Dicembre 26, 2024

MANGIARE UN’ANGURIA NEL MONDO QUANTISTICO

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La meccanica quantistica descrive il mondo dell’infinitamente piccolo e si basa su concetti piuttosto bizzarri rispetto a ciò cui siamo abituati. Cosa potrebbe accadere se alcuni di questi effetti fossero apprezzabili anche alle scale macroscopiche?

Vi è mai capitato di introdurre concetti di meccanica quantistica in una comune conversazione con persone non addette ai lavori? Se la risposta fosse affermativa – come nel caso del sottoscritto – vi consiglierei di farvi analizzare da uno bravo.

Ad ogni modo, nell’eventualità che i vostri conversanti non siano ancora fuggiti urlando, la maggior parte delle reazioni che incontrereste nel pronunciare il termine “quantistico” si traducono in associazioni mentali veramente divertenti e fantasiose. Da chi pensa al teletrasporto o alle dimensioni parallele, chi ai chakra e all’Oroscopo, chi sproloquia su tecnologie segretissime che sfidano la fantascienza, fino a dissertazioni filosofiche tra Essere e Non-Essere.

È anche successo, con mio sommo orrore, di imbattermi in persone che esibivano orgogliose un tatuaggio raffigurante l’equazione di Dirac. Per chi non lo sapesse, si tratta di una delle equazioni cardine della meccanica quantistica relativistica, ovvero di quella teoria che coniuga i principi della relatività ristretta di Einstein con i risultati della fisica quantistica; si applica al mondo delle particelle elementari quando queste si muovono a velocità prossime a quelle della luce (come ad esempio nei famosi acceleratori di particelle).

Le persone con i tatuaggi in questione, invece, sostenevano che l’equazione fosse “la formula dell’amore”; essa, a loro dire, spiegherebbe che “due corpi venuti in contatto una volta, rimangono legati per sempre nello spazio e nel tempo” (cit.).

Un concetto molto romantico, non c’è che dire. Se non fosse che l’equazione impressa sulla loro pelle fosse scritta completamente sbagliata. Al livello che il povero Dirac tornerebbe in vita solo per auto-pugnalarsi al cuore. Inoltre, l’equazione di Dirac non ha NULLA a che vedere con la questione dell’amore, del collegamento tra due corpi, eccetera. Ma su questo concetto torneremo senza dubbio in un articolo a parte, perché merita di essere affrontato con dovizia di (dolorosi) particolari.

La meccanica quantistica non è un’innovazione fantascientifica al limite della nostra immaginazione; la meccanica quantistica è una teoria, vecchia di oltre un secolo ormai, sviluppata nei primi del Novecento per spiegare alcuni fenomeni legati al mondo dell’infinitamente piccolo. Verificato, testato con grande precisione da una quantità inverosimile di esperimenti, questo formalismo è alla base della maggior parte della tecnologia moderna. Persino i braccialetti fosforescenti, come quelli che regalano in discoteca, o i fari LED sfruttano i risultati della meccanica quantistica per funzionare.

Ma allora perché la teoria dei quanti affascina e sconvolge a tal punto da essere sempre considerata stravagante, al limite quasi inconcepibile? La risposta è semplice: le leggi che governano i sistemi microscopici sono profondamente diverse da quelle che regolano la realtà alle nostre scale. Non è più possibile predire con certezza l’evoluzione di un sistema fisico, come potremmo fare ad esempio con una biglia che si muove lungo una pista inclinata. In quest’ultima situazione, conoscendo quali sono le forze che agiscono sulla pallina (come ad esempio la gravità) e dove si trova ad un certo istante, potremmo sempre descrivere la sua traiettoria, cosa farà in un prossimo futuro. Si tratta del delicato concetto noto come “determinismo” della fisica classica.

Nella meccanica quantistica invece, l’unica cosa che possiamo determinare è solo la probabilità che il nostro sistema si trovi in un certo stato (una precisa posizione oppure una definita caratteristica, ad esempio) piuttosto che in un altro. Matematicamente questa probabilità viene descritta attraverso un’onda che si propaga, nello spazio e nel tempo; sappiamo bene che le onde si possono sovrapporre, combinare, persino eliminare, dando luogo ad effetti molto interessanti.

 Esiste un’incertezza, un’indeterminazione di base, che non è frutto della nostra incapacità di misurare; è altresì insita nella struttura stessa della realtà. La Natura è, per sua natura, aleatoria.

Questo rende alcune conseguenze della teoria quantistica davvero bizzarre e per certi versi, contro-intuitive. Oggi vorrei soffermarmi su una delle più famose “stranezze” della meccanica dei quanti, legata al celebre principio di indeterminazione di Heisenberg. Esso afferma che alcune grandezze fisiche che caratterizzano un sistema microscopico, come ad esempio la posizione e la velocità di una particella, non possono essere conosciute entrambe contemporaneamente con precisione maggiore di una certa “precisione limite”. Se io effettuassi una misura di altissimo livello su una delle due quantità per superare tale limite, l’altra grandezza aumenterebbe la sua incertezza proporzionalmente. Più precisa diventa l’una, più indeterminata l’altra, al punto da poter assumere praticamente qualsiasi valore.

Il limite per l’accuratezza nel principio d’indeterminazione è dettato dalla costante di Planck , una delle costanti fondamentali della Natura che governa il mondo dell’infinitamente piccolo; essa ci dice qual è la dimensione alla quale gli effetti quantistici diventano rilevanti. Si tratta di un numero davvero minuscolo; pensate che c’è più differenza tra la costante di Planck e l’energia di un elastico per capelli che ruota attorno al dito, di quanta ce ne sia tra il diametro di un capello e quello dell’intero Universo osservabile. È dunque chiaro che le “meraviglie” del mondo quantistico siano totalmente inosservabili alle nostre scale.

Proviamo tuttavia a fare un piccolo esperimento mentale. Immaginiamo un mondo alternativo dove la costante di Planck abbia un valore molto più grande, diciamo dell’ordine della decina; prima che possiate rinchiudermi in un centro specialistico, lasciatemi dire che questo trip non è assolutamente farina del mio sacco. Si tratta di un simpatico quesito che trovai sotto forma di esercizio in un libro, mentre frequentavo il terzo anno di università. Il testo del problema era molto breve e recitava: “stabilire se sia saggio mangiare un’anguria in questo mondo parallelo dove ”.  Ovviamente in un universo così anche noi stessi risentiremmo degli effetti quantistici, il concetto stesso di mangiare non avrebbe molto senso. Però io sono un teorico, quindi mi diverto a pensare cose folli.

Pensiamo al delizioso frutto estivo: succoso, dissetante… peccato per quei fastidiosi semini neri! Conosco persone meticolose che rimuovono fino all’ultimo seme con la forchetta prima di gustarsi l’amata anguria; c’è chi, per ottimizzare il tempo, li ingoia con delicato savoir-faire o chi li sputa senza ritegno. Questo sicuramente non potrebbe accadere nell’immaginario mondo quantistico; l’anguria ha infatti una sua precisa dimensione (una ventina di centimetri di diametro) e noi sappiamo che al suo interno sono presenti i seccanti semi.

Il problema sopraggiunge proprio con il principio d’indeterminazione: il conoscere la posizione dei semi, con un’incertezza di soli 20 centimetri, causa un’incertezza sulla loro velocità. Ora, nella nostra realtà si tratta di un effetto assolutamente trascurabile, ma in un mondo dove la costante di Planck fosse uguale a 10, l’indeterminazione sarebbe davvero folle. Quanto? I semi potrebbero muoversi a velocità superiori ai 300 km/h, per il solo fatto di esser confinati nell’anguria.

Armatevi di scudo e tenuta antisommossa, perché al primo tentativo di affettare l’anguria verreste mitragliati da veri e propri proiettili stile Plant vs Zombie (attenzione: citazione nerd) con energia sufficiente da perforare una parete.

In sostanza, ora avrò gli incubi di angurie assassine per una settimana.

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