Dicembre 20, 2024

La distopia può anticipare il futuro?

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Può la finzione letteraria anticipare la società del futuro? Lo scopriamo attraverso tre classici della distopia novecentesca

Attraverso gli anni, alcune circostanze presenti nella finzione letteraria del genere distopico hanno, sotto certi aspetti, previsto il futuro, diventando così parte della nostra realtà attuale.

Se ne sente parlare spesso, ma che significa precisamente “distopia”?  Per definizione, con il termine “distopia” si intende una società, spesso ambientata nel futuro, caratterizzata da governi tirannici, disumanizzazione ed oppressione. Come è facilmente intuibile, il termine va in opposizione ad “utopia”, coniato nel 1516 da Sir Thomas Moore il quale, nel suo omonimo libro di ispirazione platonica, immaginava la società ideale, dove ineguaglianze, repressioni e crimine sarebbero assenti.

Quando ci si rese conto, tuttavia, che una simile efficienza socio-economica sarebbe stata difficile, se non impossibile, da raggiungere, la letteratura iniziò a vergere verso universi carichi di disagio sociale, politico ed economico. Ma a quale scopo? Molti autori distopici si sono serviti di questo genere per criticare, implicitamente, i problemi sociali della loro contemporaneità; altri, invece, si sono dedicati alla creazione di scenari basati su ipotesi future. Per questo motivo, la distopia letteraria ha vissuto un vero e proprio sviluppo nel Novecento, secolo di totalitarismi e drammatici cambiamenti sociali.

Tra gli svariati romanzi distopici che hanno caratterizzato la letteratura del Novecento, ve n’è senza dubbio uno che ha saputo tramutarsi nel simbolo dell’intero genere: 1984 dello scrittore inglese George Orwell. Pubblicato nell’immediato dopoguerra del 1948, il romanzo è ambientato in una società dove dominano restrizioni sociali e sorveglianza di massa. Nell’universo creato da Orwell, il popolo viene costantemente sorvegliato per mezzo di un “Grande Fratello”, probabilmente una pura invenzione del governo stesso, attraverso i canali audiovisivi sparsi per la città o all’interno delle abitazioni.

Con lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, questa sorta di incubo per la privacy è diventato realtà, specialmente quando nel 2013 scoppiò il caso Edward Snowden, ex dipendente della CIA, il quale rivelò il piano di sorveglianza di massa attuato dalla National Security Agency statunitense, la quale tracciava segretamente telefonate, email e ricerche web dei cittadini americani.

Un’altra pietra miliare della distopia classica è Il Mondo Nuovo (Brave New World) di Aldous Huxley, pubblicato nel 1932, il quale descrive una società alquanto diversa rispetto a quella orwelliana. Ciò che caratterizza l’ipotetico futuro di quest’opera è un diffuso ed apparente benessere sociale, dove dilagano consumismo esagerato, utilizzo legale di droghe e farmaci calmanti e relazioni basate solo sull’attrazione sessuale, con un totale azzeramento dei sentimenti. Bisogna tristemente ammettere quanto questi scenari siano ormai familiari a noi uomini moderni, confusi in un mondo lontano da valori e spiritualità.

Tuttavia, Il Mondo Nuovo ha previsto, tra le tante cose, anche l’eugenetica. Nel romanzo, infatti, le persone subiscono un processo di modificazione genetica prima della nascita, allo scopo di creare una comunità di membri “perfetti”, privi di malattie congenite. Questo è diventato realtà nel 2018, quando un gruppo di scienziati dell’Università di Shenzen, in Cina, modificarono i geni di un embrione in modo da renderlo immune all’HIV. Il caso scatenò uno scandalo nella comunità scientifica a causa delle implicazioni morali che ne stanno alla base. La modificazione genetica porterebbe alla nascita di bambini privi di malattie, ma allo stesso tempo comporterebbe forti discriminazioni nei confronti di coloro attualmente malati, ritenuti “indegni” di vivere in una società talmente perfetta..

Il terzo emblematico romanzo, pubblicato nel 1953, è Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, il cui titolo si riferisce alla temperatura a cui la carta dei libri prende fuoco (sebbene sia in realtà un numero indicativo, che varia a seconda dello spessore del foglio). Nella società immaginata dallo scrittore americano, infatti, la legge vieta di leggere e possedere libri, i quali vengono di conseguenza bruciati dai funzionari governativi.

Ciò nonostante, oltre alla censura della cultura, Bradbury ha in un certo modo previsto l’isolamento sociale, dato che nel romanzo le persone prestano maggiore attenzione agli schermi attorno a sé rispetto alla vita reale. Ed è ciò che sta accadendo al giorno d’oggi, con una popolazione mondiale sempre più distaccata dalla realtà a causa dell’uso spasmodico di smartphone e altri strumenti tecnologici. Uno studio recente condotto dall’American Journal of Preventive Medicine sostiene che gli utenti dei social media sarebbero doppiamente propensi all’isolamento sociale.

Possiamo dunque affermare che la distopia non sia un semplice genere letterario, atto solo all’intrattenimento, ma che sia anche una sorta di strumento profetico che gli autori del passato ci hanno donato per conoscere e possibilmente cambiare il futuro analizzando i loro scenari ipotetici. Se la Storia ci istruisce sugli errori del passato, la distopia ci può insegnare come evitare o convivere con quelli presenti e futuri. Nonostante il pessimismo alla sua base e l’inquietudine che può suscitare, la distopia possiede un potere nascosto che può aiutare le persone a sviluppare uno sguardo critico nei confronti della realtà circostante.

Per approfondire:

https://expressiveegg.org/2017/01/03/four-kinds-dystopia/

https://stacker.com/stories/3434/1984-and-19-other-dystopian-novels-predicted-future

https://www.youtube.com/watch?v=EidKI1Bdons&ab_channel=Vox

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