Urbex: il mistero della vita abbandonata
4 min readIl fenomeno dell’esplorazione urbana (Urban Exploration)
Spopolano negli ultimi anni su tutti i social network immagini di luoghi abbandonati dall’uomo. In questi spazi sembra come se l’edera che divora le pareti e la polvere che fluttua nei raggi di luce, nelle crepe e si deposita su assi instabili o logori tappeti siano testimoni prediletti di una storia in(in)terrotta. Si sa davvero poco su questo fenomeno, sia per la sua recente nascita sia per i vari rischi che comporta, tra cui, il più evidente forse, è quello di incorrere in sanzioni o provvedimenti (a seconda dello stato e del tipo di infrazione).
Come nasce l’esplorazione dei luoghi abbandonati?
Non abbiamo notizie certe che testimonino la sua nascita, ma secondo una leggenda si è soliti identificare come “padre fondatore” di questa attività tale Philibert Aspairt (fu tumulato prima della perizia), che sarebbe stato il primo esploratore delle catacombe parigine. Egli (o chi per lui) in ogni caso pagò lo scotto di tanta prodezza: lo stesso luogo che lo aveva tanto attratto e affascinato ne determinò la morte. Il cadavere venne rinvenuto dai 10 ai 12 anni dopo il suo decesso, nel 1804.
In ogni caso è certo che il fascino per i siti abbandonati è un sentimento che aleggia da sempre nell’uomo, certamente accompagnato da quel senso di mistero, di pericolo e illecito che fa fremere certe menti curiose.
Inoltre “Urbex” è il nome che diamo adesso a un “genere” di esplorazione documentativa, ma dovremmo spesso parlare di infrazioni, di violazione di proprietà privata e altri reati simili. Proprio per questo tale fenomeno rimane qualcosa di estremamente affascinante ma allo stesso tempo un qualcosa di celato, non detto mai del tutto.
In questo momento storico coloro che si avvicinano a questa tendenza lo fanno anche e soprattutto come forma di denuncia sociale e con la volontà di riscattare certi ambienti, in contesti in genere degradati e periferici (su questo tema leggi anche Cronache dal passo pura – Antropia)
Ma esiste anche una sorta di “culto” dell’abbandonato: c’è chi in quel disordine, nei brandelli di antiche tappezzerie vede e sente un qualcosa di sacro, evocativo proprio perché abbandonato dalla vita.
Questa la dichiarazione di intenti di uno dei progetti più longevi in Italia:
Oltre i luoghi abbandonati, vogliamo documentare, attraverso i nostri reportage, ciò che ruota attorno alle città fantasma, le rovine, i relitti e i sotterranei. L’intento è si, quello di meravigliare il pubblico e far prendere coscienza dell’immenso patrimonio immobiliare sommerso, ma anche quello di raccontare aneddoti, di informare e, talvolta, denunciare.
Quali sono i luoghi prediletti?
I tipi di luoghi esplorati sono molti di più di quelli che possiamo immaginare; oltre alle abitazioni “classiche”, tra gli edifici abbandonati troviamo: luoghi sacri, castelli e regge, complessi sanitari, centri benessere, cinema e teatri, discoteche e pub, depositi, grandi veicoli, edifici rurali, esercizi commerciali, luoghi di detenzione, relitti, sotterranei. Ci sono poi le città fantasma, che possono essere ubicate su insidiose alture oppure assumere le sembianze di distopiche metropoli; insomma, i luoghi e le tipologie sono estremamente disparati ed eterogenei, di conseguenza questo fenomeno coinvolge un pubblico molto ampio.
Perché l’abbandonato ci affascina?
A mio parere per rispondere a questa domanda dovremmo fare riferimento al concetto di perturbante unheimlich ; Segmund Freud scrive un saggio a proposito nel 1919, e, parlando del termine afferma:
Non c’è dubbio che esso appartiene alla sfera dello spaventoso, di ciò che ingenera angoscia e orrore, ed è altrettanto certo che questo termine non viene sempre usato in un senso nettamente definibile, tanto che quasi sempre coincide con ciò che è genericamente angoscioso. […] il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare. […] La parola tedesca unheimlich [ perturbante] è evidentemente l’antitesi di heim/ich (confortevole, tranquillo, da Heim, casa), heimisch (patrio, nativo), e quindi familiare, abituale, ed è ovvio dedurre che se qualcosa suscita spavento è proprio perché non è noto e familiare. Unheimlich, dice Schelling, è tutto ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto, e che è invece affiorato.
Heimlich è quindi un termine che sviluppa il suo significato in senso ambivalente, fino a coincidere in conclusione col suo contrario: unheimlich. Unheimlich è in certo modo una variante di heimlich.
Per saperne di più:
Urbex Italia : raccolta di edifici fatiscenti e luoghi abbandonati dello Stivale (ascosilasciti.com)
Ho conseguito la laurea di primo livello in lettere moderne e contemporanee presso l’università di Macerata e la laurea magistrale in Italianistica presso l’Almamater Studiorum di Bologna. Attualmente frequento un master sui DSA presso l’università di Urbino Carlo Bo. Credo nella necessità della trasmissione della cultura e del sapere come forma di riscatto sociale e come unica arma valida contro l’egoismo dell’essere umano.