Novembre 16, 2024

COLORI, REALTÀ E PERCEZIONE PITTORICA

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I colori sono ovunque. Come avviene la loro percezione da parte del cervello umano? Sintesi additiva o sintesi sottrattiva, ecco cosa cambia.

I colori sono ovunque si posi lo sguardo. Si può ragionevolmente affermare che la nostra vita sia scandita dai colori, siano essi quelli della natura o degli oggetti materiali di uso quotidiano.

“In natura, la luce crea il colore. Nella pittura, il colore crea la luce.” (Hans Hofmann)

Il colore altro non è che la percezione visiva generata dai segnali nervosi che i fotorecettori della retina mandano al cervello quando assorbono radiazioni elettromagnetiche di determinate lunghezze d’onda e intensità. Il nostro sistema occhio-cervello organizza le componenti luminose di ogni colore percepito a coppie di tinte opposte (giallo-blu, rosso-azzurro verdastro, porpora-verde). Questa opposizione dipende da un fatto prettamente fisiologico: colori opposti danno risposte opposte da parte di specifici recettori dell’occhio.

Sintesi additiva dei colori

Di Magica – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=88173076

Quando due colori di tinte opposte si sommano come luci si parla di sintesi additiva. Il colore finale che si ottiene è dato dal più intenso dei due reso meno saturo, quindi sbiancato, dalla presenza dell’altro. L’occhio umano ha recettori sensibili soprattutto a tre colori: rosso verde e blu (RGB). La diversa stimolazione di questi tre recettori produce nell’occhio la visione dei diversi colori. Una stimolazione simultanea dei tre recettori mediante tre luci pure (rosso, verde e blu) dà luce bianca.

Sintesi sottrattiva dei colori

Ben diversa è invece la percezione del colore in pittura.  In questo caso si ha a che fare con un tipo di sintesi, detta sintesi sottrattiva, che è data dalla mescolanza di stimoli di colore che giungono modificati all’occhio. Il colore che si ottiene da una sintesi di questo tipo è determinato da cause fisiche e non biologiche come accade invece nel caso della mescolanza additiva. La sintesi sottrattiva riguarda la miscela di colori intesi come pigmenti. I colori sono dei filtri che non consentono la riflessione degli altri colori, infatti, quando si mescolano i pigmenti, ognuno di essi può assorbire delle componenti di luce riflesse dall’altro, dando come risultato un colore più scuro del più luminoso dei due di partenza. Calcolando il prodotto degli spettri di riflessione dei due pigmenti coinvolti è possibile stabilire il colore finale che si otterrà dal mescolamento.

Di Magica – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=89543254

I colori secondari della sintesi additiva diventano i colori primari della sintesi sottrattiva. In questo caso sono il ciano, il magenta, il giallo (C, M, Y). Dalla mescolanza dei primari sottrattivi si ottengono i colori secondari R, G, B (rosso verde e blu) e dalla somma di tutti e tre si ottiene il nero. Nella sintesi sottrattiva, il nero è il risultato della sottrazione totale delle radiazioni colorate riflesse dai pigmenti.

In pittura, quando si parla quindi di pigmenti, vengono considerati di solito primari i colori giallo, rosso e blu. Questi sono colori elementari e ciò significa che non si possono ottenere mescolando altri pigmenti tra di loro. Le coppie di complementari in sintesi sottrattiva non sono le stesse che troviamo nell’addizione di luci. In pittura sono generalmente dette complementari le aree blu-arancione, rosso-verde, giallo-viola. Se mescolati tra di loro, i complementari si desaturano e si può ottenere il grigio. L’accostamento di due colori dalle tinte opposte è utilizzato per illuminare.

Quando si accostano due colori qualsiasi, ognuno dei due appare come se fosse addizionato con il colore opposto a quello affiancato. Il fenomeno è detto contrasto simultaneo ed è dovuto al fatto che l’occhio opera sempre un meccanismo di differenziazione tra due colori accostati. Di conseguenza quando due colori affiancati son già opposti, il risultato che si ottiene è che ognuno dei due risulta più saturo e quindi cromaticamente puro.

“Una mattina, siccome uno di noi era senza nero, si servì del blu: era nato l’impressionismo.” (Pierre-Auguste Renoir)

I colori e l’impressionismo

L’Impressionismo è stato il primo movimento artistico che ha cercato di riportare in pittura le scoperte relative al meccanismo della visione umana e al procedimento ottico di percezione della luce e dei colori. L’idea fondamentale è che l’occhio umano percepisce inizialmente la luce e i colori e solo in un secondo momento, grazie alla capacità di elaborazione celebrale, distingue le forme e lo spazio in cui sono collocate.

Il rinnovamento della tecnica pittorica, iniziato da Èduard Manet, parte dalla scelta di rappresentare solo la realtà sensibile. Gli artisti impressionisti sono consapevoli del fatto che, più colori si mischiano e si sovrappongono, meno sarà la luce riflessa dal quadro. Il loro intento è proprio quello di rendere minima la perdita di luce riflessa in modo da conferire alla tela la stessa luminosità che si ottiene dalla percezione diretta della realtà. Per questo utilizzano solo colori puri e non diluiti, accostano i complementari, colorano le ombre e non usano mai né il nero né il bianco puro. Nero e bianco sono infatti da abolire, ma questa non era per nulla una novità.

Nella pittura ad olio è fondamentale il bianco, ma solo per schiarire altri colori oppure per segnare riflessi di luce molto brillanti. Ciò che nei quadri appare bianco è in genere un colore molto chiaro, in modo da ottenere bianchi caldi o bianchi freddi. Il bianco viene influenzato dalla luce degli oggetti vicini. Il nero in pittura esiste, ne sono un esempio il nero di vite, nero di lampada e nero avorio, ma non è stato mai utilizzato perché considerato opaco. Come sostituto del colore nero, i pittori hanno da sempre impiegato il bistro, detto anche “nero pittorico”, che si ottiene mescolando due colori tra loro complementari. Anche in questo caso ciò serve a poter realizzare dei “neri caldi” o dei “neri freddi”.

Monet e la Regata ad Argenteuil

“Impressionismo” è il nome che è stato dato ad una certa forma di osservazione quando Monet, non contento di usare gli occhi per vedere le cose o il loro aspetto come tutti gli altri avevano fatto prima di lui, ha posto la sua attenzione su ciò che accadeva nella sua retina, così come un oculista avrebbe esaminato la propria vista.” (Jhon Singer Sargent)

Di Claude Monet – The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH. ISBN: 3936122202., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=155872

L’uso del bianco come colore influenzato dagli altri e l’accostamento di pigmenti complementari è ben evidente nell’opera di Monet Regata ad Argenteuil. L’artista elimina i neri dalla tavolozza e utilizzando passaggi di tono e movimenti lineari, restituisce una visione chiara, immediata ed estremamente luminosa della realtà. La composizione è molto semplice e insiste su linee orizzontali. La profondità e il primo piano risultano ravvicinati, quasi a costituire un’unica spazialità. Nell’acqua vengono trasferiti i riflessi rossi dei tetti, i verdi degli alberi e i bianchi delle vele delle barche.

Monet non utilizza il bianco puro, ma questo risulta giallino a causa della luce solare che rende le vele simili a triangoli di luce. La superficie dell’acqua, punteggiata dalle pennellate di colore quasi materico, risulta brillante e movimentata in confronto al cielo fermo. Le brevi pennellate rendono i contorni delle immagini riflesse quasi incerti, dando così l’impressione di immediatezza visiva. I colori non sono più illuminanti, ma diventano essi stessi fattori illuminanti.

Fu probabilmente proprio nell’estate del 1872 che Monet trasformò la sua barca in studio galleggiante e navigando da una parte all’altra del fiume studiò da vicino le piccole imbarcazioni e i loro riflessi sull’acqua, realizzando concretamente la sua vocazione di pittore “en plein air”.

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