Il dinosauro come fa?
4 min readConosciamo tutti i versi che sono stati attribuiti ai dinosauri dal film “Jurassic park”, la pellicola è ormai diventata un classico e ha dato il via a una fortunata serie. Questa saga cinematografica ha senz’altro il merito di aver riportato l’attenzione del grande pubblico su questi incredibili animali di cui ci restano solo i fossili. Purtroppo oggi sappiamo che contiene diversi errori, dal punto di vista scientifico. L’assenza di piume è probabilmente il più noto. Una cosa su cui non può esserci errore è la riproduzione dei suoni attribuiti a questi animali, che sfortunatamente non hanno lasciato alcuna traccia. Gli sceneggiatori hanno perciò immaginato il ruggito del possente Tirannosauro o i versi striduli e acuti dei Velociraptor.
Gli scienziati però sono persone strane, sempre alla ricerca di risposte che potrebbero non trovare, e qualcuno si è chiesto se effettivamente questi versi corrispondano al vero. Ma come si capisce che verso fa una bestia estinta di cui non abbiamo registrazioni?
Ricostruire un dinosauro
La prima cosa da fare è cercare di ricostruire la struttura ossea del dinosauro che stiamo studiando. Il problema è che spessissimo i fossili sono frammentari, è difficile trovare scheletri quasi completi dello stesso animale. Si tratta quindi di risolvere una specie di puzzle senza avere tutti i pezzi e senza l’immagine sulla scatola. Una bella sfida! Di tanto in tanto succede che alcune ricostruzioni vengano completamente riviste perché trovando nuovi fossili si scopre di aver preso un abbaglio. Le ossa del cranio e i denti sono tra le parti anatomiche che si conservano con relativa facilità, se escludiamo ossa piccole come quelle dell’apparato uditivo. Questo succede perché sono ossa generalmente molto spesse e robuste e quindi più resistenti. Ciò che non si conserva quasi mai sono i tessuti molli, come pelle, muscoli e organi interni, che al massimo lasciano qualche impronta “stampata” sulla roccia.
Fortunatamente alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso abbiamo scoperto che gli uccelli discendono dai dinosauri, questo ci ha permesso di utilizzare l’anatomia comparata per mettere a confronto le strutture ossee dei dinosauri fossili con quelle degli uccelli estinti e viventi, individuando similitudini e differenze. Gli avanzamenti tecnologici hanno poi offerto nuove possibilità di studio, attraverso analisi ai raggi X e tomografie computerizzate. In tempi più recenti, la possibilità di creare modelli digitali tridimensionali ha permesso di effettuare prove e correzioni in modo molto più agevole rispetto a prima. Un pezzo alla volta, siamo riusciti a capire come ricostruire l’anatomia di un dinosauro.
I suoni lasciano impronte
Abbiamo pochi indizi su quali rumori potessero emettere i dinosauri non aviani, quando dominavano la Terra prima di estinguersi 66 milioni di anni fa. Gli straordinari resti fossilizzati scoperti dai paleontologi offrono prove della prestanza fisica di queste creature, ma non molto sul modo in cui interagivano e comunicavano. Il suono non si fossilizza, purtroppo. I dinosauri, tuttavia, erano probabilmente animali poco silenziosi.
Le tecniche di analisi più avanzate ci hanno permesso di ricostruire in parte anche il loro comportamento, perciò abbiamo iniziato a mettere insieme alcuni indizi sui suoni che potevano emettere questi animali. Ovviamente trovare la risposta non è affatto semplice. I dinosauri hanno dominato il mondo per circa 179 milioni di anni e si sono evoluti in specie estremamente diverse tra loro. Dal piccolo Compsognathus, al titanico Argentinosaurus, alcuni si spostavano su due zampe, altri su quattro, alcuni erano carnivori, altri erbivori. Con caratteristiche così diverse è logico pensare che anche i loro versi fossero molti variegati. A queste osservazioni aggiungiamo che alcuni dinosauri presentavano strane protuberanze ossee intorno al cranio. Si è arrivati a ipotizzare che queste strutture potessero funzionare come amplificatori o andare a distorcere i suoni emessi dall’animale.
Un suono dell’altro mondo
Nel 1995, i paleontologi del Museo di Storia Naturale e Scienze del New Mexico hanno riportato alla luce un cranio quasi completo di un Parasaurolophus dall’aspetto insolito. Utilizzando uno scanner per la tomografia computerizzata (TC), sono stati in grado di scattare 350 immagini della cresta, consentendo loro di vedere l’interno con un dettaglio senza precedenti. Hanno poi provato a ricostruire digitalmente l’organo e a immettere aria al suo interno. Il risultato è stato incredibile! Ne è risultato un verso fatto da grugniti vibranti e soffi simile a quello del Casuario, uno strano uccello australiano.
L’eventuale presenza di corde vocali andrebbe ovviamente a modificare la qualità e la varietà dei suoni emessi da un dinosauro, ma non siamo certi della loro esistenza, proprio perché i tessuti molli non si conservano. Questo ha fatto ipotizzare che solo i dinosauri dotati di creste e protuberanze potessero effettivamente emettere un verso, ma i moderni uccelli emettono una gran varietà di suoni anche senza esserne dotati, quindi è un’ipotesi tutta da dimostrare. Ancora una volta ci vengono in aiuto animali viventi, come i coccodrilli, i cui piccoli “pigolano”, mentre gli adulti sono in grado di emettere infrasuoni non udibili dall’orecchio umano. Insomma sono tutt’altro che muti.
Il dinosauro come fa?
Questa domanda non ha ancora trovato una risposta definitiva, ma gli indizi ci portano a pensare che ciascuna specie di dinosauro emettesse versi caratteristici. Ricordiamo che alcune specie si riunivano in branchi, perciò i suoni dovevano servire come mezzo di comunicazione. Conoscendo la loro discendenza però, potrebbe essere lecito pensare che almeno alcuni di loro…starnazzassero.
Per approfondire:
https://www.ohio.edu/research/communications/witmer
Laureata in Scienze Naturali, mi sto specializzando in Didattica e Comunicazione delle Scienze. Pratico e insegno Arti Marziali sino-vietnamite e lavoro come educatrice scientifica per bambini e ragazzi. Mi piacciono i libri di fiabe e leggende per gli insegnamenti che trasmettono e perché hanno il grande potere di stimolare la curiosità.