Ottobre 18, 2024

HEARTLAND DI MACKINDER E RIMLAND DI SPYKMAN: DUE VISIONI GEOPOLITICHE DEL NOVECENTO A CONFRONTO

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Il britannico Halford John Mackinder (1861-1947) e l’americano John Nicholas Spykman (1893-1943) sono gli autori di due importanti teorie geopolitiche del XX secolo: Heartland e Rimland. Due visioni del mondo che hanno condizionato le politiche estere delle potenze globali del Novecento e che forse, ancora oggi, si riverberano sulle dinamiche di confronto e di equilibrio del continente eurasiatico.

Halford John Mackinder, teorico dell’Heartland eurasiatico, nacque a Gainsborough nella regione inglese delle Midlands Orientali nella contea del Lincolnshire il 15 febbraio del 1861. Geografo, politologo, diplomatico, ma anche esploratore e alpinista, nonché esperto di biologia, legge e storia, Sir Halford è considerato uno dei padri della geopolitica. La teoria che ancora oggi ci fa ricordare e apprezzare la sua opera di accreditato studioso è esplicitata in una dissertazione pubblicata tra le pagine del The Geographical Journal nell’aprile del 1904 dal titolo: “The Geographical Pivot of Europe”. All’epoca Sir Halford era Direttore della London School of Economics and Political Science di Londra.

Con i termini Heartland e “perno geografico dell’Europa” Mackinder si riferiva al vasto territorio eurasiatico compreso tra le cornice dei ghiacci del nord della Russia e i cinque mari europei ed asiatici – Mediterraneo, Nero, Caspio, Persico e Rosso (per estensione anche sino al deserto del Sahara e all’immenso altopiano tibetano) – il cui controllo avrebbe garantito, a opinione del geo-politologo britannico, la possibilità di governare l’intero pianeta.

Sir Halford John Mackinder

All’interno dell’area eurasiatica dell’Heartland compresa tra i riferimenti poc’anzi citati, Sir Halford, ancora più finemente, individuava nelle steppe racchiuse tra Urali meridionali, Carpazi e bastione caucasico, il collo di bottiglia che vide originarsi e susseguirsi nel corso della storia dell’Europa centrale e occidentale, per circa un millennio dal V secolo d.C., i flussi dominatori delle popolazione barbariche dell’est: Unni, Avari, Magiari, Khazari e poi, partendo ancor più da est, Mongoli.

I barbarismi delle popolazioni nomadi provenienti da Oriente, abili a muoversi e a combattere a cavallo, assoggettarono per circa un millennio l’Occidente europeo agli effetti delle loro conquiste territoriali, raggiungendo il Mar Baltico, il Mediterraneo e il Mar Nero, e contribuirono a creare tra i popoli dominati un forte spirito aggregativo che, secondo Mackinder, fu catalizzatore dello sviluppo della civiltà cristiana dell’Europa Occidentale. Le alleanze tra Franchi e Goti, il compromesso del papato con Attila il capo degli Unni, sottoscritto da Papa Leone Magno nei pressi del Mincio nel 452 d.C., e la nascita di Venezia dalle rovine di Aquileia e Padova sono alcuni esempi del forte sentimento di affermazione della cultura dell’Occidente cristiano per reazione alle dominazioni provenienti dall’est europeo ed asiatico.

La visione di Halford J. Mackinder

Nel quadro di questa visione eurasiatico-centrica, tutto ciò che stava ai margini dell’Heartland era definito da Mackinder come inner or marignal crescent, formato dagli stati rivieraschi europei, mediorientali e asiatici, mentre gli spazi marittimi e terrestri ancora più periferici erano presentati come l’outer or insular crescent, caratterizzato dall’esistenza di cinque grandi “isole”: Gran Bretagna, Canada, Stati Uniti, Sud Africa e Giappone.

Si tratta, con tutta evidenza, di una visione coerente con i tempi di fine Ottocento, quando, con le esplorazioni dell’epoca colombiana, a decorrere dalla scoperta dell’America, tutto ciò che si poteva conoscere era divenuto evidente. In quel momento di passaggio tra le due epoche, la Gran Bretagna era il maggior player geopolitico e aveva raggiunto l’apice della sua espansione gravitando nell’intorno del perno geografico euroasiatico e perciò nelle periferie dell’Heartland di Mackinder. Riguardo a quest’ultimo punto basti pensare alle dominazioni britanniche in Medio Oriente, in India e negli odierni Afghanistan e Pakistan.

Il culmine di quell’affermazione egemonica era stato tuttavia raggiunto e il mondo si accingeva a cambiare. L’impero britannico iniziava a dissolversi.

Nicholas John Spykman

Ecco allora che a questo punto entra in gioco il nostro secondo personaggio: Nicholas John Spykman. Si tratta di un americano di origini europee, olandesi per la precisione, nato ad Amsterdam nel 1893, quindi all’incirca un terzo di secolo dopo Mackinder. Cresciuto negli Stati Uniti e divenuto direttore dell’Istituto di Studi Internazionali della Università di Yale, Spykman riconobbe la teoria euroasiatica del più anziano collega britannico, accettando la definizione di Heartland, ma ne spostò l’area nevralgica ai fini del controllo del pianeta alle fasce costiere europee ed asiatiche estese ai rispettivi mari di prossimità; un’area che Spykman definì, a integrazione e in parte in contrapposizione con la definizione di Mackinder, Rimland. Nacque l’affermazione, famosa quanto quella dell’autorevole predecessore: “Chi controlla il Rimland governa l’Eurasia; chi controlla l’Eurasia governa il mondo”. L’opera che meglio riassume e presenta il pensiero di Nicholas J. Spykman è un testo postumo pubblicato nel 1944 da Helen R. Nicholl intitolato “The Geography of the Peace“. Spykman morì prematuramente nel 1943 all’età di soli quarantanove anni.

Lo spostamento del baricentro globale geo-strategico paventato dalla teoria del Rimland anticipò la portata dei grandi sconvolgimenti del secolo breve: le due guerre mondiali e poi la guerra fredda. Gli Stati Uniti, definitivamente impossessatisi dell’emisfero occidentale – grazie all’affermazione della Dottrina Monroe (1823) e con l’apertura del Canale di Panama (1920) – assursero a potenza globale sostituendosi alla Gran Bretagna. Nacque dunque la visione di Spykman che nelle fasi prodromiche della seconda guerra mondiale, e quindi agli albori della nuova ascesa egemonica, voleva scuotere la politica estera americana orientata all’isolazionismo, incerta innanzi agli emergenti pericoli delle dittature europee e restia a spendere la vita di altri soldati americani in un secondo conflitto di portata planetaria.

Ben sappiamo come andarono le cose con l’aggressione tedesca alla Polonia, al Belgio, all’Olanda e alla Francia e come la politica americana mutò radicalmente dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor nel dicembre dei 1941. La dottrina di Spykman ricevette la conferma della sua attendibilità nei fatti accaduti ed ebbe così inizio la politica americana del contenimento europeo, divenuta, con la nascita della NATO, vera strategia difensiva dell’Alleanza per fronteggiare la minaccia sovietica.

Nell’attualità dei fatti, l’aggressione della Russia a danno dell’Ucraina, l’allargamento della coalizione occidentale verso l’est europeo e l’insorgenza geo-economica della Cina pongono ancora una volta al centro delle dinamiche di potere tra gli Stati lo spazio eurasiatico. Le visioni geopolitiche di Mackinder e Spykman, seppur datate, riacquistano attenzione e meritano di essere riscoperte e approfondite. Oggi, tuttavia, esistono fenomeni nuovi che espandono la portata geografica della politica a dimensioni ancora solo in parte sviscerate e comprese. Mi riferisco alla dimensione cognitiva, alla manipolazione delle informazioni, all’ambito spaziale e cibernetico, all’avvento di nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale, ai condizionamenti della finanza virtuale rispetto alle economie reali, all’apertura di nuove rotte marittime nei mari del nord euroasiatico per l’espansione commerciale dell’Oriente e al ruolo che l’Artico potrà giocare con le sue risorse nel futuro di breve e di medio termine.

Al di là dei pregiudizi sul valore della geopolitica, intesa come analisi del rapporto di potere tra gli Stati oppure come elaborazione strumentale ad appannaggio della politica estera delle nazioni più potenti (oggi si cerca di affermare come alternativa alla geografia politica una geografia dei diritti), mi piacerebbe sapere cose ne penserebbero Sir Halford John Mackinder e Nicholas John Spykman osservando il dramma che si consuma ormai da due anni nel cuore dell’Eurasia. Direbbero, forse, che avevano ragione loro?

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