Eppur si espande! Alla scoperta della struttura dell’Universo
5 min readL’Universo è un luogo che spesso sfida la nostra immaginazione; immenso, meravigliosamente incantevole e ricolmo di segreti affascinanti tutti da svelare. Solo la nostra galassia, nient’altro che un irrisorio puntino nella vastità cosmica, risulta agli occhi degli esseri umani un sistema totalmente fuori misura, così grande che un raggio di luce, l’elemento più veloce del nostro universo, impiegherebbe centomila anni per attraversarlo una singola volta. Eppure, di galassie nell’universo osservabile ne conosciamo un numero enorme, all’incirca 200 miliardi; ma molte di più si nascondono dove ancora i nostri telescopi non sono stati in grado di osservare.
È davvero incredibile come l’umanità, dalla superficie di questo piccolo granello blu che è la Terra, sia stata in grado di compiere passi incredibili nella comprensione della natura intorno a noi. L’intelligenza, l’intuito e l’intraprendenza che caratterizzano la nostra specie, uniti al conseguente progresso tecnologico nell’ultimo secolo, ci hanno permesso di indagare il funzionamento del cosmo attraverso distanze sconfinate, superando le barriere fisiche imposte dall’Universo stesso.
Ormai fin dalle scuole elementari ci viene raccontata la storia del Big Bang; l’universo sembra essere stato generato a seguito di un incredibile rilascio di energia da una singolarità iniziale, un “punto” origine caratterizzato da un valore infinito di tutte le grandezze fisiche. Qualcosa che ad oggi non sappiamo bene né definire né descrivere ma che, in qualche modo, tutti hanno sentito nominare. Da questo stato primordiale, un brodo di altissima densità a temperature quasi inconcepibili, l’Universo avrebbe continuato ad espandersi, raffreddandosi e permettendo al suo contenuto di organizzarsi nelle strutture che oggi possiamo osservare.
Detto così sembrerebbe quasi una favola, un racconto fantasioso e privo di “evidenze” dirette, visto che nessuno di noi ha avuto la possibilità di essere presente al momento del Big Bang per analizzarlo (a meno che non conosciate qualcuna/o che abbia festeggiato il tredicimiliardieottocentomilionesimo compleanno, in tal caso presentatemela/o!). Quando nel 1927 il fisico matematico Georges Lemaitre per primo suggerì che le leggi della fisica di un universo in espansione, tracciate all’indietro nel tempo, potessero ricondurre il tutto ad un singolo punto originale, molti la considerarono una teoria troppo assurda rispetto all’idea estremamente più “tranquilla” di un cosmo immobile, stazionario.
Anche il famoso Albert Einstein, colui che sviluppò la teoria della Relatività Generale alla base dei modelli cosmologici, inizialmente era convinto che l’universo non potesse espandersi. Lo stesso termine “Big Bang” è stato coniato in senso dispregiativo dal fisico Fred Hoyle, sostenitore della teoria del cosmo stazionario, durante una trasmissione radiofonica della BBC nel 1949.
Eppure, “osservare” con i nostri occhi l’espansione dell’Universo potrebbe essere molto più semplice di quanto si immagini. Con un buon telescopio ed uno spettroscopio, cioè uno strumento in grado di disperdere la luce nei suoi vari colori, potremmo ricostruire fai-da-te una delle relazioni più famose della scienza dell’ultimo secolo: la legge di Hubble.
Era il 1929 quando l’astronomo statunitense Edwin Hubble si trovava ad osservare la luce di galassie lontane dal telescopio Hooker, all’Osservatorio del Monte Wilson. Egli cercò di mettere in relazione due proprietà importanti degli oggetti che analizzava: la loro distanza e la velocità con cui essi si muovessero rispetto a noi. Capite bene che ottenere indicazioni precise di lunghezze e movimenti di galassie appena percettibili, lontane decine di milioni di anni luce, non sia proprio una passeggiata.
Tuttavia, esiste un effetto molto semplice e molto comune nella nostra quotidianità che può venirci in aiuto. Quando siamo fermi sul ciglio di una strada e vediamo sfrecciare un’automobile, avvertiamo il suono prodotto dal veicolo diventare più acuto (cioè l’onda sonora aumenta di frequenza, diventa più “fitta”) mentre si avvicina; di contro il suono diverrà sempre più grave (la frequenza diminuisce, l’onda diventa più larga) man mano che l’auto si allontana da noi. Tale fenomeno è noto come effetto Doppler; esso ci dice che un’onda si modifica in base alla velocità e alla direzione con cui l’oggetto che la emette si muove.
Analogamente al suono, lo stesso accade per un’onda luminosa; questa volta, un cambio nella frequenza di un’onda di luce corrisponde ad un cambio nel colore della luce stessa. In particolare, un oggetto brillante che si avvicina ci apparirà essere più blu del solito, mentre uno che si allontana tenderà a diventare rosso. Quello che Hubble notò osservando l’insieme dei colori della luce emessa dalle galassie, fu un costante spostamento verso il rosso (redshift in inglese). In altri termini, più guardava lontano, più le galassie apparivano allontanarsi e con velocità sempre più grandi; gli oggetti celesti esibivano un moto comune di recessione, proporzionale alla loro distanza. Questa scoperta sensazionale fu la prima conferma della teoria dell’espansione dell’Universo; essa venne poi rielaborata nel corso degli anni seguenti fino a diventare il fondamento dell’odierno Modello Cosmologico Standard, ciò che descrive quanto ne sappiamo fino ad ora del cosmo intorno a noi.
Ma cosa vuol dire nella pratica che le galassie si allontano? In che direzione? E verso cosa? Ciò che si sta dilatando, istante dopo istante, non sono i singoli oggetti nel cosmo, bensì la struttura stessa del nostro Universo; una trama fondamentale costituita dallo spazio e dal tempo, a cui i fisici con molta fantasia hanno attribuito il nome di “spaziotempo”. Per comprendere meglio questo concetto, proviamo a pensare al cosmo come ad un enorme lenzuolo ed al suo contenuto come a delle biglie in movimento all’interno del tessuto. Dire che l’Universo si espande equivale ad immaginare il lenzuolo alla base allargarsi omogeneamente, “trascinandosi” dietro tutto ciò che racchiude.
Sebbene ciò possa apparire astruso e decisamente complicato, gli effetti dell’espansione dell’Universo sono ben visibili nella formazione ed evoluzione di tutte le strutture nello spazio intorno a noi; essi influenzano la nostra storia cosmica ed il nostro futuro. Le tracce lasciate da questo processo ci hanno permesso di indagare a fondo il cielo; abbiamo aperto uno spiraglio verso qualcosa di molto profondo, un territorio ancora inesplorato. Gli studi cosmologici più recenti ci stanno forse indicando quale sia il meccanismo alla base dell’espansione e anche quale potrebbe essere il destino ultimo dell’Universo. Un segreto sconvolgente sembra celarsi nelle profondità del cosmo, un segreto che presto vi sveleremo… ma questo sarà per un’altra, avvincente storia.
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Sono ricercatore di Astrofisica e Cosmologia presso l’Università di Milano Bicocca. Da più di tre anni svolgo eventi di divulgazione in giro per l’Italia e non solo. Autore di tre libri divulgativi, collaboro tuttora con diverse associazioni, Università ed istituti di ricerca per la diffusione della conoscenza scientifica alla comunità. Nella mia visione, la scienza è una forma d’arte in grado di deliziare, intrattenere e divertire permettendoci in aggiunta di imparare qualcosa di nuovo e sorprendente.
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