Germani: dalle rune alla mitologia
6 min readPer coloro che non temono il gelo e le scarse ore di luce, le cristalline atmosfere dei territori scandinavi sanno suscitare un fascino magico, che risale a diversi secoli fa. In questi luoghi, infatti, ebbe inizio la storia dei popoli germanici, i cui lasciti sono ancora visibili nelle terre, nelle lingue e nelle tradizioni del nord e centro Europa. A partire dalle loro prime origini nel III millennio a.C., i Germani hanno dedicato la propria esistenza all’agricoltura, all’artigianato ma soprattutto all’espansione nelle terre di buona parte d’Europa, arrivando perfino in America e Nord Africa.
Per tale motivo, le influenze linguistiche di questi popoli sono ancora presenti negli antichi luoghi di espansione gotica, di cui oggi fanno parte le attuali lingue della famiglia germanica: tedesco, inglese, lingue scandinave (norvegese, svedese, islandese, danese), frisone (parlato in frisia nei paesi bassi), nederlandese (olandese + fiammingo) e infine l’afrikaans (parlato in Sudafrica in seguito all’importazione nederlandese dei boeri).
Ma com’è possibile stabilire che così tante lingue, apparentemente diverse tra loro, appartengano alla stessa famiglia linguistica? Più si risale nel tempo e più la somiglianza tra le lingue di un gruppo tende ad aumentare, fino a giungere ad un’ipotetica “fase zero”, ovvero il Protogermanico, o Germanico comune, nel caso nelle lingue in questione.
A causa dell’assenza di testi e documenti scritti in germanico, questa è una lingua non attestata, ovvero subisce una ricostruzione per mezzo della comparazione tra le singole lingue “figlie”. Le lingue slave subiscono la stessa sorte, mentre la questione cambia nel caso delle lingue romanze (italiano, spagnolo, francese ecc.) la cui lingua madre è certa ed ampiamente documentata: il latino.
Tuttavia, risalendo ulteriormente nel tempo, si è notato come la famiglia germanica, latina e slava facciano parte dello stesso gruppo: le lingue indo-europee. Questo grande gruppo linguistico comprendeva un vastissimo insieme di lingue che andava dall’Europa Occidentale fino all’India Settentrionale, quindi si può affermare che l’indo-europeo sia la lingua “nonna” del germanico, del latino e dello slavo.
Le rune
Ma tornando ai germani, l’aspetto più affascinante del loro linguaggio è senza dubbio il mondo delle rune. Prima dell’arrivo dei romani e, di conseguenza, dell’adozione dell’alfabeto latino da parte dei germani, l’unico alfabeto utilizzato da questi popoli era quello runico. I simboli runici vennero usati a partire dal II-III secolo d.C. e avevano un valore epigrafico, ovvero venivano incisi su pietra, oggetti o legno per brevi iscrizioni; a tutt’oggi si possono notare su vari ritrovamenti archeologici dell’epoca come monete, armi, monumenti o gioielli.
La parola inglese to write (scrivere) deriverebbe infatti dalla parola anglosassone wrītan, ovvero “incidere”, così come to read (leggere) deriverebbe dall’anglosassone rǣdan, “interpretare” riferito proprio alle rune. L’alfabeto runico viene anche chiamato futhark, dall’unione delle prime sei rune che lo compongono, di cui ognuna può corrispondere a concetti astratti/divini o, al contrario, legati alla quotidianità dei Germani:
- Fehu: indica abbondanza di bestiame, dunque ricchezza, successo e una vita ricca di fortuna e soddisfazione. All’ epoca, infatti, il bestiame veniva utilizzato come moneta di scambio;
- Ur: simboleggia l’energia dentro ad ogni persona, dunque la volontà di combattere contro le avversità dell’esistenza. Significa, inoltre, buona salute, coraggio e fiducia in sé stessi;
- Thurs: rappresenta il potere del martello di Thor, il dio del tuono, e simboleggia, dunque, la difesa contro i nemici;
- Ass: la runa del suono della lingua il che significa comunicazione, intelligenza, onestà e l’incontro con l’altro;
- Reid: è la runa dei viaggi, sia quelli fisici che quelli spirituali alla ricerca di sé e dei propri valori, nonché l’eventuale ritorno sulla retta via e sull’ordine generale di tutte le cose;
- Ken: simboleggia la luce rivelatrice di tutto ciò che è nascosto dall’oscurità. Indica la necessità propria di molti uomini di esprimersi attraverso l’arte e la creatività ottenuti, secondo i Germani, per mezzo dell’ispirazione e della rivelazione.
È chiaro, quindi, quanto le rune non fossero semplicemente dei simboli alfabetici, bensì la rappresentazione di interi concetti, come se ogni singola runa racchiudesse al proprio interno un piccolo universo composto, al contempo, da semplicità quotidiana e spiritualità.
Il termine stesso runa significherebbe mistero o incantesimo e la presenza della componente magica è una costante di questi popoli. Con il passare del tempo e con lo sviluppo della società germanica, le rune trovarono uso, oltre ai rituali magici, anche negli epigrafi di carattere pubblico e di valore storico.
Un esempio è la celebre Pietra di Jelling, risalente al X secolo d.C. e ritrovata nello Jutland, l’attuale Danimarca, la quale riporta l’atto del re Harald Blåtand, letteralmente Aroldo Dente Azzurro. Questo sovrano divenne celebre per le sue doti diplomatiche nell’unire politicamente e religiosamente il regno di Danimarca.
Nel 1997, i creatori della connessione Bluetooth vollero rendere omaggio alle gesta unificatrici di questo antico sovrano sia nel nome (Blåtand corrisponderebbe, appunto, all’inglese “Bluetooth”) sia nell’emblematico logo, il quale rappresenta proprio l’unione delle due rune simbolo delle iniziali di Harald Blåtand!
Le divinità
Parlando delle prime sei rune del futhark è stato menzionato Thor, divinità norrena resa celebre dall’universo fumettistico e cinematografico della Marvel a partire dagli anni ’60. Ma com’era davvero la religione dei popoli germani? Le prime testimonianze ci giungono da Tacito che nel suo Germania (De origine et situ Germanorum) del 98 d.C. analizza, tra i tanti aspetti della cultura germanica, anche la loro mitologia. Diverse divinità nordiche corrisponderebbero, secondo Tacito, a quelle della religione romana di cui la divinità maggiore sarebbe Odino, l’equivalente di Mercurio.
È risaputo che il nome dei giorni della settimana provenga dai nomi di alcune divinità romane, e lo stesso criterio vale anche per quelle norrene. Mercoledì, ad esempio, viene da latino mercurii dies (“giorno di Mercurio”) così come l’inglese Wednesday deriva dall’anglosassone Wōdnesdæg e il norvegese Onsdag deriva dal norreno óðinsdagr (entrambi traduzione di “giorno di Odino”).
Odino è il dio della conoscenza, ottenuta, secondo la leggenda, in cambio di un occhio; è il dio della poesia, della preveggenza e conosce tutti i segreti delle rune. È inoltre colui che accoglie le anime dei morti nel Valhalla, l’equivalente nordico del paradiso, immaginato come un eterno campo di battaglia dove le anime continuano a scontrarsi. Strana concezione di paradiso!
I poeti come Snorri Sturluson pongono Odino al vertice del pantheon norreno ma in area scandinava il dio più venerato da ogni fascia di popolazione sembrava essere Thor. Secondo Tacito corrisponderebbe a Giove (anche in questo caso vale il metodo del giorno della settimana, basti pensare all’inglese Thursday).
Thor è, proprio come Giove, la divinità associata alla tempesta, nonché protettore dell’umanità dai demoni e dai giganti. Il suo simbolo è il celebre martello, il Mjöllnir, arma magica che una volta scagliata ritornerebbe sempre al proprio padrone.
Le altre figure essenziali della mitologia nordica sono Tyr, il dio dell’assemblea giuridica e politica dei Germani ed equivalente di Marte; Njörðr il dio del mare, Freyr il dio della fertilità, Freya la dea dell’amore equiparata a Venere.
Nonostante sia molto antica, la cultura nordica continua ancora oggi ad esercitare un fascino magico. Amore per la spiritualità e per l’istinto guerriero si fondono in una mitologia ammaliante, trovando un equilibrio perfetto tra poesia e battaglia, magia e ponderazione. E le incisioni runiche, con quei tratti spigolosi e decisi, infondono da secoli un’aura di mistero capace di trasportaci tra le limpide e rarefatte atmosfere scandinave.
Sono laureata in Lingue e Letterature Straniere a Venezia, città da cui ho imparato l’attenzione ai dettagli nascosti dell’esistenza, nonché l’elogio della lentezza (come direbbe Kundera). Ho sempre visto la letteratura, l’arte, la musica e il cinema come i cardini fondamentali della mia vita, le cui correnti mi hanno reso la persona che sono oggi.