Novembre 22, 2024

Il valore della cultura in Italia. Intervista a Massimo Bray

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Antropia ha incontrato Massimo Bray, Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo durante il Governo Letta, nonché Direttore Generale della Treccani, in occasione della presentazione del suo libro “Alla voce Cultura”.
Massimo Bray

Faccio questa domanda per il nostro pubblico, che leggerà l’intervista sul web e non ha avuto modo di assistere alla presentazione. Quale insegnamento possono trarre le nuove generazioni dal suo libro?

Mi auguro che possano cogliere il valore non solo della cultura, ma della cultura per il nostro paese. Abbiamo nel nostro DNA i valori che la cultura ci ha trasmesso, dall’antichità ai nostri giorni, e ogni angolo del nostro paese rappresenta e dà delle testimonianze culturali di grandissimo valore, che ci aiutano a capire quella che è la nostra storia, ma che ci dovrebbero soprattuto aiutare a capire come costruire il nostro futuro. Il libro è un po’ la testimonianza di quella che è un’esperienza nelle istituzioni, di come si può incidere nella vita delle istituzioni, di come se uno fa questo con passione e non per un fine personale, ma realmente (come la costituzione vuole) per tutelare il valore della cultura e dei beni culturali, allora si possono superare dei momenti di criticità che purtroppo il nostro paese ha davanti da molti decenni.

In base a quali criteri i moderni neologismi, creati anche in contesti giovanili, passano dall’essere dei semplici termini gergali ad essere inseriti nei dizionari ufficiali come la Treccani? Mi riferisco per esempio a termini come “petaloso”.

La Treccani ha dal suo inizio il compito di segnalare il neologismo, ma attenzione! Il fatto che lo segnali non vuol dire che diventa lingua; viene segnalato nel senso che si dice “è stato utilizzato questo neologismo”, poi ci saranno una redazione e dei linguisti che valuteranno il valore di quel neologismo e se questo diventerà parte della nostra lingua. Quindi andrà in un archivio ma non è detto che entrerà in una versione del nostro dizionario.

In che modo gli italiani possono tutelarsi dal dilagare delle fake news?

Questo è uno dei grandi problemi del futuro. Anzitutto insegnando nei mestieri che facciamo il valore del rigore filologico, scientifico, valutando una fonte con attenzione. Chi, come voi, si avvicina al giornalismo, deve capire quanto è importante andare oltre la prima notizia che si legge in rete. Per fare questo sarebbe opportuno che si lavorasse su quei portali della conoscenza dove tutti noi accediamo ogni giorno per apprendere delle notizie, e fare in modo che le notizie che contengono siano verificate; quindi la certificazione della conoscenza.

La cultura, oltre a darci potere sulle nostre vite, è anche uno svago intellettuale, ma sembra che oggi la sua funzione ricreativa e di “intrattenimento” sia soggiogata in favore del pragmatismo esasperato che viene richiesto dalla società frenetica in cui viviamo. Come portare le persone a riscoprire il divertimento che la cultura porta con sé?

Per esempio attraverso il cinema. Il cinema italiano è sicuramente un mezzo importante per trasmettere la nostra storia e le nostre identità culturali, e possiede una forza capace di coinvolgere il pubblico e intrattenerlo. Io credo che cinema e letteratura italiana siano importanti baluardi della creatività. Probabilmente sono tutti settori che bisognerebbe in qualche modo aiutare a crescere e a svolgere queste funzioni, ma per fare questo bisogna interpretarli come momenti prioritari nelle scelte di governo.

Qualcuno pensa ancora che le materie umanistiche siano sotto l’ombra delle discipline più tecniche, le quali sono considerate più utili. Qual è la sua posizione in merito a tale scenario?

Io credo che sono anni che abbiamo superato, per fortuna, la capacità di contrapporre il mondo scientifico e il mondo umanistico. Credo che siano importanti tutt’e due ma credo anche fortemente ad alcuni riscontri delle discipline umanistiche. Penso ad esempio a libri che hanno sottolineato il valore di una lingua come il greco antico, che sono stati apprezzati e molto diffusi, soprattutto in Italia. Insomma la grande tradizione dell’umanesimo e degli studi legati alle materie umanistiche è sicuramente qualcosa da valorizzare e non mettere in secondo piano. Questo ci richiama anche all’idea che forse la prassi non è il solo momento necessario nella vita di tutti noi.

In che modo la cultura può fungere da collante fra civiltà anche molto diverse, per esempio occidentale e orientale?

La cultura ci ha sempre abituato, soprattutto nella nostra civiltà, al valore della contaminazione, dell’ascolto degli altri, della conoscenza delle culture differenti dalla nostra, perché la nostra è una storia che si è formata grazie al contatto con le altre storie.

Quali sono state le esperienze più significative e formative della sua attività professionale?

Come esperienze personali sicuramente la conoscenza e la possibilità di lavorare accanto a una donna straordinaria come Rita Levi Montalcini, l’esperienza del ministero e il recupero di un bene culturale di grandissima importanza e bellezza come la reggia di Carditello, il progetto per mettere in sicurezza Pompei.

Quali consigli pratici si sente di dare ai giovani per aiutarli a trovare la propria strada?

Consiglio di mettere passione in tutto quello che fanno e anche un pizzico di follia, di non pensare tutto in chiave utilitaristica e anche di inseguire i propri desideri, i propri sogni. Poi a un certo punto scatterà anche la molla di capire come fare ad avere un rapporto equilibrato tra la realtà e i sogni.

Ringraziamo Massimo Bray per averci concesso l’intervista.

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