Settembre 8, 2024

Benedetta “fra le donne”: spiritualità + futurismo

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La parabola ascendente di un'artista, futurista e introspettiva allo stesso tempo.
Benedetta Cappa Marinetti

Benedetta Cappa Marinetti

Benedetta Cappa Marinetti (1897-1977), o semplicemente Benedetta, come lei preferiva: pittrice, scrittrice, scenografa, teorica e avanguardista, una delle poche donne, all’interno delle schiere futuriste, ad essere riuscita ad abbracciare svariati campi dell’arte e della letteratura italiana del primo Novecento.

Sensibile e volitiva, moglie di un uomo dal cognome “importante”, Filippo Tommaso Marinetti, che la considerava sua eguale e non discepola, Benedetta ha sempre firmato tutte le sue opere con il solo nome di battesimo o con lo pseudonimo “Benedetta tra le donne”. Probabilmente per sottolineare autonomia e autosufficienza rispetto al suo compagno, per ricevere approvazione solo grazie alle proprie forze. Una donna circondata da molte altre che, come lei, tentavano di affermare il proprio talento nel mondo dell’arte e del Futurismo, un mondo allora fatto prevalentemente di uomini e per gli uomini.

Futurismo

Nato nel 1909 come movimento letterario con il Manifesto del Futurismo, il futurismo fu la prima avanguardia ad avere un programma prestabilito e ad abbracciare svariate espressioni artistico – culturali: letteratura, pittura, scultura, architettura, moda, costume, cinema, fotografia, politica e vita sociale. Il futurismo non fu esclusivamente maschile e la donna futurista non era dominata da sensazioni violente ed eccessive. Benedetta rientrava perfettamente nei ranghi del movimento pur rimanendo sempre coerente alla propria sensibilità e profondità di vedute, mostrandoci il suo mondo con uno sguardo tenue ed impalpabile.

La teoria del futurismo si ispirava ai valori primordiali (istinto, sessualità, dinamismo) e si presentava come un atteggiamento dinamico e rinnovatore che proiettava la vita e l’arte nel futuro. Il movimento rifiutava gli schemi e le canonizzazioni dell’arte e della cultura, apriva nuove frontiere all’immaginazione artistica e letteraria, all’educazione e alla tecnica, si muoveva con forza contro tutti i divieti della borghesia puritana.

Parole e sensi

Benedetta frequentava l’atelier di Giacomo Balla dal 1917, il pittore fu suo primo maestro e, proprio nel suo studio, nel 1918, incontrò Filippo Tommaso Marinetti. Con il leader del futurismo si instaurò subito un’intesa intellettuale e un amore forte e passionale da parte di entrambi non tardò ad arrivare. Dopo qualche anno di convivenza, i due si sposarono nel 1923 e diedero alla luce tre figlie: Vittoria, Ala e Luce. La prime esperienze artistiche dei due furono caratterizzate dall’applicazione dei sensi nell’arte: il paroliberismo (il celebre zang tumb tumb) e le “tavole tattili”. Si trattava assemblaggi polimaterici sui quali i fruitori avrebbero potuto poggiare le mani toccando e sfregando le tavole, per compiere una specie di viaggio all’interno della materia e delle sensazioni che essa produceva.

Velocità

Fu dal 1924 in poi, durante il cosiddetto secondo futurismo, che Benedetta esplose come artista e pittrice. A quegli anni risalgono le prime tele di Benedetta a noi conosciute, Velocità di motoscafo e Luci + Rumori di un treno notturno presentate alla XV Biennale di Venezia del 1926. I due lavori studiano i rapporti tra un oggetto in movimento e l’ambiente circostante e rivelano una riflessione sulle ricerche di Balla sulla velocità. Velocità di motoscafo non è né datato né firmato e fu pubblicato per la prima volta, nel 1924, sulla rivista futurista “Noi”, diretta da Enrico Prampolini. Questo sembra l’unico elemento certo da cui poter partire per ipotizzare una datazione del quadro. Nell’intervento che Benedetta fece al Primo Congresso Futurista, nel 1924, sono dichiarate le sue intenzioni riguardo al dipinto:

Nel mio quadro Velocità di motoscafo, ho dato soltanto l’arabesco impresso dalla velocità di un motoscafo nella polpa azzurra del mare acceso del meriggio”.

(Benedetta, Sensibilità futurista, in “Vetrina futurista”, seconda serie, Torino 1927, p. 2).

Velocità di Motoscafo, Benedetta Cappa, 1924

Nel quadro è infatti riprodotto non tanto un semplice motoscafo che scivola veloce nel mare ma gli effetti che la sua velocità produce sulla superficie dell’acqua: effetti di movimento, espressi dal moltiplicarsi dell’onda ed effetti cromatici. L’impianto della tela mostra un’influenza, senza dubbi, di Balla: il movimento dinamico delle linee prodotte dall’andatura veloce del motoscafo, dà vita ad una molteplicità di elementi di diverse forme geometriche che si ripetono in sequenza in giallo, celeste e blu. L’opera è oggi visibile presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma.

L’Aeropittura

Con il 1929 si aprì per Benedetta un decennio ricchissimo di eventi, personali e lavorativi: importanti commissioni, esposizioni a ritmo serrato in Italia e all’estero, manifesti, collaborazioni con riviste e giornali. Nel ‘29 firmò, insieme ad altri esponenti del movimento, il Manifesto dell’Aeropittura Futurista. L’identificazione di questo linguaggio supera e sublima i pilastri del pensiero futurista: l’oggetto reale è visto dall’alto in maniera quasi spirituale, oltrepassa i limiti canonici della visualità pittorica, evoca una trasformazione lirica, ascensionale e metaforica della realtà.

Con questa nuova chiave di lettura, Benedetta si occupò della realizzazione di cinque grandi pannelli a tempera ed encausto per il nuovo Palazzo delle Poste di Palermo, progetto commissionatole nel 1933. I pannelli decorano la Sala del Consiglio e rappresentano in perfetto stile aero-futurista una visione quasi “lirica” e “spaziosa” delle moderne comunicazioni marittime, telegrafiche, aeree, terrestri e radiofoniche, interpretando il rapporto artista donna/paesaggio natura.

Sala del Consiglio, Palazzo delle Poste di Palermo, 1934

I romanzi

Oltre alle psicografie dei primi anni, realizzate anche a quattro mani con Marinetti, l’opera letteraria di Benedetta è composta principalmente da tre romanzi: Le forze umane, Viaggio di Gararà e Astra e il sottomarino. Vita trasognata. Pubblicati rispettivamente nel 1925, nel 1931 e nel 1935, i romanzi trattano di vita, introspezione, gioie e sofferenza e viaggiano, nello stile e nei toni, tra sogno, prosa, allegorie, poesia e parole in libertà. D’altronde anche il linguaggio, così come gli studi sulle arti figurative, è in continua evoluzione, come richiesto dal movimento e come “sentito” da Benedetta.

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