Il Palazzo Ducale di Rivalta: da perduto gioiello Estense a crocevia di storie e memoria
14 min readA pochi chilometri dal centro storico di Reggio Emilia, lungo la strada che dalla città conduce agli Appennini, si sviluppa la piccola frazione di Rivalta. Sorta tra due torrenti, il Crostolo e il Modolena, la cittadina conserva ormai da secoli le tracce della storia del Casato Estense che proprio qui edificò una piccola Versailles all’inizio del XVIII secolo. Il Palazzo Ducale di Rivalta, sorto da un nucleo originario risalente addirittura al XV secolo, raggiunse infatti il massimo splendore nel Settecento, quando Francesco III d’Este promosse un ambizioso progetto che prevedeva la costruzione di un imponente edificio con annessi giardini.
Dopo la Rivoluzione Francese e la conseguente caduta degli Este, già all’inizio del XIX secolo, l’intero complesso versava in uno stato di avanzato declino e fino alla fine del Novecento andò incontro ad un lento e inesorabile processo di deterioramento e degrado. Ciò che rimaneva del lontano passato Estense era ormai sul punto di sparire per sempre. Solamente a partire dal 2004, soprattutto grazie all’instancabile lavoro dei volontari dell’Associazione Insieme per Rivalta, in sinergia con il Comune di Reggio Emilia, l’ala restante del perduto Palazzo Ducale e il territorio circostante sono stati oggetto di un lungo percorso di recupero e sono divenuti un punto di riferimento per la comunità locale, che, nella cosiddetta Reggia di Rivalta, ha costruito un crocevia di storie, memoria e identità.
Nel 2019, grazie al Progetto Ducato Estense, promosso dal Ministero della Cultura e finanziato dal Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, la Reggia e il parco circostante hanno ricevuto i contributi necessari per avviare un processo di restauro e valorizzazione che ha avuto inizio nel 2022. Tra pochi giorni, il 6 e il 7 aprile 2024, l’ala rimanente del Palazzo Ducale e parte del giardino saranno aperti al pubblico e, entro il mese di giugno, anche i lavori dedicati al parco saranno conclusi. La Reggia di Rivalta, per quanto in modo diverso rispetto al passato, tornerà a splendere, arricchita dal profondo valore intangibile che ha acquisito fino ad ora per la comunità rivaltese e non solo.
Il Palazzo Ducale di Rivalta dalle origini nel Quattrocento allo splendore settecentesco
Negli anni Trenta del XV secolo, Simone da Canossa, un signore feudale che possedeva alcuni territori dell’attuale provincia di Reggio Emilia e che desiderava accrescere il proprio potere locale, costruì una torre, con il pretesto di voler edificare una colombaia, nella piccola frazione di Rivalta. Nel 1437 però, venne accusato di omicidio e, per sfuggire all’impiccagione a cui era stato condannato, riparò a Verona, abbandonando così i territori reggiani che vennero incamerati nelle proprietà Estensi.
Nel 1447, gli Este cedettero queste terre ai Cerreto Alpi in cambio dell’omonimo territorio che questa famiglia possedeva. I Cerreto Alpi aggiunsero alla torre di Simone da Canossa due logge e diverse nuove stanze e affrescarono tutti i muri dell’edificio, interni ed esterni, dal pavimento al soffitto: il nucleo originario del futuro Palazzo Ducale stava prendendo forma.
Nel 1602 però, a causa dei debiti contratti nei confronti degli Este, i Cerreto Alpi restituirono loro le proprietà acquisite oltre un secolo prima. Successivamente, nel XVII secolo, le terre Rivaltesi passarono nel 1608 nelle mani del Marchese Ercole Rondinelli e, nel 1625, in quelle della Marchesa Felice Sassatelli Bevilacqua, alla cui morte, tredici anni dopo, seguì il ritorno dei territori reggiani nelle mani del Ducato Estense che le acquistò nel 1641.
Borso d’Este (1605-1657) portò avanti importanti lavori di ristrutturazione nell’edificio che nel corso dei secoli era stato edificato a Rivalta: aggiunse nuovi affreschi e fece alcune modifiche alla struttura. Il complesso cominciò allora ad essere definito una Castalderia, termine in voga tra gli Estensi per indicare una proprietà caratterizzata dalla presenza di un edificio contornato da appezzamenti agricoli, destinata alla caccia e ad attività di svago e affidata ad un castaldo.
Dopo la morte di Borso nel 1657, Rivalta venne ereditata dal figlio Foresto d’Este (1652-1725), il quale tuttavia, non avendo mai vissuto stabilmente nella zona, nel 1724, cedette la Castalderia a Francesco III d’Este (1698-1780), figlio del Duca Rinaldo d’Este (1655-1737).
Pochi anni prima, nel 1720, Francesco aveva sposato per procura Carlotta Aglaia di Borbone-Orléans (1700-1761), figlia di Filippo II di Borbone-Orléans, reggente di Francia durante la minorità del re Luigi XV dal 1715 al 1723. Carlotta, cresciuta alla corte francese, aveva un carattere vivace e indomabile; amava le feste, il teatro e il gioco d’azzardo e, quando il padre le impose il matrimonio con Francesco III, stava intrattenendo in Francia una relazione con il duca di Richelieu, discendente del più famoso omonimo cardinale. Mal volentieri accettò le nozze e giunse a Reggio Emilia solo nel giugno del 1720, dopodiché convinse il consorte a viaggiare in tutta Italia, per stare il più lontano possibile dal Ducato.
Il Duca Rinaldo, esasperato dai continui spostamenti della nuora e del figlio, con il quale i rapporti si erano incrinati già da tempo, prese la decisione di bandirli da Modena, capitale del Ducato, e li costrinse a trovare una nuova residenza. Per questa ragione, dal 1723, Francesco e Carlotta vissero a Reggio Emilia all’incirca per una decina d’anni e, dopo l’acquisizione della Castalderia lasciatagli da Foresto, Francesco decise di portare avanti un imponente progetto di rinnovo e ampliamento delle proprietà che aveva ereditato a Rivalta.
Il futuro Duca aveva una personalità piuttosto timida e riservata, opposta rispetto a quella dell’estroversa consorte che provava una forte nostalgia per la corte reale francese. Forse anche per questa ragione, Francesco decise di edificare quella che poi sarebbe divenuta una piccola Versailles.
Comprò ai residenti locali anche i territori attigui alla Castalderia[1], ottenendo così un’area verde di 90 biolche reggiane, corrispondenti a più di 26 ettari di terreno.
Tra il 1724 e il 1730, il Principe Ereditario portò avanti i principali lavori di restauro ed espansione, affidandosi all’architetto Giovanni Ferraroni (1662-1755). Aggiunse al corpo centrale esistente due ali collegate tra loro da quattro torri, conferendo così all’edificio una forma “ad U”: il piano nobile era caratterizzato da una galleria di luci che correvano su una ringhiera marmorea e le due ali laterali nella parte più alta erano decorate da aquile e gigli e da due orologi centrali. Francesco costruì inoltre una chiesa dedicata alla Vergine Maria e una struttura ellittica all’entrata del Palazzo per collegarlo al resto della cittadina. L’ala centrale, inoltre, era caratterizzata da due logge simmetriche con tre archi ciascuna da cui si potevano ammirare i giardini.
Questi erano parte di un progetto maestoso che Francesco aveva lasciato alle cure del naturalista e scienziato Jean de Baillou (1679-1758) che si era occupato in precedenza anche del giardino della Villa di Colorno della famiglia Farnese.
A partire dal 1730, i lavori di ampliamento e rinnovo vennero portati avanti dai fratelli Giambattista e Francesco Bolognini e, negli anni successivi, la magnificenza dei giardini cominciò a prendere forma.
Ad essi si accedeva dal Palazzo attraverso una scalinata in marmo, al di sotto della quale si trovavano quattro grotte. L’area verde era poi geometricamente divisa in quattro zone quadrangolari attraversate da sentieri in diagonale e da aiuole di fiori.
Le due aree più vicine all’edificio erano abbellite dal parterre de broderie, giardino alla francese caratterizzato dalla presenza di piante a basso fusto disposte in modo da formare disegni geometrici intervallati da ghiaia o aiuole; mentre all’interno dell’altra metà del parco, si trovavano due bacini monumentali, diverse fontane e un labirinto ad altezza uomo con tre piccole piazze all’interno.
Il giardino era limitato da una cinta muraria con bastioni semicircolari ai vertici e sul lato di levante, e, nel punto più lontano dal Palazzo, verso est, era sito un Belvedere, adornato da tre sculture che rappresentavano altrettanti fiumi: il Crostolo, il Panaro e il Secchia. Infine, dietro l’ala sud, si estendeva per quasi un ettaro il potager, il giardino privato di Francesco III, abbellito da numerosi alberi da frutto e da una vasca quadrilobata.
In totale, nel giardino, erano presenti centinaia di alberi, trecentocinquanta statue e quattrocentoquaranta vasi di agrumi. Un complesso architettonico e paesaggistico così maestoso necessitava di un efficiente sistema di approvvigionamento delle acque; per questo, i fratelli Bolognini, attraverso un sistema capillare di argini e sponde, a partire dal 1735, progettarono una grande vasca in grado di incanalare le acque necessarie ad alimentare le fontane del parco e posta a circa 2 km dal Palazzo. Dopo diverse sospensioni dei lavori, l’opera venne completata e, nel 1756, su un isolotto al centro della vasca, venne edificata una palazzina denominata Fuggi l’ozio e destinata ad ospitare le numerose feste organizzate dalla famiglia Estense. Nel 1737 infatti, alla morte di Rinaldo, Francesco III divenne Duca e la sua residenza a Reggio Emilia attrasse in quell’epoca numerosissimi ospiti che giungevano da tutta Europa per partecipare agli eventi allestiti nella piccola Versailles.
Nonostante la conclusione dei più importanti lavori di restauro e ampliamento negli anni Trenta del Settecento, diverse modifiche vennero apportate alla Reggia di Rivalta per oltre mezzo secolo, paradossalmente proprio quando iniziò il suo inevitabile declino.
Nella seconda metà del XVIII secolo, infatti, le sorti del casato Estense cambiarono drasticamente: Carlotta morì a Parigi nel 1761 e, come da lei richiesto, il suo cuore venne posto nel Monastero delle Carmelitane Scalze di Reggio Emilia[2]. Pochi anni dopo, nel 1766, Francesco si trasferì a Varese, dove si spense nel 1780. A lui succedette il figlio, Ercole III d’Este (1727-1803), che ereditò anche il Palazzo Ducale di Rivalta con i suoi giardini, dove però non visse mai. Il Duca assegnò infatti la residenza alla moglie Maria Teresa Cybo-Malaspina, Duchessa di Massa e Carrara (1725-1790), alla cui morte, si sarebbe verificata una delle pagine più buie della storia del Palazzo Ducale di Rivalta.
La Rivoluzione Francese investì in pieno la famiglia Estense e, all’inizio del XIX secolo, lo splendore del Palazzo Ducale di Rivalta e dei suoi giardini tramontò definitivamente.
La fine di un’epoca: il declino del Palazzo Ducale di Rivalta tra il XVIII e il XX secolo
Dopo gli stravolgimenti della Rivoluzione Francese, gli equilibri politici europei mutarono irreversibilmente e vi furono importanti ripercussioni su tutte le famiglie nobili del tempo. Il governo Estense cadde nel 1796 e tutti i beni della famiglia vennero incamerati nel demanio pubblico della neonata Repubblica Cispadana.
Nel 1797, i territori Rivaltesi vennero occupati dalle truppe napoleoniche, che saccheggiarono il Palazzo Ducale e danneggiarono irrimediabilmente i giardini. La maggior parte degli arredi vennero venduti o utilizzati come legna da ardere, i dipinti e gli affreschi furono distrutti o depredati e l’edificio subì già allora una parziale demolizione. Nel 1802, le statue del Crostolo, del Secchia e del Panaro vennero spostate rispettivamente nella Piazza del Duomo di Reggio Emilia e sulle due sponde del Ponte di San Pellegrino nel centro di Reggio Emilia, dove si trovano tuttora, drammaticamente esposte all’inquinamento.
Sembra, inoltre, che il mercante bolognese Bernardino Paolo Lelli si approfittò dello stato in cui versava lo stabile all’inizio del XIX secolo per appropriarsi di ciò che vi era rimasto all’interno e, secondo alcune fonti, propose di acquistare l’intera area al Comitato di cittadini a cui era stata affidata Rivalta, presieduto dal Conte Alessandro Ancini.
L’offerta venne rifiutata e, nel 1805, il grandioso Palazzo Ducale di Rivalta venne quasi completamente demolito per gli alti costi di mantenimento. L’ala centrale e quella nord sparirono per sempre, vennero risparmiate la Chiesa e l’ala sud, destinata alla servitù e caratterizzata dalla muratura delle finestre, che secondo alcune testimonianze sarebbero state realizzate in questo modo per evitare che i domestici potessero vedere la vita di corte che scorreva a Palazzo.
Questi fattori ci portano ad analizzare le fonti storiche discordanti riguardo alle responsabilità del decadimento irreversibile del Palazzo e del parco. Ciò è dovuto al fatto che non è escluso il coinvolgimento della comunità locale nella distruzione dell’edificio, simbolo del potere nobiliare degli Este: il fatto che l’unica ala rimasta sia quella della servitù potrebbe avvalorare questa tesi.
Tuttavia, indipendentemente dai diversi fattori che portarono al declino del Palazzo e del parco, sappiamo che ciò che rimase dell’edificio e delle terre venne acquistato, nel 1807, da Luigi e Bartolomeo Corbelli che destinarono i giardini ormai devastati ad attività agricole.
La coltivazione estensiva, portata avanti per oltre un secolo, provocò il serio deterioramento del recinto in muratura e il danneggiamento irrimediabile del terreno, causato da tecniche di aratura eccessivamente profonda. I Corbelli modificarono anche la struttura dell’unica ala superstite, abbassando i torrioni e creando un sottotetto che potesse ospitare i lavoratori della tenuta.
Nel 1854, l’edificio divenne poi un ospedale per i pazienti affetti dal colera e successivamente affrontò un nuovo periodo di abbandono e degrado. Nel 1911, alla morte dell’ultimo Conte Corbelli, la proprietà passò nelle mani della famiglia Gianferrari e, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’edificio ospitò le famiglie sfollate dai bombardamenti. Purtroppo, lo stabile divenne successivamente un centro di comando nazista ma paradossalmente fu anche un punto di riferimento per la Resistenza, grazie ai tunnel sotterranei attraverso i quali si muovevano i Partigiani della zona.
Nella seconda metà del secolo, la piccola Versailles divenne il Palazzone, abitato da numerose famiglie della zona che se ne presero cura. Sfortunatamente però, in seguito al loro trasferimento, intorno agli anni Ottanta del Novecento, l’edificio abbandonato divenne teatro di attività illecite e fu spesso occupato da abusivi.
Soltanto nel 2004, quando la famiglia Gianferrari vendette l’area al Comune di Reggio Emilia (con l’eccezione di una piccola porzione a nord-ovest tuttora privata), si avviarono importanti lavori di riqualificazione e, grazie alla sinergia dell’Amministrazione con la comunità locale, rappresentata dall’Associazione Insieme per Rivalta, un mastodontico lavoro di recupero e rivalorizzazione è stato messo in atto.
La Reggia di Rivalta: dal recupero condiviso al coronamento di un sogno collettivo
Nel 2004, dopo che il Comune di Reggio Emilia acquisì la parte rimanente del Palazzo Ducale di Rivalta e dei suoi giardini, alcuni volontari si resero disponibili per la sua valorizzazione. Questo gruppo, denominato “gli Amici della Reggia”, divenne nel 2012 un’associazione di promozione sociale, culturale e sportiva denominata Insieme per Rivalta, formata da dodici gruppi associativi della comunità rivaltese.
Da oltre vent’anni, grazie ad un accordo di collaborazione con il Comune di Reggio Emilia, i volontari si prendono cura di quella che per tutti i Rivaltesi è, seppur impropriamente, la Reggia di Rivalta.
Grazie all’Associazione, questo luogo è divenuto un punto di riferimento per la comunità locale e non solo: nonostante la quasi completa demolizione dell’edificio e pur essendo evidente il danneggiamento irreversibile dei giardini, la Reggia rappresenta oggi un patrimonio inestimabile per tutti i Rivaltesi che qui hanno costruito storie, ricordi e identità.
Negli ultimi anni, Insieme per Rivalta ha portato avanti innumerevoli iniziative, tra cui mostre, sfilate in abiti settecenteschi, visite guidate, attività didattiche con le scuole, eventi sportivi e culinari. Il gruppo si occupa inoltre della manutenzione del parco della Reggia (e di altri sei parchi del Comune) e ha recuperato negli anni parte del potager di Francesco III, realizzando un orto e mettendo a coltura un particolare tipo di vite, grazie alla quale ogni anno vengono prodotte circa 150 bottiglie di Lambrusco Corbelli. Grazie a questi e a molti altri progetti, Insieme per Rivalta è stata anche invitata ad EXPO Milano 2015, dove ha presentato il percorso di recupero del Giardino segreto della Reggia di Rivalta.
Lo sforzo dei volontari nel mantenere vivo il Palazzo e i suoi giardini è ancora più straordinario se si considera che purtroppo ben poco è rimasto dell’originario sfarzo Estense. Tuttavia, la Reggia, il potager, insieme ad un viale alberato con trentasei gelsi e un cedro deodara alto ventisette metri che non risalgono all’epoca degli Este, si sono cristallizzati nel corso degli anni nelle vite dei cittadini che vedono in questo patrimonio, ormai intangibile, parte della loro storia.
Considerate queste premesse, fino a pochi anni fa, sembrava un miraggio poter pensare ad un progetto di recupero sistematico ed esteso dell’antico Palazzo Ducale e dei suoi giardini. Eppure, nel 2016, il Ministero della Cultura promosse il progetto “Ducato Estense” che destinava cospicui fondi ai territori della famiglia d’Este in Emilia-Romagna e in Garfagnana. Grazie a questo piano di recupero e valorizzazione, Reggio Emilia ricevette 14,5 milioni di euro del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 da impiegare in tre aree legate alla storia Estense: la camminata Settecentesca di Viale Umberto I passante per il Centro Storico, il complesso del Mauriziano e la Reggia di Rivalta. A quest’ultima sono stati destinati 8,8 milioni di euro (6,8 per il parco e due per il Palazzo) e nel 2019, in seguito ad un bando pubblico, il gruppo di professionisti “Openfabric-F&M Ingegneria spa-Alessandro Parodi-Fabrizio Polimone” si è aggiudicato l’incarico, portando avanti un ambizioso progetto di recupero e rinnovo, che si propone di ricreare i giardini nella loro magnificenza e di rendere agibile perlomeno il piano nobile dell’edificio.
Attraverso ulteriori finanziamenti arrivati dal Comune di Reggio Emilia e grazie alla sinergia con Insieme per Rivalta, l’attuazione del progetto ha avuto inizio nel 2022 e, dopo due anni di attesa, il 6 e il 7 aprile 2024, l’ala restaurata del Palazzo, il potager e parte dell’area circostante saranno aperti al pubblico. Nei prossimi mesi, anche i lavori dedicati ai giardini saranno conclusi e una rinnovata Reggia di Rivalta sarà consegnata nelle mani dei suoi cittadini.
Conclusione
Ad un osservatore esterno, potrebbe sembrare che l’inaugurazione del rinnovato Palazzo Ducale e del suo Parco rappresenti un passaggio necessario per la conservazione di questo bene architettonico e paesaggistico. Tuttavia, per la comunità rivaltese e per Insieme per Rivalta c’è molto di più: è il coronamento di un sogno.
Per anni, la possibilità di poter portare avanti un progetto di restauro sembrava lontanissimo e i volontari che si sono presi cura della Reggia hanno raccontato un patrimonio di fatto intangibile. Per la prima volta, avranno la possibilità tra pochi giorni di narrare, anche attraverso un percorso palpabile, la storia e l’identità di un luogo, frutto dello sforzo di anni di lavoro. Forse la Reggia di Rivalta non tornerà più all’antico splendore settecentesco ma rappresenterà sempre il simbolo dello sforzo condiviso portato avanti dalla collettività per salvaguardare la propria storia.
Fonti:
– Baldini, Gianni. Reggio Emilia: le delizie ducali di Rivalta, un mirabile sogno perduto. Modena: Aedes Muratoriana, 2004.
– Ballabeni, Emilio. Schegge di Storia della Reggia di Rivalta nel 1700. Gianni Bizzocchi Editore, 2018.
-Baricchi, Walter, Cadoppi, Alberto. Il Palazzo Ducale di Rivalta: la perduta Versailles reggiana. Grafiche Step, 2016.
– Comune di Reggio Emilia. Reggia di Rivalta: processo partecipato per il recupero di un bene storico architettonico. Reggio Emilia, 2009.
– Comune di Reggio Emilia, Di Reggio in Reggia: la Reggia di Rivalta tra storia e paesaggio. Reggio Emilia, 2011.
– Gaddi, Lauro et al., 18 maggio 1739 alla Reggia di Rivalta: racconti alla corte di Francesco III d’Este. Reggio Emilia: Pozzi Editore, 2017.
Webpages:
- https://www.insiemeperrivalta.it/
- Ducato Estense – Comune di Reggio Emilia
- https://www.comune.re.it/argomenti/citta-collaborativa/i-progetti/qua-il-quartiere-bene-comune/i-progetti-attivi-nei-territori/reggia-di-rivalta
Immagine in copertina: Anonimo, Il Palazzo Ducale di Rivalta, seconda metà del XVIII secolo, Museo di Arte Civica di Modena
[1] Secondo altre fonti, Francesco III danneggiò i cittadini locali abbattendo alberi e abitazioni per portare avanti il suo progetto e per spostare la strada maestra che conduceva a Rivalta.
[2] Nel 1783, in seguito alla soppressione del monastero, il figlio Ercole III (1727-1803) spostò il cuore della madre nella chiesa del Corpus Domini, sempre a Reggio Emilia. Purtroppo, la reliquia è andata perduta alla fine del secolo.
Dopo la maturità classica nel 2017, ho svolto il mio percorso accademico presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna dove mi sono laureata nel 2020 in Antropologia, Religioni, Civiltà Orientali e nel 2022 in Scienze Storiche e Orientalistiche-curriculum Global Cultures. Ricercatrice in formazione, credo fortemente nel ruolo della cultura in quanto mezzo imprescindibile per lo sviluppo del pensiero critico e spero di poter dare il mio contributo al mondo della divulgazione promuovendo un approccio interdisciplinare per la conoscenza del mondo in cui viviamo.
Bravissima Elisa Casoli