Brain Computer Interface
6 min readTra tutte le aziende fondate da Elon Musk c’è anche Neuralink, fondata nel 2016, che si occupa di interfacciare il cervello umano al computer con l’obiettivo di sviluppare sistemi in grado di interpretare le attività cerebrali.
I sistemi di interfaccia uomo-macchina si sono rivelati di profonda utilità per persone che presentano disabilità motorie, come lo è stato per esempio per Steven Hawking; sistemi fondamentali per poter relazionarsi con il mondo esterno. In sostanza, la mission di Neuralink è quella di sviluppare sistemi basati sulle tecnologie brain computer interface (bci), ovvero, interfaccia cervello-macchina.
Cosa fa esattamente una brain-computer interface? Essendo un link tra computer e cervello si occupa di acquisire, filtrare, analizzare e studiare i segnali emessi dal cervello umano.
La connessione è composta da semplici elettrodi (cavi sottili, trasportatori di corrente) che vengono posizionati sulla testa del paziente in modo tale da acquisire i segnali neurali. Questo è possibile in quanto il nostro sistema nervoso emette segnali elettrici tutte le volte che svolge una qualsiasi attività (anche solo se pensiamo a qualcosa).
Quando pensiamo di muovere un arto, viene generato un campo elettrico di piccolissime entità dal cervello che, tramite i nervi, arriva ai muscoli del braccio e si trasforma in movimento.
L’aspetto interessante del nostro cervello, che rende possibile l’utilizzo di queste tecnologie, riguarda il fatto che la generazione del campo elettrico avviene tutte le volte che pensiamo all’azione anche senza eseguire l’azione stessa. Il cervello entra in attività quando pensiamo di muovere l’arto anche senza muoverlo effettivamente (motivo per cui ci stanchiamo dopo aver pensato a lungo).
In sostanza, questi segnali elettrici se interpretati correttamente hanno un significato ben preciso. Ad esempio, se io penso di muovere un braccio senza muoverlo fisicamente quello che succede di fatto è che la corteccia motoria sviluppa un impulso elettrico. Da un punto di vista di analisi del segnale si vede proprio che l’attività cerebrale aumenta.
Le attività cerebrali si possono dunque codificare in messaggi di testo generando delle parole che si inviano attraverso una qualsiasi applicazione.
I segnali si dividono in categorie in base alla banda di frequenza alla quale appartengono. Le onde alfa, tra la banda degli 8 e i 12 Hertz, sono quelle che si generano quando il nostro cervello è in attività, mentre le onde delta, tra 0 e 4 hertz, sono onde cerebrali che si generano quando siamo in una fase di riposo.
Una volta acquisiti i segnali elettrici, filtrati (eliminazione rumore), trasformati (trasformata di Fourier nel dominio delle frequenze), si va a determinare il fattore di potenza del segnale, ossia la fase più clue delle brain computer interface.
Il fattore di potenza non è altro che una soglia (un valore numerico). Se il segnale si trova al di sotto della soglia significa che il nostro cervello non è in attività (non stiamo pensando al movimento), qualora il segnale superasse il valore di soglia, questo significa che il nostro cervello è entrato in attività. I ricercatori lavorano appunto per definire questa soglia dato che cambia a seconda della persona e dell’ambiente.
Vi è tuttavia un problema tutt’altro che trascurabile: lo strumento, essendo sensibile al campo elettromagnetico, fa anche da “antenna”; quindi riesce a captare tutti i segnali elettromagnetici che si trovano nelle vicinanze andando a modificare il campo elettrico reale rappresentativo dell’attività cerebrale che si vuole monitorare.
Neuralink ha risolto il problema dei disturbi esterni (antenna) impiantando direttamente un chip sotto pelle (al momento su un maiale) che comunica direttamente via wireless. Mentre il problema relativo all’interpretazione del segnale (cosa sta comunicando il cervello) lo ha affrontato implementando un algoritmo di machine learning il quale capta tutti i segnali del cervello, li elabora, li confronta con uno storico ed infine fornisce indicazioni relative all’azione che il cervello intende comunicare al corpo.
La nostra interfaccia, dagli anni 70 a questa parte, è sempre stata uno schermo di qualche tipo, limitata da un lato dalla velocità dei dispositivi che utilizziamo, dall’altra dalla capacità dei sensi, la vista in primis (ma anche gli altri), di trasmettere e processare le informazioni. Oggi, la tecnologia digitale si è avvicinata all’uomo fino ad arrivare sotto la pelle.
Se l’idea di Elon Musk è quella di superare i limiti fisici e tecnologici aggirando il filtro dei sensi e degli schermi facendo comunicare direttamente il cervello con il computer, non c’è da stupirsi se un domani il suo team di ricerca sviluppi tecnologie funzionanti (dall’ipotesi alla realtà) spinte da processori dotati di una velocità di scambio dati impressionante e supportati da algoritmi di intelligenza artificiale.
È importante sottolineare che Neuralink lavora nel campo medico; non è un caso, infatti, che la società con sede a San Francisco si definisca come una startup di ingegneria medica e punti tutto sul collegamento neurale, quindi sul medical AI.
Il collegamento neurale permetterà, secondo i neuroscienziati dell’azienda, di curare in futuro condizioni neurologiche gravi come L’Alzheimer, il Parkinson o restituire la vista a chi l’ha persa.
Importanti passi in avanti sono stati fatti anche sulla paralisi, sulla sordità, sui disturbi di memoria e infine sulla prevenzione di ictus. Questa è – e deve essere – una prospettiva su cui tutti non possono che essere entusiasti.
Timori e teorie complottistiche tuttavia non mancano. Alcuni sostengono che curare le patologie neurologiche è solo il primo passo. Le BCI possono rivelarsi strumento diretto con il quale un computer potrebbe permettere di comunicare a distanza simulando una sorta di telepatia informatica espandendo la propria memoria, la propria capacità di apprendimento e aprendo dunque lo scenario verso la “lettura del pensiero umano”. In definitiva, di sfumare i confini fra la macchina e l’essere umano se non addirittura eliminarli del tutto.
Neuralink è il tentativo di Elon Musk di superare i limiti della biologia in pieno paradigma transumanista e di arrivare ad una propria simbiosi tra intelligenza biologica ed intelligenza artificiale. È questo ciò che ad alcuni fa davvero paura.
Che cosa davvero ha realizzato Neuralink fino ad ora? In realtà nulla. È tutto ancora in fase di ricerca e sperimentazione lontano dall’essere lanciato sul mercato o pensare ad un’applicazione diretta sugli esseri umani che non sia quella medica.
La società intende progettare una tecnologia avanzata per praticare un foro di qualche millimetro nel cranio all’interno del quale depositare un cip (di dimensioni paragonabili ad una moneta di 10 centesimi) contenente migliaia di elettrodi: cavi sottilissimi e flessibili con un diametro di pochi nanometri collegati a gruppi di neuroni (in alcuni casi fino al singolo neurone).
Il tutto sarebbe chirurgicamente realizzato da un braccio robotico iper-preciso programmato per evitare qualunque vaso sanguigno e garantire la sicurezza totale dell’operazione: niente chirurghi, nessun errore umano, niente dolore, niente effetti collaterali (si spera).
La brain computer interface, una vera e propria porta digitale capace di registrare e interpretare l’attività e la stimolazione di neuroni, promette il superamento di disabilità gravi che di fatto sono un mancato collegamento tra le strutture cerebrali che reggono il movimento e una parte specifica del corpo. Lavorare a livello dei singoli neuroni avrebbe potenzialità infinite. Ed ecco allora che la nuova frontiera sembra spostarsi da fuori a dentro di noi, attraverso l’ingegneria neurale.
LINK UTILI:
Artificia Intelligence in Brain-Computer Interfaces and Neuroimaging for for Neuromodulation and Neurofeddback
Brain Computer Interface
Why we should be excited – and worried – about Neuralink’s BCI
Rubrica “Il Pensiero Artificiale“
Sono un ricercatore presso Co.Mac – CFT, un importante gruppo italiano che opera nell’ambito degli impianti industriali. Laureato in ingegneria Meccanica con specializzazione in Meccatronica al Polimi. Attualmente studio automazione con particolare focus verso gli algoritmi di intelligenza artificiale e le sue applicazioni nel mondo reale.
Comunicare significa donare parte di noi stessi, ed è questo il motivo per cui la divulgazione scientifica è una delle mie più grandi passioni.
Interessante l’ultimo video pubblicato da Neuralink sull’interazione Scimmia-Pc direttamente dal cervello:
https://www.youtube.com/watch?v=rsCul1sp4hQ
Sì è veramente incredibile riuscire a fare queste cose. Grazie per aver linkato il video!