I ciclopi esistevano davvero ed erano creature minuscole
3 min readCome tutte le civiltà sviluppatesi in epoche in cui non esisteva un metodo scientifico rigoroso, gli antichi greci erano soliti spiegare determinati fenomeni inventando e raccontando molti miti in merito. Una delle figure più rappresentative della mitologia greca è proprio quella dei ciclopi, i giganteschi esseri antropomorfi (e antropofagi) muniti di un solo occhio che vivevano in Sicilia e che assistevano il dio Efesto nella sua fucina. Oggi, grazie alle scoperte che sono state fatte, possiamo in un certo senso dire che i ciclopi fossero davvero esistiti, ma che non fossero esattamente quello che i greci pensavano. La spiegazione più plausibile dell’origine di questo mito viene da molti ritrovamenti di resti fossili sparsi in tutte le isole principali del Mediterraneo. Questi fossili appartenevano ad alcune specie molto antiche (e molto particolari) di elefanti, i quali avevano delle dimensioni molto ridotte. Provate ad immaginare un elefante alto non più di un metro e mezzo…ebbene fino a poche migliaia di anni fa, questi animali appartenenti al genere Palaeloxodon (il primordiale antenato degli attuali elefanti) popolavano le nostre isole.
Le dimensioni di questi animali sono da attribuire ad un fenomeno chiamato nanismo insulare, che porta alcune specie, nel corso della loro evoluzione, a ridurre progressivamente la loro mole in quanto non necessaria. Infatti le piccole isole, per diverse ragioni, non sono particolarmente adatte ad ospitare animali di dimensioni troppo elevate; uno dei tanti motivi è che, non essendoci grandi predatori, a loro volta le prede non hanno bisogno di diventare più grosse per tener loro testa. Il cranio di questi elefantini era esteticamente riconducibile a quello di un enorme teschio con un solo occhio in mezzo alla fronte. In realtà quel foro non era associato all’occhio di un gigante, ma alle narici di questi elefanti e alla loro proboscide.
È inoltre interessante sapere che il nanismo insulare ha interessato anche alcune specie di uomo; ad esempio in Indonesia (che guarda caso è costituita interamente da isole) sono stati scoperti i resti di alcuni nostri antenati come l’Homo Floresiensis, alto circa un metro. Addirittura in Sardegna e in Corsica sono stati ritrovati diversi resti appartenuti ad una specie di Mammut che ha subito lo stesso processo, il Mammut nano sardo. Tornando alla mitologia, la fama dei ciclopi è probabilmente da attribuire a Polifemo, il ciclope che diede filo da torcere a Odisseo e ai suoi compagni di viaggio. Nell’opera di Omero, quando Odisseo riuscì a scappare dalla grotta di Polifemo e ad allontanarsi dalla costa con le sue navi, il ciclope ormai accecato, tentò di affondare la nave scagliandogli contro degli enormi massi. In questo passaggio dell’Odissea, Omero spiega l’origine dell’attuale arcipelago che si trova nei pressi di Aci Trezza (il luogo dove vivevano Polifemo e i suoi fratelli), le Isole Ciclopi, o Faraglioni di Aci Trezza. Forse non è un caso che, nel dialetto catanese, per indicare una persona esteticamente brutta, la si paragoni agli “scogghi da Trizza” (gli scogli di Aci Trezza appunto).
Ma i collegamenti tra i ciclopi e la Sicilia non finiscono qui. Infatti i greci, per dare una spiegazione alle continue e costanti eruzioni dell’Etna, raccontavano che all’interno del vulcano, il dio fabbro Efesto avesse costruito la sua enorme fucina, dove veniva aiutato dai ciclopi durante il suo lavoro ininterrotto. Sembra quindi che per i greci, la lava dell’Etna fosse costituita da metallo fuso o dagli scarti del lavoro di Efesto e dei suoi assistenti, mentre oggi rappresenta semplicemente uno spettacolo della natura che lascia sempre a bocca aperta gli abitanti delle zone limitrofe al più grande vulcano d’Europa.
Laureato in psicologia cognitiva, sto tuttora portando avanti la mia formazione. Sono inoltre appassionato e attirato dall’arte (musicale e cinematografica in primis), dall’attualità e da tutto ciò che riguarda l’essere umano e il suo modo di interfacciarsi con se stesso e il mondo. Credo molto nel potere che la conoscenza può conferirci nel momento in cui smette di essere considerata qualcosa di fine a se stesso, ma viene anzi trasmessa in modo costruttivo tra le persone.