Settembre 8, 2024

Alla scoperta dello sciamanismo

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Abbiamo intercettato il professore Stefano Beggiora e gli abbiamo fatto alcune domande sullo sciamanismo. Leggi l'intervista!

Che cos’è lo sciamanismo? E’ un qualcosa che può essere correlato alla spiritualità?

In genere con spiritualità si immagina un percorso con implicazioni trascendentali: il cristianesimo contempla l’esistenza di una vita oltre la morte; similmente l’Islam. Nel buddhismo esiste il concetto di nirvana. Lo sciamanismo è una prospettiva su un cosmo costituito da mondi paralleli interconnessi, abitati da energie spirituali. Lo sciamano è un’entità fluida che li attraversa, li riconosce, li collega; non indica la via per trascendere la realtà sensibile, né come raggiungere la felicità o l’assoluto, ma nelle società tradizionali si pone come interprete di un universo influenzato anche dall’ingerenza di elementi invisibili, che risultano essere impalpabili per l’uomo comune. La “scoperta” dello sciamanismo da parte degli occidentali ha inizio alla fine del 1600, quando la Russia si espande verso la Siberia per ragioni diplomatiche. Alcuni esploratori, inviati dallo zar in queste aree, scoprono le religioni dei popoli nativi. Da questo momento segue un’autentica epifania culturale, che spinge a una meticolosa descrizione e canonizzazione etnografica. Su ispirazione delle visioni del mondo che gli sciamani ci hanno portato, in anni recenti si ha avuto una svolta ontologica nell’antropologia, che ha destabilizzato l’eurocentrismo tipicamente occidentale. Il termine “sciamano”, secondo una delle teorie più accreditate, deriva dal termine tunguso “šaman”, che a sua volta deriva dalla radice verbale “ša-” che significa “sapere”.

Qual è il ruolo principale dello sciamano all’interno di una comunità? Come si differenzia da altre figure spirituali o religiose?

Lo sciamano è un punto di riferimento presso alcuni popoli indigeni, in quanto depositario della tradizione. In luoghi come l’India o la steppa siberiana esistono sacerdoti che celebrano i riti ordinari del villaggio, le feste del cambio di stagione e che ricordano a memoria tutte le storie e le leggende, ma non sono in grado di entrare in uno stato di trance. Mircea Eliade sosteneva che lo sciamano propriamente detto deve disporre di capacità curative e, soprattutto, deve essere in grado di indurre in sé uno stato di trance attraverso pratiche rituali. La discriminante rispetto ad altre figure mistiche è la capacità di proiettarsi in un mondo sottile, nel quale comunica direttamente con gli spiriti e con le divinità, ed eventualmente ingaggia battaglie contro di essi.

In che modo lo sciamanesimo promuove la connessione con la natura? I primi sciamani hanno lo sguardo maggiormente rivolto al cosmo, verso una dimensione verticale, o al mondo animale e vegetale, verso una dimensione orizzontale?

Lo sguardo dello sciamano si irradia in tutte le direzioni, attraversando delle realtà che comunicano tra loro e sono sorrette da un delicato equilibrio. La prospettiva verticale abbraccia il cosmo in quanto le strutture simboliche che sorreggono il macrocosmo si riflettono nella dimensione interiore dell’uomo; allo stesso tempo, lo sciamano è consapevole e rispettoso del mondo che lo circonda, ascolta il battito della natura e respira con essa vivendo appieno l’armonia insita nell’ordine delle cose.

Può farci qualche esempio di pratica che conduce alla guarigione?

La guarigione nel mondo sciamanico persegue due vie: una prevede l’impiego di piante medicinali della foresta, della steppa o del deserto: è la materia medica. I medicinali somministrati dagli sciamani contengono dei principi attivi di natura antisettica o antibatterica, spesso mescolati ad altre sostanze, che agiscono attraverso meccanismi alchemici. Una seconda via indaga le radici metafisiche delle malattie, assimilabili quasi sempre a una frattura nell’armonia del cosmo. La causa sovrannaturale e sottile determina l’eziologia della malattia e gli “effetti esteriori”; ciò può essere dovuto, ad esempio, all’aver infranto un tabù legato all’armonia dell’universo e della natura.

Cosa ne pensa del fatto che il pendolo della storia stia tornando ad oscillare verso Oriente?

Il pendolo della storia è un’illusione, un’epistruttura coloniale. L’Occidente, in epoca coloniale, riuscì ad imporsi all’Oriente in virtù della propria tecnologia bellica, istituendo una sorta di supremazia economica, ma non è sempre stato così: Plinio il Vecchio si lamentava che tutti i sesterzi delle casse dello Stato fossero spesi in India per soddisfare i desideri delle matrone, che ambivano alle sete e ai broccati. I romani navigavano attraverso il Mar Rosso, seguendo le rotte descritte dal Periplus Maris Erythraei, per arrivare oltre al corno d’Africa e raggiungere l’Oceano Indiano sfruttando gli alisei. L’India costituiva il centro della globalizzazione dell’epoca. Attraverso i secoli, nelle diverse concezioni orientali, talvolta gli occidentali sono stati derisi; ad esempio, in una miniatura è raffigurato un imperatore Mughal, Jahangil, circonfuso da un nimbo di luce in quanto sovrano illuminato, che siede su un trono che dalle sembianze di una clessidra in foggia europea (a simboleggiare la sua sovranità sul tempo). Una corte lo riverisce e, trascurato in un angolo, è presente il ritratto di King James d’Inghilterra. Questa disposizione riflette il fatto che gli inglesi erano sbarcati in India per sancire alleanze commerciali e politiche, mentre l’imperatore è rivolto verso qualcosa di spirituale.

Secondo lei le spiritualità sciamaniche riusciranno a perdurare o sono destinate ad estinguersi?

Sebbene lo sciamanismo negli anni sia stato perseguitato, ad esempio in Russia durante il periodo sovietico, dove è riuscito a sopravvivere si è adattato al mondo moderno. Probabilmente sarà ancora così.

Ringraziamo sentitamente il Professore Stefano Beggiora per averci concesso l’intervista.

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