Settembre 8, 2024

UNO SGUARDO ALLA DANZA DEL RINASCIMENTO EUROPEO

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Danza, musica, poesia, recitazione, pantomima.. un mélange artistico che permea ogni ambiente della società rinascimentale europea

Nell’Europa del Rinascimento quattro e cinquecentesco, l’arte della danza ha intrapreso un florido sviluppo grazie all’attenzione tutta nuova per il corpo umano, diventato oggetto di riflessione ed osservazione in ogni espressione artistica.

La danza ha permeato ogni ambiente della società rinascimentale europea assumendo forme proprie in base al contesto di esecuzione, ma senza mai marcare cesure nette. Tuttavia, mancando di fonti scritte, le danze di tipo popolare dall’alto valore folcloristico restano talvolta oggetto di divergenze fra studiosi ed esperti, mentre le performance eseguite in ambienti aristocratici risultano molto più documentate, grazie alla presenza di manoscritti editi da maestri posti al servizio dei principi.

È presso le signorie degli Stati italiani, fra ducati, marchesati e repubbliche, che la danza ha trovato un terreno particolarmente fertile e ha prodotto tipologie tanto apprezzate da essere assimilate altrove nel continente. Non è un caso che fra i maestri di danza più attivi dell’epoca si annoveri Domenico da Piacenza attivo alla corte di Ferrara, autore del primo trattato dell’arte coreografica a noi pervenuto: De arte saltandi et choreas ducendi (Sull’arte della danza e sulla direzione dei cori) del 1416.

I maestri rinascimentali sono talvolta considerati eredi dei poliedrici giullari medievali i quali, fra le numerose competenze, animavano il pubblico con la danza. Vivendo dapprima ai margini della società, nel corso del Medioevo i giullari hanno inglobato al loro repertorio farsesco la materia letteraria, riuscendo a penetrare gli ambienti di corte e ad ottenere protezione e benefici.

Su questa scia, i maestri di danza sono giunti a godere di un’aurea di rispetto e riverenza indiscussa nella società quattrocentesca in quanto, oltre ad impartire conoscenze di danza pratiche e teoriche, insegnavano le regole del galateo da tenere a corte ed erano responsabili degli spettacoli da tenersi in occasione di specifiche celebrazioni e ricorrenze.

Le danze rinascimentali coinvolgevano tanto gli uomini quanto le donne e, pur esistendo coreografie pensate per soli esecutori maschili, la maggior parte delle danze portava generalmente in scena l’interazione fra i due generi, in cui donne e uomini, in coppia o a catena, ripetevano i medesimi passi. Questi ultimi generalmente enfatizzavano il movimento dei piedi come possibile conseguenza del fatto che la moda del tempo (costituita da abiti ingombranti, fra cui corsetti e gorgiere) limitava il movimento della parte superiore del corpo.

In questa interazione uomo-donna, non è un caso che dietro a talune danze del Rinascimento vi fosse l’intento di inscenare un corteggiamento. Ma la danza era anche il veicolo per valorizzare certe virtù morali, per comunicare ideali di armonia e di ordine, arrivando talvolta ad investirsi di intenti politici.

Le danze popolari

Fra le danze di natura folcloristica, è probabile che fossero ampiamente diffuse nel continente tipologie caratterizzate dalla disposizione circolare dei danzatori che, secondo alcuni, traggono origine dalle carole di eredità medievale.

La carole è un’antica danza sopravvissuta dal XI al XV secolo (prima che fosse sostituita, come si vedrà, dalla basse danse) di cui si hanno testimonianze in varie fonti: dai poemi medievali francesi Chansons de Geste e Roman de la Rose alla Divina Commedia dantesca. Si è dedotto che essa fosse ballata da un numero indefinito di danzatori disposti a catena o in cerchio con le braccia giunte, al ritmo del loro stesso canto.

È dalla carole che, presumibilmente, deriva una danza popolare nota come chiarantana (o chiaranzana o chirintana), dal nome antico di Carinzia, uno degli attuali stati meridionali dell’Austria. Essa (come le caroles) si eseguiva in tondo e, grazie alle descrizioni lasciate da Fabrizio Caroso nella sua opera “Il Ballarino” (1581), è pervenuta una curiosa peculiarità: gli uomini andavano ‘a caccia’ della dama, anche assumendo comportamenti sconvenienti, prima di cominciare la danza vera e propria.

Nella forma di corteggiamento si presentava anche la bergamasca, una danza saltellante che rievoca chiaramente la città lombarda da cui si è originata e che, pare, portasse in scena le movenze un po’ goffe degli abitanti di Bergamo, secondo le percezioni dell’epoca. Ballata a coppie in tondo, il ‘corteggiamento’ prevedeva che l’uomo girasse in avanti e le donne all’indietro fino a culminare in un abbraccio scandito da un cambio di melodia, a seguito del quale si ripeteva il ‘rito’. Tale danza è uscita dalla penisola arrivando ad ispirare uno dei più celebri scrittori di sempre: William Shakespeare, che fra le danze citate in “Sogno di una notte di mezza estate” (1595) annovera una “bergamask” (in Atto 5, scena 1)[1].

Sulla scorta delle descrizioni shakespeariane è emersa un’ulteriore danza folcloristica dal ritmo vivace, la giga (dall’inglese jig). che ha trovato origine e articolazione fra Scozia, Irlanda e Inghilterra settentrionale dal XVI al XVIII secolo. Solitamente, essa prevedeva che un danzatore improvvisasse da solista rapidi movimenti di piedi, tenendo il busto rigido. È un caso curioso di danza campestre tramutatasi in danza di corte su volontà di Elisabetta I d’Inghilterra, fino a diventare di moda alla corte di Luigi XIV di Francia.

Le danze cortesi

Nell’Europa del Rinascimento, i membri appartenenti alle classi nobiliari ballavano in diverse occasioni: durante incontri sociali, di tipo familiare o ufficiale, balli di corte o spettacoli teatrali (travestiti da eroi, divinità mitologiche o fantastiche).

In tutti i casi, le danze erano coreografate da maestri esperti fortemente influenzati dai canoni estetici ed artistici contemporanei nell’elaborazione dei passi, nella disposizione dei ballerini o nella scelta musicale. A questo proposito, i coreografi concepivano gli spettacoli teatrali come strumento per trasferire sulla scena l’ideale di armonia universale e, per farlo, giungevano a collaborare con figure artistiche variegate: poeti, musicisti, costumisti e scenografi.

Affianco ai maestri di danza ‘italiani’, parte consistente della conoscenza dei balli di corte si deve ad un ecclesiastico francese, e studioso di danza, di nome Jehan Tabourot. Meglio conosciuto con l’anagramma Thoinot Arbeau, egli è l’autore del celebre trattato “Orchéosographie” (1589), un’opera che sistematizza le espressioni artistiche della danza nella Francia tardo-rinascimentale. Questo memoir ben documenta, fra le altre, la basse danse, una tipologia di danza eseguita dalla nobiltà sin dal XIV secolo e rimasta in voga per ben due secoli. Ballata da coppie di danzatori tenuti per mano, essa presentava piccoli passi scivolati, in cui la punta dei piedi restava quanto più a contatto col suolo, interrotti da ripetute révérences, o inchini, che non a caso erano alla base dell’etichetta rinascimentale.

Se in Francia la basse danse si fondava sulla ripetizione, nei vari Stati italiani del Rinascimento essa è stata interpretata a favore della varietà. Dalle varianti elaborate nella penisola, una in particolare ha assunto le vesti di una danza autonoma: il ballo. Accompagnato da una musica con quattro diverse velocità, il ‘ballo’ era eseguito da un massimo di dieci danzatori e presentava talvolta un carattere farsesco. La sua sistematizzazione è generalmente attribuita al già citato Domenico da Piacenza, attivo nella corte di Ferrara, e al suo allievo Antonio Cornazzaro. Quest’ultimo, oltre ad essere educatore e poeta, è stato maestro di danza presso la casata degli Sforza di Milano e autore del “Libro dell’arte del danzare” (1455).

A confermare la radice popolare di talune danze di corte sono almeno due tipologie praticate in ambienti aristocratici da un numero illimitato di partecipanti disposti in cerchio o in colonne, per le quali non era strettamente necessario prendere lezioni da un maestro.

Una di esse è il branle,[2] i cui passi affondano le loro radici nelle già citate carole medievali, che ha trovato diffusione fra il 1450 e il 1650 presso la nobiltà francese ed inglese. Non a caso, il termine ‘branle’ rievoca il verbo francese ‘branler’ che significa ‘ondeggiare’, poiché il movimento si basava sull’alternanza di grandi passi laterali a sinistra a più piccoli passi laterali a destra, senza lasciare il contatto con le mani o le braccia dei vicini. Inoltre, di probabile radice vernacolare è la presenza della pantomima costituita da gesti di mimica ed espressioni facciali con cui i danzatori si atteggiavano ironicamente a lavandaie litiganti o a corteggiatori.

Affianco al branle, la pavana (fr. pavane)[3] era una danza cortese di facile apprendimento, simile ad una marcia processionale. Caratterizzata da decoro ed estrema compostezza, essa prevedeva l’alternarsi di passi singoli e passi doppi, in avanti o all’indietro, a cui aggiungere eventualmente un cambio direzione.

Eseguita al termine della pavana, cambiando decisamente il ritmo misurato del movimento, l’allegra gagliarda (fr. gaillarde)[4] era una delle danze più virtuosistiche delle corti tardo-rinascimentali di Francia, Inghilterra e Penisola Iberica, pur con origini ‘italiane’. Pensata per mettere in mostra i gentiluomini dinnanzi alle loro dame, presentava una struttura di base formata da quattro passi saltati culminanti in un salto in alto sul posto. Fonti rivelano che la regina Elisabetta I praticasse la gagliarda come esercizio mattutino!

Danza e spettacoli

Le perfomance di danza animavano eventi celebrativi di varia natura (fra cui matrimoni e fidanzamenti) e, specialmente durante il Quattrocento, potevano configurarsi come spettacoli dal carattere allegorico, mitologico o simbolico, in cui era difficile distinguere la danza dalla pantomima.

È il caso del matrimonio di Filippo il Buono di Borgogna del 1430 o delle nozze del Duca di Milano del 1489, in occasione dei quali sono stati messi in scena balletti narranti la storia di Giasone e del vello d’oro.

Anche in fase più tarda, il “Balet Comique de la Royne” presentato nel 1581 per celebrare il fidanzamento della sorella di Caterina de’ Medici combinava la danza e la musica ad una trama mitologica: l’episodio omerico della maga Circe e della fuga di Ulisse. Messo in scena dal compositore e coreografo italiano Baltazarini di Belgioioso su invito di Caterina de’ Medici (sposa del re di Francia Enrico II), questo spettacolo (considerato come il primo balletto di cui esiste un libretto stampato) aveva anche un intento politico: l’interprete della maga Circe doveva rendere omaggio, durante la performance, al potere assolutistico del re di Francia, presentandolo come simbolo di un mondo di pace e di armonia (in un momento storico, si ricorda, altamente conflittuale come quello delle guerre di religione in atto in quei decenni).

Conclusione

Le performance di danza hanno assunto varie sfaccettature nel Rinascimento europeo mescolandosi molto spesso ad altre arti. In Francia, ad esempio, è stata ampiamente valorizzata la funzione ‘moralizzatrice’ della danza su spinta, fra gli altri, dell’accademia poetica della Pleiade nata nella metà del 1500 con l’intento di recuperare la tradizione greca e latina. In questo modo, la danza unita alla poesia voleva trasmettere un senso di armonia e di ordine, quasi recuperando la funzione catartica delle tragedie greche.

L’Inghilterra dei Tudor invece ha rivelato un gusto particolare per la pantomima. Anche con l’assimilazione in ambienti aristocratici inglesi della maniera composta delle danze tipiche delle corti francesi, la vivacità e la ‘chiassosità’ delle danze popolari non sono tramontate. Da amante della gagliarda, la Regina Elisabetta I (regnante dal 1558 al 1603) ha infuso nuovo vigore nelle corti inglesi favorendo la diffusione, al loro interno, di danze campestri dall’andamento veloce, come la celebre giga (menzionata fra le danze popolari).

Quanto detto non può che confermare la rete di influenze che lega le varie manifestazioni delle danze rinascimentali, tanto a livello sociale che a livello geografico, le quali restano suscettibili di modifiche, adattamenti e variazioni, condividendo spesso radici comuni.

Fonti consultate

Britannica, Basse danse | Renaissance, Courtly & Choreographed, https://www.britannica.com/art/basse-danse.

Britannica, Bergamasca | Italian, Renaissance, Folk Dance, https://www.britannica.com/art/bergamasca.

Britannica, Carole | Renaissance, Courtly & Choreography, https://www.britannica.com/art/carole.

Britannica, Country dance | British, Folk & Social Dance.

Britannica, Galliard | Renaissance, Courtly & Baroque, https://www.britannica.com/art/galliard-dance.

Britannica, Highland fling | Traditional, Reel & Sword Dance, https://www.britannica.com/art/giga-dance.

Britannica, Western dance – Renaissance, Art, Dance, https://www.britannica.com/art/Western-dance/The-Renaissance-world-and-the-art-dance.

Early Dance Circle, ‘The Early Renaissance c1445 – c1535’, https://www.earlydancecircle.co.uk/resources/dance-through-history/the-early-renaissance/.

Fmw, S.I. and Icolaro, S. (2019) La Giga – Danza Popolare, FolkMusicWorld, https://www.folkmusicworld.com/la-giga-danza-popolare.

Katherine’s Renaissance Dance Pages, Chiaranzana, https://katherine.paradise.gen.nz/chiaranzana.

La Rocca, E. (2012) ‘Robert Mullally, The Carole. A Study of a Medieval Dance’, Studi Francesi. Rivista quadrimestrale fondata da Franco Simone, (167 (LVI | II)), p. 299, https://doi.org/10.4000/studifrancesi.3990.

Library of Congress, Renaissance Dance | Western Social Dance: An Overview of the Collection | Articles and Essays | An American Ballroom Companion: Dance Instruction Manuals, ca. 1490-1920 | Digital Collections, Library of Congress, Washington, D.C. 20540 USA, https://www.loc.gov/collections/dance-instruction-manuals-from-1490-to-1920/articles-and-essays/western-social-dance-an-overview-of-the-collection/renaissance-dance/.

Medieval Dance Online, The Carole, MedievalDanceOnline, https://www.medievaldanceonline.co.uk/the-carole.

Nevile, J. (1993) ‘The Performance of Fifteenth Century Italian Balli: Evidence from the Pythagorean Ratios’, Performance Practice Review, 6(2), pp. 116–128, https://doi.org/10.5642/perfpr.199306.02.04.

Nevile, J. (2015) ‘Decorum and Desire: Dance in Renaissance Europe and the Maturation of a Discipline’, Renaissance Quarterly, 68(2), pp. 597–612, https://doi.org/10.1086/682438.

NICOTANO (2013) ‘La Bergamasca’, diesis&bemolle, 28 September, https://diesisebemolle.wordpress.com/2013/09/28/la-bergamasca/.


[1] https://myshakespeare.com/midsummer-nights-dream/act-5-scene-1-popup-note-index-item-bergamask.

[2] Video clip da 40 a 46: https://www.loc.gov/collections/dance-instruction-manuals-from-1490-to-1920/articles-and-essays/video-directory/#vc029.

[3] Video clip da 36 a 39: https://www.loc.gov/collections/dance-instruction-manuals-from-1490-to-1920/articles-and-essays/western-social-dance-an-overview-of-the-collection/renaissance-dance/.

[4] Video clip da 29 a 31: https://www.loc.gov/collections/dance-instruction-manuals-from-1490-to-1920/articles-and-essays/video-directory/#vc029.

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