I COLORI DEL MARE, NON SOLO UN PROBLEMA DI ONDE
9 min read“Un tuffo dove il mare è più blu” cantava Battisti nel 1971 in una delle sue canzoni più famose, regalandoci oltre alla sua musica, un interessante spunto di riflessione: quante sfumature di blu ha il mare?
Siamo abituati a parlare di “mare bello” in relazione al colore che vediamo: trasparente, celeste chiarissimo, blu intenso e a volte verde smeraldo. Il colore del mare è davvero sinonimo di acque pulite o ci sono altri parametri da considerare per capire il vero colore del mare?
Non è un problema banale. Per venirne a capo, dobbiamo capire come la luce interagisce con il mare. I fenomeni maggiormente coinvolti sono:
- l’assorbimento selettivo della luce da parte delle molecole d’acqua che, essendo massimo all’estremità rossa dello spettro visibile, rende il mare “trasparente” alla componente blu-violetto della radiazione solare, in altre parole non assorbe questa particolare lunghezza d’onda;
- la diffusione (o scattering) di Rayleigh.
Per riuscire a capire davvero da cosa sia dovuto il colore del mare, questi effetti non devono essere considerati separatamente, perché si andrebbe a spiegare solo parzialmente il problema. In effetti, il colore del mare è dato con un’ottima approssimazione dalla combinazione del fenomeno dell’assorbimento e della diffusione, che creano l’attenuazione del fascio luminoso.
La complessità della questione sta nel determinare i due effetti in un ambiente complesso come quello marino in cui si devono considerare gli ioni salini dissolti, il fitoplancton, diverse specie di materiali inorganici e organici dissolti o in sospensione allo stato particellare e le bolle d’aria oltre che a tutte quelle condizioni esterne che influenzano il colore, come l’atmosfera, l’irradiazione solare, il fondale, il punto di osservazione e molte altre proprietà ottiche proprie dell’acqua di mare.
L’assorbimento selettivo della luce
Iniziamo spiegando l’effetto dell’assorbimento selettivo delle lunghezze d’onda. Ricordiamo che la luce ha una natura duale: è sia onda, sia particella. Nella nostra trattazione terremo in considerazione solo la sua componente ondulatoria.
In questo caso, possiamo dire che un fascio di luce bianco è la somma di tanti fasci di luce più piccoli, ognuno caratterizzato da una certa lunghezza d’onda. A ogni valore di lunghezza d’onda è associato un colore.
Fonte:superzap.it
La regione dello spettro compresa tra circa 400 (violetto) e 750 nm (rosso) è la regione del visibile, ovvero la regione che comprende le lunghezze d’onda che riusciamo a percepire attraverso la vista. Non dimentichiamo, infatti, che è solo grazie agli occhi che riusciamo a percepire la luce e ciò che ci circonda, elaborando immagini e dando un significato alla realtà.
La realtà che vediamo non è altro che un’elaborazione frutto del lavoro di occhi ed encefalo: ciò che riescono a leggere con le proprie abilita e limiti. Il Sole, per esempio, emette anche raggi Ultravioletti, gli UV (a sinistra del viola), e gli Infrarossi, IF (a destra del rosso), ma sono dette regioni non visibili dello spettro, perché non percepibili dal nostro occhio. Più avanti parleremo anche di come funziona il nostro occhio.
Tornando al fascio di luce, ogni lunghezza d’onda definisce un colore, quindi quando un fascio di luce colpisce un oggetto parte del fascio verrà assorbito dall’oggetto stesso e solo una certa lunghezza d’onda verrà riflessa colpendo la nostra retina, determinandone il colore. Per esempio: gli oggetti neri assorbono tutta la radiazione luminosa non riflettendo nessuna lunghezza d’onda, mentre gli oggetti bianchi riflettono interamente il fascio di luce incidente.
Nell’acqua pura si ha assorbimento selettivo della luce intorno ai 420 nm, quindi nella regione blu dello spettro visivo, dovuto principalmente all’alta frequenza dei legami O−H, tipici delle molecole d’acqua, che assorbono proprio quelle specifiche lunghezze d’onda.
Che cosa succede nell’acqua di mare? Le lunghezze d’onda del rosso e dell’arancione, che sono anche le più ampie della luce solare, sono assorbite per prime dalla massa d’acqua che attraversano mentre quelle relative all’azzurro vanno molto più in profondità, regalando al mare queste belle tonalità.
Naturalmente, la stragrande superiorità numerica delle molecole di acqua nel mare la rende fondamentale nel determinarne il colore. Non dimentichiamo, però, che è anche presente ogni elemento naturale, anche se quasi sempre in concentrazione molto basse, ma comunque in grado di contribuire all’assorbimento della luce.
In particolare, sono i composti organici complessi (dissolti o contenuti nel plancton o nei rifiuti organici) i responsabili numero due dell’assorbimento della luce nell’acqua di mare, dopo l’acqua. Nel loro caso, si assume per semplicità che sono solo alcune regioni della loro molecola ad essere coinvolte nella determinazione dell’assorbimento della luce. Queste famigerate regioni sono dette cromofori e, nel mare guarda caso, abbondano cromofori “blu-violetto”.
Ti starai chiedendo se c’è una molecola che più di tutti aiuta l’acqua nell’arduo compito di colorare il mare? Ebbene sì, è la clorofilla: un pigmento contenuto principalmente nel fitoplancton.
Per riassumere: l’assorbimento da parte dell’acqua è intenso nel rosso, restituendoci di riflesso il blu. Questo fenomeno è influenzato blandamente dalla temperatura e dalla salinità; mentre per quanto riguarda l’assorbimento della clorofilla abbiamo un picco sia nel rosso che nel blu, ma a conti fatti la risultante dipende dagli spettri di assorbimento dei vari cromofori presenti.
Detto questo, l’assorbimento selettivo, da solo, potrebbe spiegare il colore che si osserva quando si è immersi nell’acqua o quando una grande massa d’acqua è interposta tra noi che osserviamo e la sorgente luminosa. Non spiega, invece, perché una massa d’acqua appare di un certo colore quando la osserviamo dall’esterno.
La diffusione o scattering
Come detto poc’anzi, il solo fenomeno dell’assorbimento non potrebbe permettere di vedere il colore dell’oceano dall’esterno, così come siamo abituati.
Infatti, riusciamo a vederne il colore anche grazie al fenomeno dello scattering molecolare, in particolare alla diffusione della radiazione elettromagnetica attraverso il meccanismo di Rayleigh. Questo fenomeno permette alla componente della luce non assorbita dalla massa d’acqua, quindi alla componente blu, di attraversarla nuovamente e riemergere dalla sua superficie per essere captata dal nostro occhio.
Con “meccanismo di Rayleigh” si indica tutta una serie di fenomeni che si verificano contemporaneamente, rendendo la comprensione del fenomeno e la sua spiegazione per niente semplice.
Questi fenomeni comprendono:
- L’effetto dell’anisotropia molecolare. Ricordiamo che l’anisotropia è la proprietà per cui il valore di una grandezza fisica come ad esempio la durezza, la resistenza alla rottura, la velocità, l’indice di rifrazione, etc. di una sostanza non è uguale in tutte le direzioni dello spazio. Questo effetto dà origine a due componenti nella luce diffusa: una parte incoerente e depolarizzata (dovuta all’anisotropia) e una parte coerente (dovuta alla parte isotropa della polarizzabilità molecolare). Quest’ultima, ovvero la componente coerente, è la componente principale della radiazione diffusa.
- L’effetto della rotazione molecolare, comporta la suddivisione della componente anisotropa, ovvero la parte incoerente e depolarizzata, in due ulteriori componenti spostate una verso il rosso e l’altra verso il blu (rispettivamente righe Stokes e righe anti-Stokes della banda rotazionale Raman). Si mantiene, però, una parte centrale non spostata in lunghezza d’onda, la riga di Cabannes.
- L’effetto delle fluttuazioni termiche e meccaniche, il quale si manifesta nella struttura fine della riga centrale, osservabile aumentando la risoluzione della frequenza.
Detto questo, per capire bene dobbiamo tenere a mente che i meccanismi della diffusione della luce nei liquidi sono più complicati di quelli che si manifestano, per esempio, nei gas diluiti e questo rende più semplice spiegare perché il cielo è blu invece che spiegare il colore del mare.
Una delle complicazioni è dovuta al fatto che l’acqua, pur essendo un mezzo isotropo se considerato su scala macroscopica, è composto da molecole otticamente anisotrope che, interagendo tra loro, possono orientarsi dando origine ad aggregati temporanei: è ciò che accade nelle fluttuazioni di anisotropia, un tipo particolare di diffusione che non si verifica nei gas diluiti, in quanto le molecole sono troppo distanziate per interagire in questo modo.
Quindi possono generarsi due tipi di fluttuazioni che influenzano in modo diverso il fenomeno di scattering: generando luce sia polarizzata che non polarizzata.
Lo studio di tutti questi effetti, che –ripeto- avvengono contemporaneamente, permettono di ottenere importanti informazioni necessarie agli oceanografi per il monitoraggio di parametri quali la velocità del suono, la temperatura e la salinità nell’oceano in funzione della profondità, oltre che a permetterci di vedere le diverse sfumature delle onde.
Pur avendo semplificato molto, già così l’argomento non è tra i più intuitivi. Come se non bastasse individuare e capire i fenomeni fisici che entrano in gioco, a complicare ancora un po’ la situazione ci si mette la percezione di chi guarda.
L’occhio
Come già accennato, oltre ai fenomeni fisici che si verificano per dare colore al mare, sarebbe tutto vano se non ci fosse uno strumento in grado di elaborare queste informazioni.
Lo strumento di cui parlo è l’occhio, l’organo sensoriale adibito alla vista. Infatti, l’occhio ha una struttura che permette alla luce di entrare e colpire particolari cellule poste perpendicolarmente alla retina: queste cellule sono i coni e bastoncelli, fotorecettori, ovvero cellule nervose altamente specializzate che intercettano il segnale luminoso, traducendolo in segnale elettrico che, viaggiando lungo il nervo ottico, arriva all’area della corteccia cerebrale specializzata, che rielabora l’impulso generando l’immagine. Questo complicato viaggio di un fascio trasformato in immagine, avviene in tempi infinitesimali, brevissimi.
Fonte: wikipedia
Tra i due tipi cellulari, i coni sono posti nell’area centrale della retina, chiamata fovea, e sono anche le cellule che permettono la funzione fotopica, la visione dei colori. La capacità dell’uomo di interpretare i colori è definita “visione tricromatica” ed è dovuta proprio alla presenza di questi tre sottotipi cellulari che distinguono il verde, il rosso e il blu. La percezione delle diverse lunghezze d’onda è dovuta alla presenza di particolari pigmenti, le opsine, che sono appunto sensibili a differenti lunghezze d’onda.
I bastoncelli, al contrario, sono adibiti alla funzione scotopica, cioè alla visione notturna, grazie al pigmento rodopsina. Questa proteina è inattivata dalla luce, ma viene prontamente ricostituita al buio: per questo quando si passa velocemente da una condizione di forte luce a una di oscurità sono necessari alcuni secondi per riabituarsi, è il tempo necessario alla formazione della rodopsina. I bastoncelli sono concentrati nella zona periferica della retina e sono molto più numerosi e sensibili dei coni: si attivano con un solo fotone, al contrario dei coni che ne richiedono almeno 100.
Nonostante uno strumento così raffinato come l’occhio, il colore sembra essere solo una “sensazione” che si crea nel nostro cervello quando i nostri fotorecettori ricevono un input dalle onde elettromagnetiche di una data lunghezza d’onda. Infatti, siamo abituati ad attribuire un colore unico a ogni materiale a prescindere dalle condizioni di illuminazione contingenti, anche se siamo coscienti che il tipo di illuminazione influenza tantissimo la percezione che abbiamo dei colori.
Si parla quindi di “costanza percettiva”: fenomeno dovuto all’influenza che le nostre esperienze pregresse hanno sull’elaborazione dell’output da parte del cervello.
Il modo in cui siamo abituati a vedere il mondo è sia un evento fisiologico di ricezione e l’elaborazione di uno stimolo luminoso, che un fenomeno psicologico: l’immagine viene elaborata in base all’input visivo ma il nostro vissuto la “influenza”.
Per questo continueremo a dire che il mare è blu anche di fronte ad un tramonto di fuoco o ai riflessi argentei della luna.
Possiamo dire che sapere perché il mare ha proprio quel colore lo rende più bello?
Direi di no, è uno spettacolo che mozza il fiato in ogni caso.
REFERENZE:
“perché il mare è blu?”: una rivisitazione in chiave pedagogica!
Da sempre innamorata del mondo cellulare, microscopico ed invisibile, nel 2019 ho conseguito la laurea magistrale in Biotecnologie Mediche presso l’Università di Roma La Sapienza. Mi piace tutto ciò che posso osservare attraverso una lente, infatti sono affascinata dalla microscopia, dalla fotografia e, ultimamente, dall’astronomia. La sfida che sto affrontando al momento è lo studio della comunicazione della scienza, mondo a cui mi sono avvicinata da poco ma che coniuga la mia curiosità scientifica con la passione per la scrittura. Credo che il mondo abbia bisogno di bellezza ma, a volte, è nascosta dietro parole difficili o concetti troppo settoriali. Mi piace pensare di poter aiutare a renderla osservabile a tutti, nel mio piccolo.
Il mio motto è: “Sono disposta a credere a tutto, devi solo convincermi”.