Dicembre 21, 2024

Dal telescopio spaziale Hubble a Euclid: verso l’infinito

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All'alba del nuovo anno, concediamoci uno sguardo tra il passato e il futuro dell'esplorazione del cosmo grazie agli straordinari telescopi spaziali che stanno scrivendo la storia dell'astronomia.

“La curiosità per la scienza e l’astronomia favorisce un’apertura mentale nei confronti dell’infinito” scriveva Edwin Hubble, l’astronomo che per primo osservò l’espansione dell’universo nel 1929.

Quando ero piccolo ho iniziato ad appassionarmi alle meraviglie del cielo grazie soprattutto alle immagini spettacolari raccolte dal telescopio spaziale Hubble (HST), uno strumento incredibile dedicato proprio alla figura di Edwin, che ancora oggi rappresenta un pilastro nella storia dell’astrofisica. Il suo progetto iniziò negli anni ’70, con l’idea di creare un telescopio che orbitasse al di fuori dell’atmosfera; questo per eliminare gli effetti delle turbolenze causate dall’aria e il fastidioso inquinamento luminoso, che ormai affligge quasi tutte le osservazioni a Terra. Dopo anni di sviluppo e (come sempre accade) di ritardi, Hubble fu spedito nello spazio il 24 aprile 1990 a bordo dello Space Shuttle Discovery.

Poco dopo il lancio, però, fu scoperto che lo specchio principale del telescopio aveva un difetto ottico: era stato levigato in maniera errata, troppo piatto per circa 2,2 micrometri ai bordi (ovvero 2 milionesimi di metro) e ciò era sufficiente a generare immagini astronomiche sfocate… un bel dilemma per uno strumento nello spazio. Fortunatamente, la questione fu brillantemente risolta nel giro di pochi anni: nel 1993, una missione di servizio dello Space Shuttle installò un sistema ottico in grado di correggere il difetto e riportare le immagini a fuoco. Fatto curioso, sembra che l’intuizione che guidò gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory della NASA alla costruzione del sistema correttivo, venne guardando la colonna mobile per regolare l’altezza del soffione di una doccia. 

 Da allora, per oltre trent’anni Hubble ha continuato a fornire dati straordinari, contribuendo a rivoluzionare la nostra comprensione dell’Universo. Soprattutto, però, ha ispirato ed emozionato più di una generazione: grazie alle foto senza precedenti di oggetti celesti fino ad allora sconosciuti, per la prima volta il cosmo è diventato alla portata di tutti. Dai libri illustrati, ai giornali e alla televisione, l’Universo è ora accessibile in tutta il suo splendore; opere d’arte di sublime magnificenza che lasciano un senso di incredulità, mistero e meraviglia.

Oggi, mentre albeggia la luce di un nuovo anno, possiamo raccogliere quanto lasciato da Hubble e guardare al futuro delle ricerche astronomiche con grandi aspettative; i degni eredi del retaggio di  HST ci permettono  sondare il cosmo con occhi nuovi, più potenti e sofisticati. 

Il 25 Dicembre del 2021 un nuovo telescopio spaziale ha iniziato la sua esplorazione dell’Universo; il James Webb Space Telescope (JWST), lanciato a bordo del razzo Ariane 5 dal Centro Spaziale della Guyana in Sud America, che ha gennaio 2022 ha mostrato al mondo le sue prime, spettacolari immagini. Dotato di uno specchio primario composto da 18 segmenti d’oro rivestiti di berillio, per una superficie totale di 6,5 metri di diametro, JWST è progettato per osservare nella banda infrarossa, ovvero una parte di onde elettromagnetiche più deboli della luce visibile, non osservabili dall’occhio umano. Gli strumenti innovativi ed estremamente avanzati di cui il nuovo telescopio è equipaggiato, ci permettono di indagare fenomeni fino ad oggi mai studiati con un simile livello di dettaglio: dalle atmosfere di pianeti lontani, alla formazione di stelle e all’evoluzione delle prime galassie. 

 Per avere un’idea più concreta, ecco un paragone tra le immagini di uno degli oggetti astronomici più iconici, i “pilastri della Creazione” – un dettaglio della spettacolare “Nebulosa dell’Aquila” – ottenute da Hubble (a sinistra) e dal James Webb (a destra); possiamo apprezzare appieno come l’evoluzione della tecnologia ci abbia permesso di guardare “più in profondità”, nel vero senso della parola.

Immagini dei Pilastri della Creazione riprese da HST (sinistra) e JWST (destra) a confronto. Fonte: ESA

L’incredibile risoluzione di JWST e la capacità di osservare parti dello spettro della luce diverse da quelle di HST ha permesso di svelare ulteriori affascinanti particolari di questa magnifica regione di cielo, fino ad allora celati nella nube di gas e polveri.

Attenzione, questo non vuol dire che Hubble sia ormai da gettare nel dimenticatoio. Il telescopio spaziale per eccellenza ha spianato la strada al suo successore; come il primo alpinista che riesce a raggiungere la cima di una montagna prepara il terreno per chi, negli anni a venire, compirà la stessa impresa con mezzi e risorse più performanti. Del telescopio James Webb e delle sue prime, spettacolari immagini avevamo parlato più approfonditamente in questo articolo.

Se JWST rappresenta l’incarnazione dell’idea “più grande, più lontano, più in dettaglio”, un nuovo strumento ha recentemente iniziato a sondare l’universo con prospettive e finalità differenti. Primo luglio 2023; da Cape Canaveral, in Florida, il razzo vettore Falcon 9 ha portato nello spazio il compagno di merende del James Webb, un telescopio pensato per indagare i misteri più “oscuri” del cosmo su larga scala: Euclid.

Il matematico e filosofo Euclide di Alessandria, vissuto tra il quarto e il terzo secolo avanti Cristo, fu senza dubbio un punto di riferimento fondamentale per lo sviluppo della matematica e della scienza in generale. Infatti, nel suo trattato “Elementi” pone le basi della geometria che ancora oggi viene insegnata sui banchi di scuola. 

In suo onore, oltre due millenni più tardi, il telescopio spaziale Euclid affronta il compito di indagare la geometria del nostro universo, dello spazio e del tempo. Albert Einstein ci insegna infatti che spazio e tempo sono legati tra loro, e connessi alla distribuzione di materia ed energia nel cosmo. Euclid realizzerà una mappa tridimensionale delle strutture dell’universo in un’enorme regione di cielo, coprendo circa 15000 gradi quadrati, e analizzando la distribuzione di miliardi di galassie che coprono un periodo della storia del cosmo di circa 10 miliardi di anni. 

La collaborazione Euclid è un progetto quasi interamente europeo, anche se coinvolge oltre 2000 scienziati in tutto il globo – tra cui il sottoscritto. Il fine ultimo della missione, con una durata complessiva di sei anni, è quello di comprendere la natura dell’espansione dell’universo e delle sue componenti più elusive: la Materia Oscura e l’Energia Oscura. Esse rappresentano la maggior parte del contenuto del cosmo, ma sono completamente diverse da tutto ciò che finora abbiamo scoperto e la loro composizione rimane ancora un mistero. Possiamo vedere i loro effetti proprio nella formazione e nell’evoluzione delle strutture cosmiche; ed è qui che Euclid andrà ad esplorare.

Paragonato a JWST, questo nuovo telescopio potrebbe sembrare un piccolo giocattolo agli occhi dei non addetti ai lavori: “solo” 120 cm di diametro per il suo specchio, contro i sei metri e mezzo del James Webb. Tuttavia, lo scopo di Euclid è complementare a quello del suo “collega”, così come il suo modo di osservare il cosmo. Una singola immagine dagli strumenti di Euclid cattura una regione di cielo grande tre volte l’area occupata dalla Luna piena, con un livello di dettaglio senza precedenti per una zona così vasta. Per darvi un’idea delle capacità di questo strumento eccezionale, l’immagine che segue mostra una delle prime immagini rilasciate dal consorzio del telescopio spaziale: l’ammasso di galassie di Perseo. 

Immagine dell’ammasso di Perseo ottenuta dal telescopio spaziale Euclid. L’immagine mostra oltre 100000 oggetti nel campo di vista. Fonte ESA.

Tralasciando gli intriganti aspetti astrofisici di questo oggetto – un articolo a parte potrebbe non essere sufficiente ad elencarli tutto – vorrei puntare l’attenzione sul numero di galassie rivelate in questa foto: oltre centomila, tutto in circa un’ora di osservazione. Immaginate cosa potremo fare in sei anni…

Forse, cari lettori, non è facile trasmettere l’incredibile emozione che questa “rivoluzione” astronomica suscita in chi mastica ogni giorno studi di astrofisica. Per me, assistere all’evoluzione del nostro rapporto con l’Universo, esserne parte e contribuire nel mio piccolo, provoca un senso di completezza, di speranza e di motivazione nella costruzione di un futuro brillante per la nostra specie. Se molti possono domandarsi quale sia l’utilità di investire così tanto in qualcosa di apparentemente lontano e poco tangibile, è importante ricordare quanto segue. La scienza sempre guarda avanti, due, tre passi oltre la civiltà attuale.  Senza l’intuizione e la curiosità che ci spingono in avanti, saremmo rimasti fossilizzati senza mai progredire.

Guardiamo le stelle per poi tornare con i piedi per terra, con la consapevolezza che quello che impariamo, un giorno non troppo lontano, potrà aiutarci ad evolverci verso nuovi orizzonti.

Buon 2024 da tutto il team di Antropia.

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