

Nella prima fase si sfrutta una bomba atomica convenzionale, che viene utilizzata per generare le elevate temperature e le pressioni necessarie per innescare la reazione termonucleare successiva.

In questo stadio dei neutroni lenti (poco energetici) vengono lanciati contro un involucro formato per la maggior parte da Uranio-238. Tra le  reazioni più probabili cito la seguente:

 U-238 + n (neutrone termico) -> Ba-144 + Kr-90 + 3n + energia

 Questa reazione produce energia ma il neutrone incidente deve essere poco energetico altrimenti verrebbe catturato dal nucleo portando alla formazione di Uranio-239. Questa necessità fa si che l’uranio 238 non sia il più idoneo per costruire una bomba, poiché la reazione a catena si interromperebbe presto. Infatti i neutroni prodotti dalla reazione sono altamente energetici e se anche si andassero a scontrare con un altro atomo di uranio 238 verrebbero catturati e la reazione terminerebbe rendendo vani i nostri sforzi. Ciò nonostante questa reazione è un “inizio” ottimo per il nostro processo perché l’esplosione che crea è sufficiente per comprimere la sfera interna fatta di Uranio-235. Questo isotopo è molto più raro del fratello 238, solo lo 0.7% dell’Uranio disponibile in natura è di questo tipo. L’esplosione dovuta all’uranio 238 crea le opportune condizioni di pressione e temperatura affinchè avvenga la reazione:

U-235 + n (neutrone) -> prodotti dalla massa più piccola + energia + 3n

I 3 neutroni prodotti si scontreranno contro 3 atomi di uranio dando vita a 9 neutroni che si scontreranno con altrettanti Isotopi 235. La reazione a catena funziona, dando vita ad una esplosione potenzialmente incontrollata che può sfuggire di mano velocemente. Per evitare una detonazione non desiderata si utilizzano materiali che siano in grado di assorbile i neutroni nella giusta quantità così da tenere sotto controllo la reazione. La potenza di questa fase è di circa 40 kTon.

Seconda fase: Fusione termonucleare

La prima fase, oltre che produrre energia, produce raggi X che si diffondono nel canale di radiazione fino a riempirlo uniformemente. In particolar modo, i raggi fanno pressione contro le pareti di un cilindro riscaldandole a tal punto da disintegrarle in un processo di esplosione ablativa. Nel disintegrarsi il combustibile al suo interno si comprime raggiungendo pressioni altissime (1/30 del diametro originale). Il combustibile non è altro che litio e deuterio (deuterio di litio) ed al centro c’è una canna di plutonio che produce neutroni per fissione spontanea. Nelle condizioni critiche di densità e temperatura vengono prodotte le seguenti reazioni

6Li + n → 3H + 4He + energia

2H + n → 3H + energia

Dal trizio prodotto viene generata la reazione di nostro interesse:

2H + 3H → 4He + n + 17,6 MeV

Questo stadio produce 130 kTon

Terza fase: fissione

La capsula è avvolta da uranio-238 che, quando colpito dai neutroni generati dalla fase precedente, funge da combustibile per la terza fase di fissione, costituendo un’ulteriore fonte di energia e producendo un ulteriore equivalente a 40 kTon.

Il totale della forza esplosiva prodotta è di circa 200 kTon ma volendo possono essere aggiunte altri stadi di  fissione per aumentarne la potenza.

La bomba più potente mai testata: Bomba Tsar

Aggiungendo degli stadi questa tipologia di bomba può arrivare ad energie altissime, e con lo scopo di dimostrare la supremazia del rispettivo paese durante la Guerra fredda sono stati svolti svariati test.

 Resta impresso L’Operazione Castle Bravo: una serie di test nucleari condotti dagli Stati Uniti d’America nelle isole Marshall nel Pacifico nel marzo 1954. Durante questi test sono stati rilasciati le armi nucleari più potenti mai realizzate dagli Stati Uniti con conseguenze significative. Il test Bravo era una bomba ad idrogeno progettata per essere molto più potente delle bombe atomiche precedenti. La potenza stimata del Bravo è stata significativamente sottovalutata, e l’esplosione è stata molto più grande di quanto previsto, con una potenza di circa 15 Mton invece che i 7Mton aspettati. Questa esplosione era circa 1.000 volte più potente della bomba di Hiroshima.

L’errore di valutazione nasce nella fase di fusione. Infatti gli scienziati erano ben consapevoli che all’interno del ordigno erano presenti sia il 6Li che il 7Li, ma quest’ultimo non venne considerato nei calcoli in quanto ci si aspettava che decadesse in elementi minori senza rilevanza. Invece l’isotopo, colpito dal neutrone a quelle energie, produce altro trizio e un altro neutrone. Questa reazione ha aumentato l’energia di esplosione  al di là di quanto aspettato. Le conseguenze furono disastrose. Una grande nube a forma di fungo e ha generato fallout radioattivo che si è disperso nell’atmosfera e ha contaminato un’ampia area, mettendo a rischio la salute degli abitanti delle isole circostanti e del personale militare coinvolto nell’operazione.

La Sfida del Disarmo Nucleare

La bomba all’idrogeno rappresenta un capitolo oscuro nella storia delle armi nucleari, caratterizzato da una potenza di distruzione inimmaginabile e dalle conseguenze devastanti che può avere sull’umanità e sull’ambiente. L’ascesa di queste armi ha segnato un punto di svolta nella corsa agli armamenti durante la Guerra Fredda e ha portato il mondo sull’orlo di una potenziale catastrofe nucleare. Tuttavia, la storia delle armi nucleari ci insegna anche l’importanza della responsabilità e del controllo nell’uso di questa tecnologia incredibilmente potente.

Oggi, mentre il mondo continua a impegnarsi per il disarmo nucleare e il controllo delle armi, è fondamentale riflettere sulla lezione appresa dalla bomba all’idrogeno. La sfida di evitare il ricorso a tali armi rimane una delle sfide più urgenti e importanti del nostro tempo, e la storia della bomba all’idrogeno ci ricorda la necessità di impegnarci per un futuro più sicuro e pacifico per le generazioni future.

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