Il manoscritto Voynich e il suo mistero mai svelato
5 min readNel 1912, tale Wilford Voynich, comprò presso il collegio gesuita di Villa Mondragone, nei pressi di Frascati, un manoscritto, ad oggi conosciuto come il più misterioso libro al mondo: si tratta del Manoscritto Voynich, dal nome del facoltoso compratore, noto anche come Beinecke ms 408.
Il libro non possiede né un titolo, né una firma autoriale; per questo motivo in filologia viene definito rispettivamente anepigrafo e adespoto.
Inoltre, il soggetto del manoscritto Voynich non risulta ancora oggi pienamente comprensibile: proprio su questo punto, infatti, si instaura la fonte del mistero che gli aleggia attorno dato che lo scritto, e di conseguenza l’alfabeto stesso, non risultano riconducibili a nessun alfabeto o scrittura conosciuta o conoscibile, benché apparentemente sembri basato sulla minuscola romana.
Attualmente il manoscritto si trova alla Beinecke Rare Book & Manuscript library (da qui il secondo nome conferitogli) dell’Università di Yale. La datazione al carbonio ha permesso di posizionarlo temporalmente entro la prima metà del XV secolo, precisamente in un periodo compreso tra il 1404 e il 1438, affermando in questo modo la sua antichità.
Il volume in sé è molto piccolo, è composto infatti da 234 pagine, spesso non legate insieme; inoltre, possiamo notare come alcune pagine siano state direttamente strappate dalle altre o perse, visti i numerosi fogli mancanti.
Il primo proprietario del manoscritto fu John Dee (1527-1608/09). Quest’ultimo, matematico, geografo, alchimista, astrologo e astronomo inglese, si dedicò per la maggior parte della sua vita all’occultismo, alla divinazione e alla filosofia; questo fa comprendere egregiamente come un tale scritto possa essere finito in mano sua!
Alla sua morte il manoscritto cominciò a girare di mano in mano, arrivando nelle mani di Voynich, di cui sopra, il suo proprietario più eclettico e fuori dal comune. Di lui sappiamo che nacque nel 1864 da una famiglia polacca trasferitasi in Lituania, unitosi poi ad una organizzazione rivoluzionaria, fu spedito in Siberia come dissidente. Fuggendo dal suo campo di confinamento, in seguito ad avventure misteriose e peripezie di ogni tipo, trovò rifugio a Londra, dove prese per moglie Ethel Boole, figlia del famoso matematico George Boole. Da qui in poi divenne un antiquario e un venditore di libri antichi. Intraprese continuamente numerosi viaggi per ricercare i libri più strani e particolari, frequentando spesso l’Italia. Proprio qui entrò in contatto con il Beinecke, e da quel momento sarà per sempre per lui il suo brutto anatroccolo, che, quando finalmente verrà tradotto, diventerà un bellissimo cigno.
I numerosi disegni che costellano il manoscritto Voynich riportano tematiche fuorvianti quasi quanto lo scritto stesso, benché gli studiosi siano riusciti a ricostruire, ipoteticamente, quattro categorie fondamentali: nella prima parte, quella più ampia, notiamo immagini di piante con una possibile descrizione delle loro facoltà, come nei tipici erbari medievali, con la differenza che quasi nessuna di queste risulta essere riconoscibile; nella seconda sezione invece, il manoscritto tratta di moti astronomici e segni zodiacali riconoscibili, analizzando i moti delle stelle in particolari periodi, tramite una serie di figure circolari spesso arricchite da immagini femminili; nella terza parte, la più misteriosa, lo scritto tratta probabilmente di “balneologia”, ossia lo studio delle acque minerali e termali con una particolare valenza in ambito terapeutico, con immagini di figure femminili nude in grandi bacini acquiferi pieni di acqua verdognola; questa sezione non ha controparti nella tradizione della letteratura medievale contemporanea al manoscritto; la quarta, infine, sembra riprendere l’analisi delle piante descritte nella prima parte, per utilizzarle in ricette di stampo, molto probabilmente, medico o farmaceutico.
Di primo acchito, sembra che il legame con la scienza occulta di stampo medievale sia lampante, principalmente per quanto riguarda l’ambito astrologico, storico – naturale, medico, ottico e fisiologico di cui il manoscritto sembra trattare.
Spesso si è pensato che il manoscritto fosse legato, in qualche modo, all’alchimia, in virtù del legame di quest’ultima con la segretezza, le scritture cifrate e l’uso di metafore. Nella scrittura di stampo alchemico si ricorre spesso all’uso di analogie tra elementi che tra loro non hanno nulla a che fare. Inoltre, proprio come succede all’interno di questo misterioso manoscritto, solitamente nell’ambito della scrittura alchemica il legame con immagini di stampo animale e umano, ma anche acquifero o erboristico, è sfruttato appieno nei disegni che circondano lo scritto. I disegni utilizzati in questo tipo di scrittura però spesso non risultano comprensibili senza decifrare il testo stesso benché esistano degli schemi più o meno fissi che possono venire riutilizzati nella definizione di particolari eventi o fenomeni, magari riproponendoli con qualche leggera variante.
Il legame con l’alchimia si può notare soprattutto nella sezione dedicata alla balneologia, dato che nella scrittura di questo sapere occulto, solitamente si sfruttava l’analogia con figure intente a farsi un bagno per spiegare processi come la dissoluzione. In realtà, però, notiamo differenze troppo sostanziali per legare questo manoscritto in modo così immediato alla tradizione alchemica, alimentando il mistero di quest’opera: le figure ritratte in quella sezione sono solo di sesso femminile, andando a contrastare con la tradizione alchemica dove i personaggi erano necessariamente di sesso opposto e le loro pose non hanno diretti paralleli in quest’altra tradizione.
Attualmente il manoscritto rimane indecifrato e nessuno riesce davvero a comprenderne il significato; l’Università di Yale ha poi pubblicato il testo in una versione di stampo editoriale affinché chiunque potesse poi dedicarsi alla sua traduzione, sia studiosi, che appassionati, che semplici interessati.
Nel 2019 si è creduto, grazie a un ricercatore inglese, di aver trovato soluzione all’arcano sottinteso al manoscritto, affermando come esso fosse scritto in una scrittura proto – romanza, precedente, appunto, le lingue romanze. Egli pensava ci fossero anche dei segni di interpunzione e che quest’ultimo fosse stato realizzato da una suora domenicana per Maria di Castiglia, regina d’Aragona.
Immagine proveniente dalla versione cartacea del manoscritto Voynich raffigurante delle ipotetiche mappe di viaggio
In realtà l’ipotesi che il manoscritto sia stato finalmente tradotto, o sulla via per essere tale, è stata subito smentita e questo rimane ancora misterioso e privo di una soluzione codicologica.
Proprio per questo alone di mistero il manoscritto risulta essere il più visualizzato sulla pagina online della biblioteca statunitense e, nel 2013, quando Umberto Eco venne chiamato presso l’istituto per una lettura, chiese di poter visionare un solo manoscritto: l’autore scelse proprio il Voynich.
Quell’insieme di fogli anima gli interessi di molti studiosi da tempo, bramosi di scoprire quali enormi segreti esso possa svelare. Alcuni temono sia solo uno scherzo, una burlata intrapresa da qualche sedicente amanuense in vena di prendere in giro qualcuno e indubbiamente non convinto che potesse arrivare fino a noi. Altri invece, ed è l’opinione più interessante, sono fomentati dalla magia che emana lo scritto, con i suoi caratteri sinuosi e i suoi disegni spesso incomprensibili, che sembrano spingere il lettore a immaginare mondi e viaggi sconosciuti.
Quindi, per chi legge questo articolo, se sono riuscita ad alimentare in te la brama di scoprire cosa il manoscritto ti vuole offrire, corri a fare le tue congetture!
Dopo aver conseguito il diploma in scienze umane, un atto di follia mi ha spinto a proseguire con un percorso di laurea in scienze biologiche che, rivelatosi fallimentare, ha spinto lo Zeno Cosini che c’è in me ad iscrivermi al corso triennale di Lettere Moderne, per poi fuggire dalla realtà caotica di Milano, per trasferirmi nella ridente Perugia, dove attualmente studio Insegnamento dell’Italiano agli stranieri, per portare qualcosa dell’Italia anche fuori dalla Penisola.