Altruismo e sopravvivenza: un legame cruciale
7 min readGeneralmente si pensa che l’altruismo sia una prerogativa umana e che, quindi, l’aiutare e il prendersi cura degli altri, magari a scapito del proprio interesse, sia un qualcosa che l’uomo fa in quanto essere superiore e al di fuori delle regole della natura.
L’altruismo viene considerato erroneamente come un atto puramente morale, scevro da ogni tipo di guadagno, e l’empatia, la cooperazione e l’aiuto verso il prossimo sembrano caratteristiche afferenti solo nella nostra specie.
Poche volte, però, ci si interroga se e come gli animali possano essere altruisti verso altri individui.
Invece anche gli animali sono capaci di mettere effettivamente in atto dei comportamenti altruisti, ma ovviamente non lo fanno per una questione morale.
È così che ritroviamo anche nel regno animale situazioni in cui ci sono individui che condividono il proprio cibo con altri membri del gruppo, altri che proteggono i più deboli del branco o aiutano i genitori a costruire il nido e a nutrire i fratelli. Ci sono persino quelli che collaborano per ottenere il favore delle femmine o addirittura rinunciano alla riproduzione per allevare cuccioli non propri.
Lo studio dell’altruismo rientra all’interno di una disciplina abbastanza giovane detta sociobiologia: una branca dell’etologia – la scienza che si occupa dello studio del comportamento animale – che studia in particolare l’origine e l’evoluzione dell’altruismo.
Tra i molti luminari del campo delle scienze naturali che hanno contribuito, nel tempo, allo studio di questo particolare comportamento figura anche Charles Darwin grazie ai suoi studi sulla selezione naturale.
Il concetto di Fitness
Prima di addentrarci su cosa sia effettivamente l’altruismo per gli animali e andare ad analizzare qualche caso interessante, è bene chiarire un concetto fondamentale: il concetto di fitness.
Per fitness si intende la cosiddetta “idoneità riproduttiva”, cioè la capacità di sopravvivere e di riprodursi di un determinato individuo. In termini genetici il concetto di fitness misura la capacità di un dato genotipo di trasmettersi alla generazione successiva tramite la riproduzione, talvolta generando un vantaggio riproduttivo all’individuo che lo possiede.
La produzione della prole – che viene definita come fitness diretta – è solo una delle strade per ottenere che i propri geni siano rappresentati nelle generazioni successive. Aiutare ad allevare i propri fratelli, invece, risulta essere la strada alternativa più comunemente percorsa e rientra nel concetto di fitness inclusiva o complessiva.
Quest’ultima strada è spesso utilizzata dagli individui in quanto alcune condizioni ambientali – quali la carenza di territori per la nidificazione o la scarsità di partner sessuali – possono limitare, di fatto, le possibilità di un individuo giovane di riprodursi. Per tali limitazioni spesso a questi ultimi non resta altro da fare che allevare i fratelli anziché dei figli propri: ecco che scatta, quindi, il concetto di altruismo, che può essere rivolto a individui imparentati oppure no.
Può essere, infatti, vantaggioso anche aiutare i riproduttori con i quali non si è imparentati e la loro progenie: in questo caso si può interpretare l’altruismo come un investimento in previsione di future opportunità di riprodursi.
Figura 1: Femmina di Macaco giapponese (Macaca fuscata) con piccoli
Cosa si intende per “altruismo”?
Possiamo dunque dire che il termine “altruismo” viene utilizzato per ogni azione o comportamento che aumenta la probabilità di sopravvivenza e/o di riproduzione di chi lo “riceve”, in alcuni casi anche a discapito di quella di chi lo “compie”.
In altre parole, si può dire che un atto altruistico aumenta la fitness di chi lo “riceve” e non di chi lo “compie”. Almeno non nell’immediato.
Comportamenti altruistici sono, per esempio, le cure parentali o alloparentali (coloro che si occupano della prole non sono i genitori diretti della stessa, ma sostituti), i comportamenti di allarme, la difesa del gruppo, la cooperazione nell’ottenimento di un partner sessuale, l’aiuto a individui feriti o malati e la sterilità di casta.
Quest’ultimo caso, in particolare, è definito come caso di altruismo estremo, così paradossale da aver messo in crisi anche lo stesso Charles Darwin.
È bene però chiarire che in questo caso la sterilità riguarda solo alcuni gruppi di individui all’interno di alcune società.
Un rapporto di altruismo reciproco pone le sue basi su tre condizioni essenziali affinché persista in una specie o comunque in un gruppo di individui:
1. I costi sostenuti dall’individuo che attua il comportamento devono essere piccoli, a favore di un grande beneficio
2. Deve esserci un ritardo tra l’atto del “dare” rispetto a quello del “ricevere”
3. Deve esserci la possibilità per l’individuo di interagire più volte con lo stesso soggetto
Alcuni esempi di altruismo nel regno animale
Se prendiamo in considerazione gli animali sociali ci rendiamo conto che la convivenza con uno o più individui comporta svariati vantaggi reciproci, come la maggiore probabilità di sopravvivenza grazie alla protezione degli altri da attacchi predatori. Un bell’esempio a tal proposito è il comportamento di difesa dei piccoli da parte degli elefanti.
Se una mandria di elefanti, durante uno spostamento, si ritrova a contatto con un predatore, gli individui adulti formano immediatamente un cerchio attorno ai più piccoli, ponendo la parte anteriore del proprio corpo verso il predatore. Si tratta di un vero e proprio faccia a faccia in cui tutti i membri del gruppo fanno letteralmente da scudo ai più giovani, impedendo al predatore di avanzare verso l’interno del cerchio.
Figura 2: Mandria di Elefanti protegge i propri piccoli dall’attacco di un predatore
Questo stesso comportamento è attuato anche quando una madre e un cucciolo si trovano da soli, con la madre che si porta davanti al piccolo per difenderlo. Ovviamente la presenza di più individui in una situazione del genere offre maggiore protezione al cucciolo rispetto alla sola difesa della madre, poiché grazie alla disposizione a cerchio il piccolo è protetto da più lati.
Tutti gli individui adulti del gruppo, indipendentemente dal grado di parentela, si adoperano per proteggere i cuccioli mettendo a rischio la propria vita pur di raggiungere lo scopo. Ciò avviene perché i più piccoli sono generalmente i più indifesi e i più soggetti a predazione, ma sono anche essenziali per la sopravvivenza della mandria nel tempo. Contrariamente gli adulti sono coscienti della loro forza e delle loro dimensioni e sanno che la probabilità di attacchi ai loro danni è abbastanza bassa.
Se invece parliamo di cooperazione per raggiungere un obiettivo comune, possiamo prendere come esempio il comportamento mutualistico dei giovani leoni maschi: capita, infatti, che due giovani maschi di questa specie collaborino per spodestare il maschio dominante di un branco per impossessarsi del suo gruppo di femmine, definito harem. È interessante specificare che i due maschi in questione possono essere imparentati tra di loro, ma potrebbero anche non esserlo.
Figura 3: Gruppo di giovani maschi di Leone
In questo caso si parla di mutualismo perché gli individui cooperano per raggiungere uno scopo comune e ogni singolo individuo trae da questa cooperazione un netto e simultaneo vantaggio: dopo aver spodestato il maschio detentore dell’harem, quando le femmine saranno fertili, entrambi i maschi potranno accoppiarsi con loro ricavandone, così, entrambi un vantaggio.
Esistono però casi simili di cooperazione in cui i vantaggi non avvengono in maniera simultanea per tutti. In questi casi si parla di altruismo reciproco e un valido esempio di questo comportamento avviene nei babbuini (genere Papio) dove spesso si formano alleanze tra giovani maschi, anche non imparentati tra loro. Queste alleanze hanno generalmente lo scopo di distrarre il maschio dominante e accoppiarsi di nascosto con le femmine.
Figura 4: Gruppo di Amadriadi (Papio hamadryas)
La strategia è semplice, ma efficace: un maschio distrae il dominante mentre i suoi complici tentano di accoppiarsi con le femmine in estro. La volta successiva, invece, i ruoli degli individui si invertono.
In questo caso, quindi, il vantaggio per i diversi individui si ottiene in momenti differenti perché l’animale che fa da esca non si accoppia tutte le volte.
Anche tra i pipistrelli vampiro (sottofamiglia Desmodontinae) avvengono fenomeni di altruismo reciproco, ma in questo caso riguardano l’alimentazione. Si tratta di animali ematofagi – ovvero che si nutrono di sangue – e quando un individuo non riesce ad alimentarsi, questi si rivolge a un suo “vicino” di colonia sollecitando un rigurgito di cibo liquido (trofallassi).
La volta successiva il ricevente di questo atto di condivisione estrema attuerà egli stesso una trofallassi nei confronti dell’individuo che l’ha aiutato la volta precedente.
Figura 5: Colonia di Pipistrelli vampiro (Desmodontinae)
In questi ultimi casi, quindi, il comportamento altruistico adoperato da un individuo risulta essere una sorta di investimento per il futuro: quando avrà bisogno di aiuto in una situazione analoga, lo troverà nell’individuo che ha aiutato in precedenza.
Conclusione
Dagli esempi riportati possiamo dunque capire che attuare un comportamento altruistico verso altri individui del proprio gruppo sociale aumenta non solo la sopravvivenza degli aiutati, ma offre un vantaggio anche all’aiutante, seppur non sempre questo vantaggio risulta essere visibile e/o immediato.
L’essere altruista, nel regno animale, significa quindi aiutare un proprio conspecifico, ottenendo al contempo vantaggi per sé stessi. Questi vantaggi possono essere a breve o lungo termine, ma contribuiscono alla sopravvivenza del donatore così come quella del ricevente, fornendo ad entrambi un mezzo in più per sopravvivere o comunque per portare avanti i propri geni alle prossime generazioni.
Laureata alla triennale di Scienze Naturali e alla magistrale in Ecologia ed Etologia per la conservazione della natura, sono sempre stata incuriosita e ammaliata dalla natura in tutto e per tutto. Sono una persona poliedrica e dalle mille passioni, amo stare all’aria aperta, immersa nella natura, ma non disdegno un bel pomeriggio a giocare o a guardare film e serie tv. Il mio animale guida, che è anche ciò che mi ha spinto verso il mio percorso accademico, è il lupo, tanto studiato quanto misterioso, che continua tutt’ora ad incidere nell’immaginario collettivo. Al momento lavoro come operatore della didattica e come guida presso lo Zoo di Napoli con l’intento di far conoscere quanto più possibile la fauna e la flora mondiale a grandi e piccini e per me la divulgazione è il mezzo principale per mostrare alle persone ciò che di bello esiste al mondo e soprattutto per far capire come noi siamo parte dello stesso.