Dicembre 22, 2024

Ipnosi: occultismo o scienza?

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L'ipnosi clinica come strumento terapeutico. Come ha fatto una pratica occulta a trasformarsi in una tecnica scientifica efficace?
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Ipnosi clinica: definizione e caratteristiche

La Mia voce ti accompagnerà”: questo è il titolo di uno dei lavori più significativi scritti dal celebre psichiatra americano Milton H. Erickson, il padre dell’ipnosi clinica occidentale [1]. In effetti la voce, e più in generale il suono, rappresenta il veicolo principale che permette l’accesso ad una dimensione parallela di coscienza, un cosiddetto “stato di coscienza alterato” del tutto simile al dormiveglia. Quando si parla di ipnosi il primo pensiero va automaticamente ad un pendolo e ad un signore vestito di scuro con un cappello a cilindro, che da sopra il palco intrattiene un elegante pubblico di aristocratici vittoriani in visibilio. Le prime testimonianze di tecniche ipnotiche in realtà fanno riferimento addirittura agli antichi Egizi, quasi 3000 anni fa [2]. E’ solo nei primi del ‘900 che Erickson, riprendendo gli studi dei suoi maestri Charcot e Freud, fonda una nuova disciplina psicologica chiamata “ipnoterapia”, che si allontana definitivamente dalle pratiche ipnotiche esoteriche e spiritistiche, entrando così a tutti gli effetti nel panorama scientifico contemporaneo. 
Con il termine ipnoterapia, si intende un’insieme di pratiche terapeutiche capaci di indurre uno stato di trance utile ad un processo di cambiamento: questo processo implica un’elevata focalizzazione dell’attenzione al mondo interno, una diminuzione della consapevolezza periferica e un’elevata suggestionabilità. [2]  
Esistono numerose somiglianze tra l’ipnosi clinica e gli altri interventi basati sull’integrazione mente-corpo, come il biofeedback, lo yoga, il rilassamento progressivo, la visualizzazione immaginativa, la meditazione Mindfulness e Metta. Tutti questi interventi riguardano l’apprendimento esperienziale e l’integrazione dei domini fisiologici, psicologici e sociali, generalmente considerati distinti tra loro. In particolare l’ipnosi clinica impiega suggestioni ipnotiche dirette al cliente per coltivare l’immaginazione e facilitare la connessione corpo-mente, portando a temporanee modifiche degli stati fisiologici e psicologici della persona.   

Siamo tutti ipnotizzabili?

Quando si parla di ipnosi, l’opinione pubblica si divide tra chi pensa che sia una buffonata antiscientifica completamente inefficace e chi è convinto sia una potente pratica esoterica capace di plagiare il prossimo. Al di là dei preconcetti, la ricerca scientifica ha individuato un tratto di personalità specifico connesso alla sensibilità di una persona alle suggestioni ipnotiche: il grado di “hypnotizability” o il coefficiente di ipnotizzabilitá. Questo specifico tratto di personalità, caratteristica trasversale ad ogni essere umano, segue una cosiddetta “distribuzione normale” o “curva a campana”: circa il 15-20% della popolazione risulta essere caratterizzata da un basso livello di ipnotizzabilitá, e circa la medesima percentuale di persone risulta essere caratterizzata da un elevato livello di ipnotizzabilitá. Il restante 60-65% della popolazione si trova nel mezzo, all’interno delle diverse sfaccettature di questi due poli.  In generale non esistono soggetti “resistenti” al trattamento ma, piuttosto, le persone caratterizzate da una bassa ipnotizzabilitá potrebbero aver bisogno di più sedute per rispondere al trattamento in modo adeguato e ottenere i medesimi risultati degli altri.

Ipnosi pop e manipolazione: miti da sfatare

La cultura pop ci ha abituati ad immaginare la pratica ipnotica come una potente tecnica di manipolazione che permette in pochi secondi  di plasmare l’altra persona a proprio piacimento: di fatto l’ipnosi clinica risulta essere molto meno spaventosa, meno misteriosa e meno “facile” di quello che produzioni cinematografiche e cultura del senso comune ci hanno insegnato. L’ipnosi in primis è una tecnica terapeutica e non una forma di terapia a tutto tondo a sé stante, che può essere utilizzata e inscritta all’interno di diversi interventi terapeutici che spaziano dalla psicoterapia alla ginecologia, fino a diventare un sostituto a tutti gli effetti delle anestesie generali in sede di intervento chirurgico [3]. Nelle mani di professionisti specializzati, diviene un potente supporto capace di eguagliare e sostituire le terapie farmacologiche per diverse patologie organiche e psicologiche. In generale, il paziente sottoposto a ipnosi clinica rimane costantemente sveglio, pur in uno stato di coscienza e consapevolezza distinto dalla veglia, e diviene capace di richiamare e vivere esperienze fisiche e psicologiche non facilmente accessibili nella vita di tutti i giorni. L’efficacia della tecnica non dipende da presunte influenze paranormali ma piuttosto dalla possibilità che le suggestioni ipnotiche riescano a creare un ambiente rilassato e ricettivo capace di stimolare e motivare la persona a perseguire i propri scopi in modo agevolato. Pur essendo una pratica sicura ed evidence-based, supportata dunque da una mole notevole di ricerche scientifiche, nelle persone più sensibili la seduta di ipnosi può portare ad effetti collaterali temporanei come mal di testa, stordimento, distress e stanchezza, che generalmente scompaiono al termine della seduta. La pratica risulta essere controindicata solamente nei casi in cui la persona soffra di particolari forme di sofferenza accostabili alle esperienze psicotiche, come allucinazioni e deliri, che potrebbero essere in parte aggravate dai vissuti sperimentati durante la seduta.

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Ipnosi e Neuropsicologia 

Nei millenni l’ Homo Sapiens ha cercato innumerevoli vie per condurre la propria specie a sperimentare stati alterati di coscienza, in particolar modo stati di trance indotta con o senza l’utilizzo di sostanze psicoattive. La sapienza ereditata di generazione in generazione ha permesso a uomini e donne di ogni epoca di sviluppare metodi via via più elaborati per modificare il proprio stato psicologico e neurofisiologico con incredibile maestria. Negli ultimi anni anche la comunità scientifica ha iniziato ad interessarsi all’argomento e numerose ricerche si sono spese per comprendere maggiormente i connotati neurofisiologici dell’ipnosi. Dalla letteratura emerge che l’esperienza ipnotica è associata all’attivazione di 3 distinti networks (o  percorsi neurali) all’interno del nostro cervello, che possono essere immaginati come delle corsie preferenziali formate da concatenazioni di neuroni appartenenti ad aree del cervello distanti tra loro: il network esecutivo centrale, il network della salienza e il Default Mode Network (DMN). Quest’ultimo circuito neuronale risulta essere associato al mind-wandering, le celebri esperienze di “sogni ad occhi aperti”. Utilizzando una metafora contemporanea impropria e semplicistica, quando si attiva il Default Mode Network, il nostro cervello come uno smartphone entra in “Modalità Aereo” mettendo in pausa temporaneamente le connessioni dati, Wi-Fi e  bluetooth (le funzioni di connessione con il mondo esterno) per focalizzarsi sulle proprie funzioni interne. In queste situazioni le persone tendono a perdere la concezione di spazio e tempo, immergendosi in esperienze ipnotiche che portano la persona a focalizzarsi profondamente sui propri pensieri, ricordi, sensazioni ed emozioni e via dicendo.

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L’efficacia dell’ipnoterapia

La letteratura scientifica ha raccolto nei decenni un gran numero di ricerche volte a testare l’efficacia di questa tecnica sul piano fisico, neurologico e psicologico. L’ipnosi clinica risulta essere un trattamento efficace per gestire il dolore cronico, per migliorare i sintomi di patologie autoimmuni e dermatologiche, e per ridurre gli effetti collaterali gastrointestinali legati alla chemioterapia [4]. Una meta-analisi ha poi confermato l’utilità del trattamento per gestire i problemi legati al sonno come insonnia (iniziale, intermittente e terminale), sonnambulismo, e terrori notturni [5]. L’ipnosi clinica essendo nata in ambito psicologico e psicoterapico si è dimostrata poi efficace nel lavoro clinico con esperienze di ansia, stress cronico, attacchi di panico e fobie. Una ricerca di Milling e colleghi ha poi evidenziato l’efficacia dell’ipnoterapia per affrontare esperienze depressive, traumatiche e ossessivo-compulsive [6].  Risulta chiaro dunque che l’ipnosi clinica può essere uno strumento utile ed efficace per gestire esperienze molto variegate, ma deve essere sempre utilizzata da professionisti psicologi e medici adeguatamente formati nella pratica e riconosciuti da un ordine professionale specialistico. Inoltre la pratica in sè e per sè risulta essere poco utile se non inserita all’interno di un percorso terapeutico più ampio e dotato di senso, volto ad impiegare l’ipnosi come uno dei passaggi della presa in carico della persona e non come la soluzione del problema.

Un’ultima curiosità: è possibile ipnotizzare se stessi? 

La risposta è affermativa: una volta apprese tecniche specifiche di suggestione ipnotica, tipicamente insegnate dal professionista di riferimento, la persona sarà in grado con la pratica ripetuta di raggiungere uno stato ipnotico auto-indotto. 

“Il vantaggio dell’ipnosi è che quel comportamento che nella vita comune d’ogni giorno viene fuori appena, nell’ipnosi potete controllarlo, dirigerlo e prolungarlo.”
Milton H. Erickson

Bibliografia e Sitografia 

  • [1] Erickson, Milton H. a cura di Rose, Sidney. La mia voce ti accompagnerà, ASTROLABIO
  • [2] https://www.psychologytoday.com/us/therapy-types/hypnotherapy?
  • [3] Tefikow S, Barth J, Maichrowitz S, et al. Efficacy of hypnosis in adults undergoing surgery or medical procedures: a meta-analysis of randomized controlled trials. Clin Psychol Rev 2013;33:623
  • [4] Thompson T, Terhune DB, Oram C, Sharangparni J, Rouf R, Solmi M, Veronese N, Stubbs B. The effectiveness of hypnosis for pain relief: A systematic review and meta-analysis of 85 controlled experimental trials. Neurosci Biobehav Rev. 2019 Apr;99:298-310.
  • [5] Chamine I, Atchley R, Oken BS. Hypnosis intervention effects on sleep outcomes: a systematic review. J Clin Sleep Med. 2018;14(2):271–283.
  • [6] Milling, L. S., Valentine, K. E., McCarley, H. S., & LoStimolo, L. M. (2019). A Meta-Analysis of Hypnotic Interventions for Depression Symptoms: High Hopes for Hypnosis?. The American journal of clinical hypnosis61(3), 227–243.

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