Cowrie shells: la straordinaria storia di una conchiglia dalle mille vite
9 min readIntroduzione
Dall’Asia all’Oceano Indiano, passando per il continente Africano, fino all’Europa e alle Americhe, le cowrie shells hanno creato nel corso dei secoli reti di scambio mondiali, percorrendo innumerevoli traiettorie storiche e culturali e subendo un continuo processo di ibridazione e attribuzione di significati.
Già in tempi antichissimi, era diffuso il loro utilizzo in contesti rituali e ornamentali. In Cina, diversi siti archeologici risalenti all’era Neolitica hanno rivelato infatti la presenza di queste conchiglie ed è accertato il loro impiego in ambito religioso e funerario durante il regno della Dinastia Shang (XVII-XI secolo a.C.) e della Dinastia degli Zhou Occidentali (XI secolo a.C.-222 d.C.). Inoltre, presumibilmente proprio in Cina, anche Marco Polo (1254-1324) conobbe questi esemplari, ma si riferiva ad essi con il termine porcellane, equiparandoli per la loro forma a piccoli suini, chiamati con il termine latino porcae. Curiosamente, dunque, la ceramica omonima ha acquisito il suo nome dalla somiglianza con questi lucidi molluschi e non viceversa.
Tuttavia, la storia delle cowrie shells cambia radicalmente oltre un migliaio di anni fa nelle calde acque delle Maldive, particolarmente adatte alla proliferazione di questi organismi. Da qui, essi divengono una valuta globale, raggiungendo il Bengala e l’Africa Occidentale ed entrando, dal XVI secolo, nella rete degli scambi commerciali mondiali fino a giungere nel Nuovo Mondo.
Anche se oggi la sua importanza internazionale è fortemente ridimensionata, rimane comunque estremamente affascinante ripercorrere le tappe dello straordinario viaggio di questo formidabile mollusco che ha contribuito alla definizione del Mondo Moderno.
Incontrare le cowrie shells
Il termine cowrie shells deriva dal termine in lingua Hindi e Urdu kauri di origine sanscrita e fa riferimento ad un gruppo di molluschi gasteropodi della famiglia delle Cypraeidae. Questo nome rimanda a Cipro, l’isola che secondo la mitologia greca avrebbe dato i natali proprio ad Afrodite, dea dell’amore e della prosperità: per secoli, infatti, queste conchiglie rappresentarono la fecondità o il momento del parto e vennero impiegate come amuleti contro la sterilità e il malocchio, ma anche come pezzi da gioco e solo successivamente come moneta. In particolare, tra le centinaia di specie esistenti attribuibili alla famiglia Cypraeidae, due sono divenute storicamente rilevanti a causa del loro ruolo commerciale: la Monetaria Annulus e la Monetaria moneta. Queste specie sono diffuse nell’Oceano Indo-Pacifico tra le coste dell’Africa Orientale e l’Australia Settentrionale, anche se possono raggiungere rispettivamente le Isole Cook e il Canale di Panama (fig. 1). Le M. annulus sono dette anche cipree ad anello per il caratteristico cerchio dorato sul dorso, il quale ha solitamente forma ovoidale o a cupola e presenta un colore grigiastro o violaceo. Le M. moneta, o money cowries, invece, sono bianche o color crema e hanno forma triangolare. Entrambe sono dentellate, misurano all’incirca da 1.27 a 3.80 cm e presentano una conchiglia dalla conformazione a tartaruga o globulare (fig. 2). La loro superfice risulta liscia e lucida a causa dello smalto prodotto dall’animale che le abita e sembra che questa caratteristica abbia contribuito alla loro diffusione come moneta, aumentandone l’attrattività: la M. annulus era diffusa in quanto valuta specialmente nell’Africa Orientale mentre la M. Moneta veniva utilizzata per scambi commerciali già intorno al IX secolo d.C. nelle Isole Maldive.
Figura 1. Diffusione a livello globale delle specie di cowrie shells M. moneta e M. annulus
Dalle Maldive alla diffusione globale: cowrie shells e reti commerciali fino al XVI secolo d.C.
Le prime fonti riguardo la diffusione delle cowrie shells nelle Maldive giungono a noi da autori arabi e persiani vissuti tra il IX e il XII secolo d.C.. Il commerciante persiano Sulayman al-Tajir (IX sec. d.C.) scrisse per la prima volta di un monopolio del Sultanato delle Maldive su queste conchiglie, mentre al-Idrisi (c. 1100-1166) indicò queste isole come produttrici e commercianti di kauri.
Questi elementi vennero confermati successivamente anche dal navigatore Francese François Pyrard de Laval (c. 1578 – c. 1623), che, naufrago alle Maldive, menzionò il monopolio reale ma anche le tasse pagate in conchiglie dai cittadini che non potevano indossarle senza il permesso del sovrano. Pyrard de Laval scrisse anche che le cowrie shells venivano raccolte due volte al mese, tre giorni prima e tre giorni dopo la luna nuova, dalle donne degli atolli meridionali delle Maldive: dei rami di cocco venivano lasciati galleggiare in acque poco profonde e dopo alcuni mesi venivano recuperati con numerosi molluschi attaccati. Questi venivano poi presi e lasciati asciugare sotto la sabbia al sole ancora vivi per poter garantire la lucentezza del guscio.
Nel XIX secolo, come riporta il funzionario britannico H.C.P. Bell (1851-1937) questo metodo divenne obsoleto e venne sostituito dalla raccolta diretta: uomini e donne si immergevano in acqua fino alla vita per trovare i kauri e una singola persona era in grado di radunarne fino a 12000 al giorno. Questa era anche l’unità di misura, una kotta, in cui erano suddivise e inviate le conchiglie nel golfo del Bengala dove venivano scambiate con stoffe, sale e riso.
Anche se diversi studi sono ancora in corso, sembra che sempre dalle Maldive, passando attraverso il Mar Rosso, il Golfo Persico e i porti del Mediterraneo, le cowrie shells siano giunte fino in Africa Occidentale, in particolare in Mali e nell’Impero Songhay dove venivano utilizzate come moneta. Tuttavia, fu a partire dal XVI secolo, con l’ingresso degli Europei nel mercato mondiale, che il flusso di M. moneta nel continente africano divenne inarrestabile.
Figura 2. Cowrie shells: a sinistra un esemplare di M. moneta e a destra uno di M. annulus
La più moderna delle valute: le cowrie shells tra il XVI e il XIX secolo d.C.
Nel 1498, Vasco da Gama (c. 1469-1524) arrivò a Calicut e si rese subito conto dell’importanza delle cowrie shells nei mercati indiani, dove venivano usate sciolte e in concorrenza con monete metalliche. I Portoghesi cominciarono ad acquistarle direttamente dalle Maldive e, tra il 1515 e il 1518, trasferirono in Africa Occidentale più di 500 quintali di kauri. Tuttavia, nel secolo successivo, la potenza lusitana cominciò a declinare e gli Olandesi e gli Inglesi entrarono sulla scena globale.
Attraverso le rispettive compagnie di bandiera, la Vereenigde Oost-Indische Compagnie (1602) e la British East India Company (1600), Olandesi e Inglesi permisero l’ingresso delle cowrie shells in un fenomeno tristemente moderno: la tratta atlantica degli schiavi. Gli Olandesi acquistavano le conchiglie in Bengala o direttamente dalle Maldive e successivamente le conservavano nei loro magazzini ad Amsterdam, dove venivano sottoposte ad un processo di selezione (garbling) per essere pulite e poi vendute ai commercianti africani secondo le loro preferenze. Gli Inglesi invece fallirono nello stabilire un contatto diretto con le Maldive e si rifornivano di kauri in Bengala o a Balasore. Le conchiglie acquistate venivano inviate negli uffici della loro compagnia a Londra, Bristol, Liverpool e Glasgow. Molte di esse venivano vendute poi all’asta insieme a spezie, legni tropicali, zucchero, tè e avorio: la maggior parte era però destinata al mercato degli schiavi in Africa Occidentale dove le cowrie shells, in quanto valuta di scambio, erano utilizzate perforate in stringhe da 40 pezzi. Tra il 1700 e il 1790, Olandesi e Inglesi inviarono nel continente africano più di 10 miliardi di conchiglie, sancendo definitivamente il loro ruolo fondamentale nel panorama commerciale dell’epoca.
La diffusione delle cowrie shells fu tale da raggiungere anche il cosiddetto Nuovo Mondo. Per molto tempo, la loro presenza nelle Americhe è stata ricondotta all’utilizzo sporadico che ne facevano gli schiavi provenienti dall’Africa Occidentale a scopo ornamentale. Recentemente, è stato dimostrato però che queste conchiglie arrivarono negli attuali Stati Uniti in modo sistematico dal continente africano tra il XVII e il XIX secolo. Risulta plausibile che venissero utilizzate come zavorra nelle imbarcazioni europee ma è anche possibile che le cowrie shells rifiutate dai mercanti africani venissero vendute in Nordamerica dalle compagnie inglesi e francesi. Ciò spiegherebbe la presenza di kauri perforati nelle Grandi Pianure e nell’Upper Midwest, dove queste conchiglie venivano utilizzate per scopi rituali dai nativi Ojibwa e Menomini che erano molto attivi nel commercio delle pellicce. Inoltre, altri esemplari sono stati rinvenuti in siti funerari nella costa est degli Stati Uniti e in South Dakota dove abitavano i nativi Arikara.
Conclusioni
In seguito alla bancarotta della Compagnia Olandese e dopo la fine della tratta atlantica, la diffusione delle cowrie shells in ambito commerciale declinò rapidamente e venne soppiantata dalla popolarità dell’olio di palma. Tra il 1851 e il 1869, nonostante il successo delle M. annulus anche in Africa Occidentale, alcune compagnie francesi e tedesche trasportarono sconsideratamente 16 miliardi di conchiglie nella zona, causando un livello di inflazione e svalutazione tale da sancire la fine dei kauri come valuta globale.
Nonostante il loro declino in quanto moneta, questi piccoli molluschi popolano ancora l’immaginario collettivo. Il loro passato si può ancora intravedere su alcune monete metalliche ghanesi che rappresentano proprio questa conchiglia e capita di incontrarle oggi nel mondo della moda e dell’artigianato. È difficile immaginare quante strade hanno ancora da percorrere questi straordinari esemplari ma possiamo intravedere, nelle sfumature del loro lucido guscio, le innumerevoli storie di cui sono state protagoniste.
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Immagini:
Figura 1: Hogendorn & Johnson, The Shell Money of The Slave Trade, 8.
Figura 2: Christie and Haour, Cowries in the archaeology of West Africa: the present picture, 289.
Dopo la maturità classica nel 2017, ho svolto il mio percorso accademico presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna dove mi sono laureata nel 2020 in Antropologia, Religioni, Civiltà Orientali e nel 2022 in Scienze Storiche e Orientalistiche-curriculum Global Cultures. Ricercatrice in formazione, credo fortemente nel ruolo della cultura in quanto mezzo imprescindibile per lo sviluppo del pensiero critico e spero di poter dare il mio contributo al mondo della divulgazione promuovendo un approccio interdisciplinare per la conoscenza del mondo in cui viviamo.