Dicembre 3, 2024

Come l’uomo ha plasmato la natura (e i geni), da selvatico a OGM.

5 min read
Dalla selezione delle piante più produttive allo sviluppo di OGM. Come l'uomo ha imparato a plasmare la natura.

8 miliardi (8’000’000’000) è un numero impressionante, gigantesco, difficile anche solo da immaginare. Con 8 miliardi di scalini potremmo andare e tornare dalla Luna, 2 volte!

8 miliardi è anche il numero di persone che respiravano e vivevano sul nostro pianeta il 15 novembre 2022 (ora siamo anche di più). Ma come ha fatto l’uomo a passare dalle ipotetiche poche migliaia di individui sopravvissuti alla catastrofe di Toba, stimata 75 000 anni fa, a superare gli 8’000’000’000 di uomini?

Il successo della nostra specie si deve a una moltitudine di fattori, la cui straordinaria capacità nel procacciare il cibo ne è stata l’elemento cardine.

L’addomesticamento delle piante e la selezione dei geni

Pandemie, guerre e catastrofi naturali non hanno fermato l’inesorabile avanzata dell’uomo nella colonizzazione del pianeta e tutto è iniziato dall’addomesticamento delle piante. Dalla scoperta dell’agricoltura, la popolazione dell’uomo è cresciuta stabilmente; orzo, grano, farro, segale e mais sono state alla base della dieta di milioni di uomini per migliaia di anni. Questo grazie alla loro lodevole resilienza e adattabilità alle esigenze umane. La maggior parte delle verdure, dei frutti e dei legumi sono stati addomesticati e la loro variante primitiva o selvatica in molti casi ci farebbe dubitare di ciò che mangiamo.

Se vi dicessi che gli antenati delle carote non erano arancioni, ma bensì bianche o gialle pallido? Oppure che le banane preistoriche avevano all’interno una moltitudine di semi grandi quanto quelli delle mele, mi credereste?

Tutti questi adattamenti sono modifiche che hanno richiesto centinaia se non migliaia di anni, in cui ogni pianta che presentava caratteristiche preferibili dall’uomo, veniva scelta e fatta propagare, selezionando passo dopo passo i geni per quelle caratteristiche.

La genetica dei caratteri

Luminari come Mendel hanno aiutato a capire che le caratteristiche erano ereditarie e che potevano essere dominanti o recessive o, meglio, i geni che codificano quelle caratteristiche potevano essere dominanti o recessivi. Un gene si definisce dominante quando basta una copia (un allele) per manifestare la sua caratteristica, mentre un gene è recessivo quando per manifestare una caratteristica servono entrambi gli alleli (entrambi i genitori devono avere lo stesso carattere per poterlo trasmettere). Con alleli si indentificano tutti le varianti dello stesso gene che svolgono lo stesso ruolo, ma lo fanno in modo diverso.

Per farla semplice, tutti gli organismi con riproduzione sessuata, accoppiamento tra maschio e femmina, possiedono due copie (due alleli) di ogni gene e uno viene ereditato dalla mamma e uno dal papà. Stessi geni, ma alleli diversi, come nel caso del colore degli occhi: alleli diversi per occhi marroni, verdi o azzurri, ma lo stesso “gene”.

Le scoperte sull’ereditarietà dei caratteri hanno permesso di velocizzare e ottimizzare la selezione delle varianti più efficienti e più desiderate, distinguendo tra caratteri dominanti e tra caratteri recessivi.

La creazione di nuove varianti

Ma come si migliora una caratteristica? Come si crea una variante di un gene, o allele, più efficiente per i nostri scopi?

Negli organismi a riproduzione sessuata abbiamo già sistemi naturali che servono a introdurre variazione: come il mescolamento casuale dei geni ottenuti dal padre e dalla madre e come mutazioni casuali. Quindi, per ottenere o migliorare delle caratteristiche di produzione delle piante, dobbiamo aspettare che tramite i processi sopra elencati, naturalmente e casualmente, si ottengano dei “figli” più produttivi dei genitori. Si tratta però di un processo estremamente lento. È necessario che l’organismo raggiunga la maturità sessuale, si riproduca e poi, solo una volta raggiunta la maturità per la raccolta o prodotti i primi frutti, si potrà capire se la nuova pianta è più produttiva della precedente.

Inoltre, dobbiamo considerare che questa variabilità naturale è casuale e per quanto l’uomo posso selezionare solo i ceppi desiderati, inevitabilmente si produrranno varianti più inadatte agli scopi dell’uomo e di conseguenza inutilizzabili, che rallenteranno ulteriormente il processo di ottimizzazione.

Con l’avanzare della scienza e con la scoperta del DNA abbiamo cominciato a comprendere come agire su questi “rallentamenti”, come modificare il DNA, o per meglio dire, come romperlo per indurre mutazioni casuali, e abbiamo compreso come farlo più velocemente della natura.

Il grano Creso, la rivoluzione genetica tutta italiana

Un esempio? Una tra le più diffuse varietà di grano in Italia, il grano Creso.

Nato in Italia nel 1974, il grano Creso è la variante del grano “senatore Capelli” ottenuta dall’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) presso il centro ricerche di Casaccia. Tramite bombardamenti di raggi X, ossia frequenze luminose ad alta energia che possono “rompere” i filamenti di DNA, i ricercatori riuscirono a velocizzare le mutazioni nei ceppi, aumentando la varietà e creazione di nuove varianti. Da questi “bombardamenti” ottennero il mutante B144, un nuovo grano a spiga bassa, che ibridato con una linea ad alta resa del Centro Internacional de Mejoramento de Maize & Trigo portò alla selezione della linea FB55. Un grano dalla spiga bassa e vigorosa, particolarmente resistente all’allettamento, con grande resistenza alle malattie e produttività quasi raddoppiata rispetto alle varianti dell’epoca. Oggi conosciuto, appunto, come grano Creso.

Ovviamente, non esiste nessun pericolo radioattivo nel consumo di questo grano, anzi questa variante per anni è stata il fiore all’occhiello dell’ENEA. Per la grande diffusione che ha avuto negli anni ’80 e ’90, rappresentando oltre il 50% della produzione di frumento duro in Italia e come primo importante risultato della ricerca genetica dell’ENEA.

Conclusioni

Da allora la ricerca genetica non ha fatto che progredire e sono molti gli organismi che si possono annoverare tra gli OGM (organismi geneticamente modificati). Dal 2013, però, dalla scoperta di CRISPR-Cas9, il nostro approccio alle modifiche genetiche è cambiato radicalmente ed è diventato così preciso che ora si inizia a parlare addirittura di OGE, organismi geneticamente editati.

Organismi che, forse, potranno aiutarci a superare le più grandi sfide del nostro secolo.

Per saperne di più:

Tommaso, Gianluca Di and Scarascia Mugnozza. “The contribution of Italian wheat geneticists: From Nazareno Strampelli to Francesco D’Amato.” (2005).

Dario BressaniniPane e bugie: La verità su ciò che mangiamo. I pregiudizi, gli interessi, i miti, le paure, Chiarelettere Reverse, 2013 ISBN 8861904459

https://brevetti.enea.it/elenco.php

Abbo S, Gopher A. Near Eastern Plant Domestication: A History of Thought. Trends Plant Sci. 2017 Jun;22(6):491-511. doi: 10.1016/j.tplants.2017.03.010. Epub 2017 Apr 20. PMID: 28434795.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Copyright © All rights reserved. | Newsphere by AF themes.