Arancia Meccanica: ritratto della società moderna
3 min read“Un uomo che non può scegliere cessa di essere un uomo”. Così scrive Anthony Burgess nel 1962 in quel romanzo che l’occhio di Kubrick renderà celebre una decina di anni dopo. Una frase che riassume perfettamente l’essenza dell’opera. Arancia Meccanica ruota attorno al concetto di libero arbitrio all’interno di una Londra distopica che altro non è se non il riflesso della società moderna.
Protagonista è Alex de Large, un giovane delinquente che fa della violenza, o meglio dire dell’ultraviolenza, lo scopo di una vita essenzialmente dominata dal caos. Assieme ai suoi drughi passa le nottate a bere latte+ (latte con aggiunta di mescalina), rapinare, picchiare chiunque gli capiti a tiro, stuprare donne indifese e compiere altri generi di delinquenze. Il caos sembra essere, appunto, l’unico fattore stabile nella sua vita. Nessuna morale né tanto meno rimorso attraversano la mente del ragazzo, guidato unicamente da quella cieca spensieratezza tipica della gioventù. La sua stanza appare quella di un normale adolescente, non fosse per il grosso serpente domestico e quella bizzarra passione per la musica di Beethoven, visibile in ogni angolo.
Tuttavia, la sua smania di controllo e di incessante violenza finisce per rivolgerglisi contro quando si ritrova colpevole dell’omicidio di una donna innocente. Tradito dai suoi stessi amici e colto in flagrante dalla polizia, Alex vede da questo momento il rapido stravolgimento della propria vita. Dopo un paio d’anni di reclusione, la scienza sembra venire in suo aiuto nel momento in cui il Governo cerca una cavia per una sperimentazione atta a bloccare gli impulsi violenti sui soggetti incriminati. In una società caratterizzata dal sovraffollamento delle carceri, lo Stato cerca dunque nella scienza una risposta ai problemi sociali. L’esperimento in questione prende il nome di “Cura Ludovico” e consiste in una sorta riflesso pavloviano 2.0, ove il soggetto viene sottoposto alla visione di scene violente previa assunzione di determinati farmaci. Ogni volta che Alex vede scene di risse, stupri o genocidi nazisti, il suo corpo subisce forti dolori e nausee capaci di paralizzarlo. Alex diventa così schiavo del proprio corpo, i suoi istinti umani completamente bloccati da una morale atta al bene comune della società. Ed è qui che la citazione iniziale si erge come essenza dell’intero romanzo/film: Alex è ormai incapace di commettere crimini ma non per propria scelta, bensì a causa di quel riflesso incondizionato che ha ormai intaccato la sua psiche. Eppure il Governo non ha come priorità certe questioni etiche e, vedendo la Cura Ludovico come un innegabile successo, rimette in libertà in nostro Alex.
Catapultato nuovamente nella società, Alex vedrà il proprio entusiasmo affievolirsi rapidamente quando un concatenamento di incontri accidentali metteranno alla prova il suo istinto violento e, di conseguenza, il suo corpo lacerato dalla Cura. Esasperato, privato degli affetti, di una dimora e di ogni punto di riferimento, Alex tenta il suicidio, invano. Svegliatosi sul letto di un ospedale, il protagonista si ritrova ancora sotto il controllo del Governo il quale, avendo ammesso la propria colpa nel disumano uso di simili sperimentazioni, cerca ora di ingraziarsi Alex davanti alla stampa, con quell’ipocrisia e finto interesse tipici della sfera politica. Ciò nonostante, l’ingenuità e la giovane età di Alex lo portano a fidarsi ancora di quel Ministro che l’aveva spinto in un inferno privo di autocontrollo. Tuttavia, la Cura cessa di fare effetto e, sentendo ancora quei primordiali istinti violenti, Alex afferma di sentirsi finalmente guarito.
Arancia Meccanica è un film controverso, fonte di costanti domande etiche su ciò che è moralmente giusto e cosa non lo è, sul valore dell’essere umano dopo essersi macchiato di un crimine, sui rapporti di potere tra gerarchie sociali. Un film che rappresenta con franchezza e black humor la politica, il sistema carcerario, il gap generazionale, la contrapposizione tra atavici istinti e la loro forzata repressione. Il titolo, non a caso, allude alla metafora dell’individuo come un organismo all’apparenza umano ma intrinsecamente fattosi automa in seguito alla soppressione degli istinti, e di conseguenza dell’umanità, causata dalla Cura. La modernità della vicenda, del linguaggio usato, dei costumi e dei temi affrontati fanno di Arancia Meccanica un pilastro della cinematografia distopica.
Sono laureata in Lingue e Letterature Straniere a Venezia, città da cui ho imparato l’attenzione ai dettagli nascosti dell’esistenza, nonché l’elogio della lentezza (come direbbe Kundera). Ho sempre visto la letteratura, l’arte, la musica e il cinema come i cardini fondamentali della mia vita, le cui correnti mi hanno reso la persona che sono oggi.