Come l’Europa sta cambiando il modo di fare ricerca
5 min readDalla sua fondazione ad oggi l’Unione Europea ha rappresentato una svolta storica per il nostro paese. L’unificazione e l’omogeneizzazione delle ricerca europea rappresentano un importante obbiettivo per tornare a guidare, come Europa, l’innovazione globale.
La ricerca pubblica in Italia e i fondi europei
Non è una novità che la ricerca pubblica italiana sia in difficoltà. Siamo tra gli ultimi paesi OCSE per investimenti in ricerca. In Italia viene speso l’1,47% del PIL in ricerca, ben al disotto della media europea, 2,54%. Allo stesso modo anche il numero di ricercatori nel settore di ricerca e sviluppo (R&S) è inferiore della media europea. In Italia il 45% degli operatori nel settore R&S sono ricercatori contro il 63,4% dell’Europa. Eppure, rimaniamo tra i primi paesi per produzione scientifica a livello globale occupando una quota pari al 3,9%, superiore anche a quella della Francia 3,7% (1).
L’UE sta fornendo finanziamenti considerevoli alla ricerca, programmi come Horizon Europe (2) (95,5 miliardi da destinare alla ricerca e all’innovazione) possono rappresentare per l’Italia occasioni decisive. È importante sottolineare come l’Europa stimoli fortemente la collaborazione tra enti e istituzioni di ricerca, ma allo stesso tempo crei una forte competizione per l’accesso a questi finanziamenti. Il sistema di ricerca in Italia, ad esempio, non possiede una capacità organizzativa e di organico sufficiente per competere efficacemente per questi fondi. Portando come esempio i finanziamenti dell’Horizon 2020, l’Italia ha ricevuto per ogni euro investito un ritorno di soli sessantanove centesimi. I finanziamenti sbloccati sono stati inferiori rispetto a quelli che sono stati investiti per promuovere il progetto Horizon.
Sperimentazioni Cliniche Italia e Europa
La ricerca cambia da paese a paese, ecco perché la creazione di direttive e linee guida europee aiutano a omogeneizzare e appianare le differenze nel campo della ricerca nei paesi EU, stimolando una competizione più equa. In teoria, questo dovrebbe aiutare i ricercatori di ogni paese ad avere le stesse possibilità di ottenere un finanziamento europee. Questo, come detto in precedenza, non succede. La difficoltà della ricerca in Italia, non è legata solamente alla mancanza di fondi, ma anche da leggi stringenti.
A livello europeo, la regolamentazione è definita dal Regolamento (UE) 536/2014, che mira a semplificare e armonizzare le procedure per le sperimentazioni cliniche nei paesi membri dell’Unione Europea. Questo regolamento stabilisce un quadro normativo unificato per le autorizzazioni, i monitoraggi e la comunicazione dei risultati delle sperimentazioni cliniche. In Italia, la regolamentazione sulle sperimentazioni cliniche è principalmente governata dalla legge n. 3 del 2018, che ha recepito il Regolamento europeo ma ha anche aggiunto alcune specifiche nazionali e procedure aggiuntive, che rendono più complesso l’approvazione degli studi clinici e pre-clinici (di conseguenza rallentano la ricerca). Soprattutto in materia di sperimentazione animale, il ricercatore italiano si trova ad affrontare molti più divieti rispetto al collega europeo. L’utilizzo di animali nella ricerca, nei maggiori paesi europei evidenzia quanto divieti e burocrazia rallentino la ricerca italiana. Nonostante tutti i paesi UE partano dalla stessa direttiva, nel 2020 sono stati utilizzati in Germania oltre un milione e mezzo di animali in Italia meno di mezzo milione. L’utilizzo di animali in ricerca è obbligatorio per l’autorizzazione di farmaci sia dall’EMA che dall’FDA. L’obbiettivo della ricerca non è certo quello di utilizzare un alto numero di animali, anzi, da anni si cercano metodi alternativi che forniscano risultati predittivi sufficienti, ma è un segnale delle qualità e quantità di produzione scientifica prodotta nell’ambito medico-clinico.
EMA e AIFA
L’Europa non sta cercando solo di uniformare la ricerca, ma ha creato agenzie che promuovano scelte comunitarie nel mondo dei farmaci. L’approvazione per la commercializzazione dei farmaci in Italia avviene, infatti, tramite due agenzie governative: l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) e l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Entrambe sono fondamentali per garantire che i farmaci rispettino alti standard di qualità e di sicurezza. Inoltre, verificano che i farmaci abbiano superato tutte le fasi di sperimentazione e rappresentino un miglioramento nella cura al paziente.
L’EMA è responsabile della valutazione dei farmaci a livello europeo e l’approvazione determina la possibilità di commercializzare in tutti i paesi membri dell’UE. L’AIFA si occupa di attuare le decisioni dell’EMA e di dare l’approvazione finale per i farmaci per il mercato italiano. In sostanza l’AIFA può decidere, considerando le esigenze della popolazione italiane, se permettere la diffusione di un farmaco sul territorio italiano, non potendo, però, approvare farmaci rifiutati dall’EMA. Ovviamente esiste una forte collaborazione tra AIFA e EMA. Le decisioni e i comitati scientifici dell’EMA coinvolgono sempre l’AIFA, come agenzia rappresentate di uno stato membro. Allo stesso modo, l’AIFA si occupa di vigilare su possibili reazioni avverse rare di farmaci in commercio, gestendo le segnalazioni e valutando azioni correttive coinvolgendo l’EMA.
L’EMA, fondata nel 1995, in conclusione rappresenta un potente ed efficacie strumento per velocizzare e snellire l’approvazione e la commercializzazione dei farmaci in Europa. Rappresentando 27 paesi, l’EMA facilita le negoziazioni con le case farmaceutiche rendendo la medicina più accessibile ed economica.
Diritto Brevettuale in Europa
Infine, un altro passo importante compiuto dall’Europa nell’ambito della ricerca è stato il cambiamento del diritto brevettuale per i paesi EU. Con numerose direttive e regolamenti dell’Unione Europea si sta armonizzando il diritto brevettuale tra i paesi membri. Tra le più rilevanti ci sono la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 luglio 1998 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, che ha avuto un impatto significativo sulle leggi brevettuali degli Stati membri, compresa l’Italia.
L’introduzione del Sistema Unitario di Brevetti dell’Unione Europea (noto anche come brevetto europeo unitario) è stata disciplinata dal Regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2012. Questo regolamento istituisce il brevetto europeo unitario e la Giurisdizione Unificata dei Brevetti (UPC). Consentendo, in sostanza, di depositare un brevetto unico per tutta l’Europa, senza dover depositare un brevetto per ogni nazione in cui si cerca copertura brevettuale.
L’armonizzazione delle norme sulla protezione dei brevetti è stata in parte raggiunta attraverso la Direttiva 2004/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Questa direttiva stabilisce norme minime per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale in tutta l’UE, compresi i brevetti, e promuove la cooperazione tra gli Stati membri nell’applicazione delle leggi sulla proprietà intellettuale.
Conclusioni
Questi sono alcuni dei cambiamenti che l’Europa sta creando nel panorama della ricerca comunitaria e nazionale. L’Europa, per poter continuare a svolgere un ruolo di leadership nella ricerca, deve spingere verso un miglioramento dell’efficienza e della collaborazione. Le elezioni di questo giugno potranno rappresentare la conferma o la smentita della strada che fino ad ora si è decisa di intraprendere.
Per saperne di più:
- https://www.anvur.it/
- https://horizoneurope.apre.it/
Sono laureato magistrale in biotecnologie mediche e molecolari, ora lavoro come commerciale e consulente nell’ambito sanitario. Da un anno svolgo conferenze in ambito microbiologico per eventi locali dedicati all’educazione permanente. Trovo nella divulgazione il mezzo più adatto per promuovere un dialogo significativo che porti allo sviluppo di maggior consapevolezza e di cooperazione tra scienza e società.