Eurovision Song Contest: quando la musica unisce (e divide)
5 min readSi è da poco conclusa l’edizione 2024 dell’Eurovision Song Contest, un’edizione sicuramente controversa e che ha sancito la vittoria della Svizzera, rappresentata da Nemo con il brano “The Code”.
Ma quali sono le origini di questo festival musicale?
Origini e sviluppi nel corso degli anni
Dobbiamo tornare indietro nel tempo, e più precisamente negli anni ‘50, per sentir parlare per la prima volta dell’Eurovision Song Contest (sebbene il suo primo nome sia stato Festival Europeo della Canzone).
Si era appena conclusa la seconda guerra mondiale, e serviva un modo per unificare i diversi Paesi. Fu così che il drammaturgo italiano Sergio Puglisi propose di istituire una gara canora sulla base del Festival di Sanremo. La sua proposta piacque all’allora direttore dell’Unione Europea di Radiodiffusione (oggi conosciuta con l’acronimo EBU), e nel 1956 in Svizzera si tenne la prima edizione del Contest. Questa prima edizione fu caratterizzata dalla partecipazione di soli 7 Paesi -Svizzera, Belgio, Francia, Germania Ovest, Lussemburgo, Paesi Bassi- con due canzoni ciascuno. La vittoria andò ai padroni di casa, con il brano Refrain della cantante Lys Assia.
Per le edizioni a venire, si decise che il Festival si sarebbe tenuto a turno nei vari Paesi europei. Per questo motivo, l’edizione del 1957 si tenne a Francoforte (che all’epoca era nella Germania Ovest) e il numero dei partecipanti si alzò gradualmente. Infatti, alla seconda edizione presero parte 10 Paesi: si aggiunsero Austria, Danimarca e Regno Unito. Di conseguenza ognuno di essi avrebbe potuto portare solo 1 brano a testa. Vinsero i Paesi Bassi, e fu in questa edizione che entrò in vigore una regola valida ancora oggi: i brani avrebbero dovuto avere una durata massima di tre minuti.
Successivamente, vi fu una leggera modifica del regolamento: fu infatti deciso che ad ospitare la manifestazione sarebbe stato il Paese vincitore. Così, le due edizioni successive si tennero rispettivamente nei Paesi Bassi e in Francia. Inoltre, tra il 1958 e il 1959 esordirono all’interno della competizione la Svezia e il Principato di Monaco.
Anni ’60, ’70, ’80 e ’90
Risale agli anni ‘60 la prima vittoria dell’Italia grazie a Gigliola Cinquetti: l’Eurovision arriva quindi per la prima volta in Italia. Viene scelta come sede l’Auditorium Rai di Napoli.
In questo periodo abbiamo inoltre l’ingresso di ulteriori Paesi: Norvegia, Finlandia, Spagna, l’allora Jugoslavia, Portogallo e Irlanda. Ma non solo: il Festival arrivò per la prima volta in alcuni Paesi dell’est Europa tra cui l’Unione Sovietica. Nel 1969 ci fu, incredibilmente, la vittoria a parimerito di 4 partecipanti: Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi e Francia. Ciò generò non poco malcontento, a cui si aggiunsero polemiche di stampo politico.
Negli anni ‘70 sbarcarono all’Eurovision Grecia e Malta. Molte nazioni, invece, decisero di non partecipare. Vanno ricordati due avvenimenti importanti: la prima vittoria della Svezia grazie agli ABBA con “Waterloo” e l’entrata in vigore di un metodo utilizzato anche adesso, ossia il sistema di votazione che prevede che ogni Stato partecipante assegni punti alle 10 canzoni che ha preferito.
Anche gli anni ‘80 furono caratterizzati da continui ritiri e rientri nella competizione, e saltano alla memoria due eventi in particolari accaduti in queste edizioni: la Svizzera vince di nuovo dopo il 1956 con Céline Dion e viene inserita una nuova regola, che impone l’età minima di 16 anni per i partecipanti. Ciò avvenne a causa della cantante Sandra Kim, vincitrice nel 1986. Solo in seguito alla sua vittoria si scoprì che la ragazza aveva mentito sulla sua età, dichiarando di avere 15 anni (ne aveva invece 13).
Gli anni ‘90 furono ricchi di avvenimenti: innanzitutto, l’Italia vinse nuovamente con una canzone di Toto Cutugno; ci furono poi nuovi ingressi come conseguenza anche del disfacimento della repubblica di Jugoslavia. Entrano quindi Croazia, Bosnia ed Ezergovina e Slovenia (1993), ma anche Estonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia, Ungheria (1994) e infine Macedonia del Nord (1998).
Anni 2000, 2010 e 2020
Facendo un salto in avanti nel tempo, dagli anni 2000 continuano ritiri, ingressi di nuove nazioni e nazioni che, dopo anni, ritornano come partecipanti. A tal proposito troviamo il ritorno dell’Italia nel 2011 dopo un lungo periodo di assenza, e l’ingresso nel 2015 dell’Australia, che partecipa come nazione ospite (in caso di vittoria, proprio per questa ragione, non possono organizzare la manifestazione nel continente). Sempre nello stesso anno si fa risalire la vittoria, per la prima volta, di una drag queen: a trionfare fu, attirando non poche polemiche, la rappresentante dell’Austria, Conchita Wurst.
Un anno rilevante è stato il 2020, unico anno in cui l’Eurovision Song Contest non si è tenuto a causa della pandemia da COVID-19. Non bisogna dimenticare il 2021, quando l’Italia ritorna vincitrice per la terza volta grazie ai Maneskin. Inoltre, la cantante svedese Loreen, già trionfatrice dell’edizione del 2012, vince anche l’edizione del 2023, entrando nella storia come la prima donna a vincere due volte la competizione. Da sottolineare inoltre l’esclusione della Russia dall’inizio del conflitto che la vede coinvolta contro l’Ucraina.
Alcuni cenni al regolamento
Come vengono scelti i brani che parteciperanno alla gara? Di norma, la selezione spetta alle emittenti televisive dei singoli Stati, i quali poi scelgono la modalità di tale selezione: essa può essere interna, attraverso un festival musicale (come nel caso di Italia e San Marino; chi vince il Festival di Sanremo, infatti, può scegliere se rappresentare il proprio paese entrando di diritto direttamente in finale) o un misto delle due modalità. Dal 2005 in poi è prevista una semifinale con tutti i Paesi non inseriti nella lista dei Big, che serve per completare la rosa dei 26 partecipanti.
Le canzoni, oltre a dover durare obbligatoriamente tre minuti, non prevedono in alcun modo l’uso dell’autotune e non devono essere intrise di argomenti “scomodi”, offensivi o pubblicitari (in tal caso, il cantante per partecipare deve cambiare il testo).
Quello che una volta era nato come un festival per unire le nazioni sembra essere ora sempre più divisivo, con l’edizione del 2024 che sarà ricordata per essere una delle edizioni con più tensioni sia dietro le quinte che sul palco.
L’augurio per le edizioni future è che si ritorni alle origini: un festival che unisce l’Europa, e non solo, sulla base della musica.
Sono Sara, studentessa di lingue e culture per il commercio internazionale presso l’Università di Verona. Amo scoprire nuove culture e tradizioni attraverso il viaggio, grazie al quale mi sono appassionata alle lingue straniere, ed in particolar modo all’inglese e allo spagnolo. Tra le mie passioni figurano la danza e il canto, due discipline che mi accompagnano sin da piccola e attraverso le quali riesco ad esprimere me stessa, così come la lettura di libri, trascorrere il tempo ascoltando musica e guardare film e serie TV. Uso inoltre la scrittura (creativa e non) come valvola di sfogo per fuggire dalla realtà quando mi ci sento intrappolata. Se mi chiedessero cosa è per me la comunicazione al giorno d’oggi potrei tranquillamente dire che è uno dei vettori su cui si basa la società moderna, ed è perciò di fondamentale importanza veicolarla correttamente