Cacciatori di Alieni – Il messaggio di Arecibo
5 min readBentornati alla terza puntata della nostra rubrica dedicata alla vita extraterrestre! Dopo aver esplorato il Sistema Solare, aver adocchiato possibili mondi attorno ad altre stelle ed esserci chiesti quanto sia probabile l’esistenza di civiltà intelligenti nel cosmo al di fuori della nostra, è venuto il momento di tornare sul pianeta Terra e raccontare le nobili gesta di alcuni esseri umani che si sono prodigati nel tentativo di instaurare un dialogo con l’ipotetica gente del cielo. Siamo pronti a conoscere quegli eroi tra gli scienziati che hanno reso la ricerca della vita extraterrestre un’avventura a dir poco memorabile: i cacciatori di alieni. Ed oggi parleremo del più famoso messaggio mandato nello spazio nella storia dell’umanità.
Era un giorno come tanti altri ad Arecibo, città sulla costa settentrionale di Puerto Rico, quel 16 Novembre del 1974 quando venne rimesso in funzione il gigantesco radiotelescopio della zona; uno strumento davvero sensazionale che, con i suoi oltre 300 metri di diametro di “specchio” parabolico, è ad oggi ancora tra i più grandi di tutto pianeta. Quale modo migliore per celebrare l’upgrade dell’imponente telescopio di Arecibo se non quello di convogliare tutta l’energia del nuovo trasmettitore in un incredibile impulso radio, ad una potenza equivalente di circa 20 000 Gigawatt, diretto verso le stelle.
Si tratta di uno dei tentativi più famosi nella storia del genere umano di mandare volutamente un messaggio in codice rivolto ad altre forme di vita civilizzate nell’Universo. Il segnale prese il nome di messaggio di Arecibo e fu inventato dall’astronomo Frank Drake – lo stesso della famosa equazione di Drake di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata; nella stesura fu aiutato da alcuni studenti della Cornell University tra i quali Carl Sagan, uno dei più popolari astronomi e divulgatori del secolo scorso.
L’impulso, della durata totale di circa 3 minuti, aveva in realtà uno scopo principalmente simbolico, finalizzato a mostrare l’incredibile potenza del rinnovato telescopio più che a contattare davvero un potenziale astronomo alieno. Tuttavia qualcuno prese la cosa piuttosto seriamente; il messaggio radio fu tradotto in frequenze audio trasmesse dagli altoparlanti durante la cerimonia al momento dell’invio. Come disse Harold Craft, vice presidente dei servizi ed infrastrutture della Cornell University: “Quando iniziò (l’invio del segnale), gran parte del pubblico si alzò spontaneamente e uscì dalla tenda per ammirare il telescopio.”. Alcuni furono piuttosto spaventati dall’idea di mandare un segnale nello spazio che avrebbe potuto attirare forze ostili verso il nostro pianeta. Ma siamo davvero in pericolo? Quanto è probabile che la nostra missiva spaziale venga ricevuta?
Per rispondere, andiamo innanzitutto a scoprire che cosa Frank e Carl hanno mandato ai nostri possibili colleghi cosmici: un segnale alla frequenza di 2380 MHz contenente un totale di 1679 impulsi, modulati con una frequenza di 10 Hz.
Mettiamoci un istante nei panni di un povero alieno che chissà dove abbia appena captato onde radio di questo tipo; magari, in un attimo di pura follia potrebbe anche arrivare a comprendere l’origine artificiale del misterioso segnale… ma cosa se ne farebbe? Così com’è, assolutamente niente. Ma se si trattasse di una civiltà extraterrestre avanzata, essa avrebbe probabilmente sviluppato il linguaggio della matematica; quindi gli alieni si accorgerebbero subito che 1679 è scomponibile solo come prodotto di due numeri, 73 e 23, entrambi primi.
Facile no? Ed a questo punto, cosa c’è di più naturale che disporre gli impulsi in una tabella di 73 righe e 23 colonne? Attenzione, non fate 73 colonne e 23 righe perché altrimenti non funziona più nulla.
Ma non finisce qui: se un improvviso lampo di genio avvertisse il malcapitato extraterrestre che gli impulsi con frequenza più alta corrispondono al numero 1, mentre quelli a frequenza minore ad uno zero, ecco che la tabella si trasformerebbe un bellissimo, chiarissimo … Disegno. In codice binario.
Se non si fosse capito: sì, sono fortemente ironico. L’immagine simbolica contenuta nel messaggio di Arecibo è estremamente difficile da decifrare ed assolutamente contro-intuitiva. Mostrerebbe alcune caratteristiche fondamentali della nostra razza. Dopo i numeri da 1 a 10, sono rappresentati alcuni degli elementi più semplici della tavola periodica, una schematizzazione dell’elica del DNA con informazioni sui costrutti principali per la vita, un’immagine stilizzata di un uomo, del sistema solare e del radiotelescopio di Arecibo usato per inviare il segnale.
Vi siete persi in questa confusione di numeri e parole? Non preoccupatevi: era esattamente quello lo scopo! Il messaggio fu testato sugli studenti del corso di laurea in astrofisica della Cornell University, ma pare nessuno fu in grado di raggiungere la soluzione. Confidiamo che gli alieni siano più intelligenti…
Ad ogni modo, non dimentichiamoci il particolare più importante: verso dove è stato mandato il messaggio? Il potente radiotelescopio ha indirizzato il segnale nella direzione un oggetto chiamato Messier 13 (M13) o grande ammasso di Ercole. Si tratta di un insieme di circa mezzo milione di stelle molto vecchie (hanno un’età stimata paragonabile a quella della nostra galassia) e abbastanza vicine tra loro. La motivazione ufficiale di questa scelta fu che stelle molto antiche possano aver avuto abbastanza tempo per sviluppare pianeti abitati; in più, con un singolo segnale se ne sarebbero potute beccare centinaia di migliaia.
Il piccolo difetto di questo meraviglioso piano è la non trascurabile distanza a cui si trova M13: 25000 anni luce. Poiché il segnale viaggia proprio alla velocità della luce, ammesso anche che gli alieni esistano e che siano pronti a ricevere il nostro messaggio, questo non potrà avvenire prima del 26794 dC. Come un mio collega astronomo spesso suggerisce, l’appuntamento per ascoltare la possibile risposta dei nostri amici spaziali è fissato tra cinquanta mila anni… sperando ovviamente che non sia “scusate, potete ripetere? Non abbiamo capito un tubo…”
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Sono ricercatore di Astrofisica e Cosmologia presso l’Università di Milano Bicocca. Da più di tre anni svolgo eventi di divulgazione in giro per l’Italia e non solo. Autore di tre libri divulgativi, collaboro tuttora con diverse associazioni, Università ed istituti di ricerca per la diffusione della conoscenza scientifica alla comunità. Nella mia visione, la scienza è una forma d’arte in grado di deliziare, intrattenere e divertire permettendoci in aggiunta di imparare qualcosa di nuovo e sorprendente.