Come preparare un buon caffè
5 min readUna tazzina di caffè è in grado di destarci dal torpore più profondo, inebriandoci con la sua fragranza avvolgente. Ma evoca inoltre un’etimologia dibattuta e fascinosa, una storia millenaria ricca di aneddoti esotici e delle interazioni chimiche ancora lontane dall’essere pienamente decifrate. Cerchiamo di indagare passo dopo passo tutti questi aspetti così interessanti, per poi concludere con una serie di trucchi per preparare il caffè perfetto.
Etimologia del caffè
L’ipotesi più accreditata sull’etimologia del termine italiano “caffè” è che derivi dalla parola araba “qahwah”, la quale, curiosamente, denotava in origine un tipo di vino. Gli studiosi non sono tutt’oggi concordi unanimemente sul suo significato, esistendo una molteplicità di interpretazioni. Una etimologia proposta dalla lessicografia riallaccia il termine al verbo “qahā” (in arabo: قها, “mancanza di fame”) in riferimento alla virtù anoressizzante della bevanda. Tuttavia “qahwah” è ampiamente documentato come una traccia alternativa del “quwwa” arabo (“potenza, energia”, con evidente allusione all’effetto energizzante della bevanda) o di Kaffa, il reame medioevale etiopico da dove l’arbusto è stato esportato fino in Arabia.
Inoltre, è interessante notare come la moka, la prestigiosa e rinomata caffettiera italiana ideata dall’italiano Alfonso Bialetti, debba il suo nome ad una città dello Yemen (Mokha, appunto) che fu dal XV al XVII secolo il maggior mercato del caffè a livello mondiale.
Storia e leggende del caffè
Come si è accennato, pare che la pianta del caffè sia originaria dall’Etiopia, e pertanto è ragionevole che gli antenati del gruppo etnico degli Oromo furono i primi ad aver riconosciuto le doti rivitalizzanti della pianta di caffè che cresceva spontanea nei loro territori.
Tralasciando le tappe storiche poco entusiasmanti, nonché frammentariamente documentate, l’origine del caffè è avvolta da un alone di mistero alimentato da una nutrita tradizione di leggende esotiche.
Un racconto etiope narra che il mistico del Sufismo berbero Abu l-Hasan al-Shadhili, osservando una vitalità insolita in alcuni volatili, provò ad assaggiare le bacche che gli uccelli stavano mangiando, sperimentandone la stessa energia.
Altri attribuiscono la scoperta del caffè ad un discepolo della Shadhiliyya di nome Omar. Secondo l’antica cronaca questi, che era conosciuto per la sua capacità di curare i malati con la sola forza della preghiera, fu esiliato da Mokha in una grotta deserta nei pressi di Ousab. Provò a masticare le bacche raccolte da alcuni arbusti situati lì vicino, ma le trovò amare. Allora si mise a tritarle nel tentativo di migliorarne il sapore, ma così divennero dure. Poi provò a bollirle per ammorbidirle, il che produsse un liquido fragrante bruno. Dopo averlo bevuto Omar fu capace di rimanere senza cibo per dei giorni interi.
Un altro racconto riguarda un cavaliere etiopico del IX secolo, Kaldi. Notando gli effetti energizzanti che subiva il suo gregge dopo aver brucato le bacche di un color rosso brillante di un certo cespuglio, si mise egli stesso a masticarle; l’euforia che ne derivò lo spinse a portare le bacche ad un monaco in un vicino monastero. Questi però non approvò il loro uso e le gettò nel fuoco. Poco dopo, tuttavia, ne fuoriuscì un intenso profumo, che fece accorrere altri monaci incuriositi. Le bacche arrostite furono rapidamente tratte fuori dalle braci, polverizzate e sciolte in acqua calda: la prima tazzina di caffè al mondo era stata creata.
Chimica del caffè
Gli effetti stimolanti del caffè sono da imputarsi alla presenza di una molecola, la 1,3,7-trimetilxantina, diffusamente nota come caffeina (o teina, equivalentemente).
La molecola della caffeina è strutturalmente simile all’adenina, una base azotata il cui accumulo nell’arco della giornata costituisce una delle cause della sensazione di sonnolenza, ed è pertanto in grado di legarsi ai suoi recettori sulle membrane cellulari. Si verifica dunque un meccanismo di inibizione competitiva; la caffeina influisce con un processo di regolazione dei nervi mediante scarica del potenziale post sinaptico.
Come risultato, crescono sensibilmente i livelli di adrenalina e noradrenalina, a causa delle quali si verifica una iperstimolazione del sistema nervoso simpatico con aumento del battito cardiaco e dell’afflusso di sangue ai muscoli, una diminuzione dell’afflusso di sangue alla pelle e agli organi interni e il rilascio di glucosio del fegato. In secondo luogo, poiché la caffeina è anche un inibitore della fosfodiesterasi che converte il cAMP (secondo messaggero per l’azione dell’adrenalina) nella sua forma aciclica AMP, prolunga l’effetto di queste sostanze.
Generalmente si ritiene che tali azioni della caffeina facilitino la trasmissione di dopamina (neurotrasmettitore responsabile del sentimento di motivazione) e del glutammato (legato alla prestazione della memoria), nonostante tali meccanismi non siano stati ancora pienamente decifrati. La caffeina è metabolizzata nel fegato dal sistema enzimatico citocromo P450 ossidasi, dove viene convertita in tre dimetilxantine, che concorrono a potenziare ulteriormente l’effetto della caffeina, prima del loro smaltimento definitivo che porta al cessare degli effetti.
I segreti per la tazzina perfetta
Per concludere, la ragione per la quale siete qui: una lista di semplici accorgimenti per coccolarvi o sorprendere i vostri invitati con la tazzina di caffè perfetta.
- Preferibilmente acquista il caffè in chicchi: scegliere il caffè in grani permette di preservare inalterate, fino al momento della macinatura, tutte le caratteristiche organolettiche della miscela appena tostata.
- Il vero rito della preparazione del caffè con la moka prescrive che i chicchi siano accuratamente macinati poco prima di mettere la polvere nel filtro. Ne guadagnerà l’odore e il sapore. Uno spunto per i più certosini: c’è differenza anche tra la macinatura fatta col macinino elettrico e quella a manovella.
- Poiché il caffè ha la capacità di assorbire gli odori e l’umidità, devi tenerlo in un contenitore chiuso ermeticamente, lontano da altri alimenti e in un luogo fresco e asciutto.
- Scegli acqua minerale in bottiglia, più pura e quindi meno dura. Deve essere a temperatura ambiente: non è vero che un’acqua più calda arriva prima ad ebollizione. Inoltre, usane il giusto quantitativo: non superare la valvola nella parte superiore della caldaia.
- Riempi il filtro con la giusta dose di miscela: né troppa, né troppo poca. Versane un cucchiaino alla volta finché non si crea una sorta di montagnetta di caffè.
- Se si vuole fare il caffè cremoso anche con la moka, basta mettere un cucchiaino di zucchero in una tazza, aggiungere le prime gocce di caffè appena sgorgate nel bricco e girare il tutto fino a creare una vera cremina consistente. In alternativa si può mettere dello zucchero direttamente nel bricco, in modo che la cremina si formi man mano che il caffè viene fuori.
- “Perché il caffè con la moka non fa la schiuma come quella del bar?”. Per fare il caffè cremoso è indispensabile che l’attraversamento dell’acqua nel caffè macinato avvenga a una pressione di almeno 9 atmosfere (cosa possibile solo per le macchinette espresso del bar o anche una macchina espresso per casa di buona qualità), mentre la moka di casa arriva a malapena a 1,1 atmosfere. Per questo, se vuoi un caffè schiumoso, devi usare sempre il vecchio trucco dello zucchero.
Ho conseguito la maturità classica nel 2015, la laurea di primo livello in Ingegneria Chimica presso il Politecnico di Milano nel 2019 e la laurea magistrale nel 2021 in Chemical Product Engineering con particolare enfasi per i bioprocessi industriali e le tecnologie di formulazione farmaceutica e cosmetica. Traggo la mia linfa vitale da interessi poliedrici, tra cui la filosofia e l’antropologia, e da una inclinazione naturale alla speculazione teorica al servizio di risvolti concreti nella quotidianità.
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