Il futuro è nelle nostre scelte
5 min readLa comparsa di malattie infettive riflette delicati equilibri dinamici. La comprensione delle variabili in questa elegante equazione è un passaggio fondamentale per controllare future, devastanti, emergenze.
Il SARS-CoV-2 combina la caratteristica di essere un virus che non abbiamo mai conosciuto e che non ha mai infettato gli uomini con una straordinaria efficienza di trasmissione da persona a persona e il suo relativamente alto livello di morbilità e mortalità (1).
Pandemie come quella di COVID-19, tuttavia, non sono interamente nuove: le malattie infettive ci tengono compagnia già da prima della rivoluzione neolitica quando, circa 12.000 anni fa, l’uomo cacciatore e raccoglitore iniziò ad addomesticare gli animali e coltivare (2). Questi principi di
domesticazione furono i primi passi del sistematico tentativo dell’uomo di manipolare la natura.
Agenti infettivi per l’uomo come retrovirus e herpesvirus, cercano disperatamente di farci sapere di essere in grado di coesistere coi nostri meccanismi genetici e cellulari per continuare la loro trasmissione. E noi continuiamo ad ignorarli. L’esempio più vicino a noi è proprio il SARS-CoV-2 che, emerso nel dicembre 2019, sta ancora danneggiandoci un anno dopo.
I microbi che causano malattie all’uomo, per definizione, hanno avuto inizio in qualche nicchia ambientale prima di emergere per infettare l’uomo e gli altri animali.
Mentre alcuni organismi sono stati patogeni dell’uomo a lungo termine che sono poi mutati in nuove forme, alcuni sono storicamente zoonotici: circa il 60% di tutte le malattie infettive (3).
Dannata plasticità genomica. E dannati virus.
Il pathway canonico prevede, infatti, l’interazione tra l’agente infettivo e l’ospite: un virus si replica con le cellule dell’ospite e poiché tendenzialmente infetta tramite specifici recettori sulle cellule dei
vari tessuti e dei vari organi, l’ospite deve esprimere tali recettori e altre proprietà sulle membrane delle cellule attraverso le quali il virus può iniziare il proprio ciclo.
Ciò che trascuriamo è che a mediare questa interazione è proprio l’ambiente in cui tutto ciò avviene. Le attività umane legate all’ambiente hanno importanti conseguenze per la comparsa di malattie infettive: come era facile prevedere, i virus e i vettori virali si adattano all’influenza dell’ambiente.
Per secoli le guerre hanno portato alla ricomparsa di molte malattie, come la pandemia di tifo in Serbia durante la Prima Guerra Mondiale che ha ucciso centocinquantamila persone, principalmente civili.
Alcuni studi effettuati in Cina riportano un’associazione tra fattori climatici e l’incidenza di malattie trasmesse da vettori come malaria e febbre dengue. In particolare, pare che il cambiamento climatico possa contribuire al cambiamento dei cicli vitali di zanzare e parassiti e, conseguentemente, favorire la replicazione di agenti virali. Le alte temperature possono velocizzare le frequenze di riproduzione dei parassiti, agevolare il tasso di riproduzione dei vettori e aumentare, con il contatto umano, l’incidenza di malaria e dengue (4).
L’inurbamento e il sovraffollamento hanno portato a infestazioni di roditori e alla comparsa di malattie infettive per le quali questi agivano da vettori, come la peste, il tifo murino e la febbre da morso di ratto (RBF) (5).
La trasmissibilità persona-persona è uno step necessario perché si diffonda l’epidemia dopo lo spillover e questo può avvenire tramite meccanismi basilari. È noto che questi meccanismi riflettono non solo attività sociali come sanità e sessualità ma anche i modi in cui le persone interagiscono con la natura come, banalmente, dieta e industria alimentare.
L’allevamento di pesci nelle acque intorno al mondo danneggia gli ecosistemi e la pesca eccessiva priva i residenti locali di risorse di cibo portando a povertà e fenomeni migratori, trascinandoci in un ciclo infinito di migrazione e sovrappopolazione.
I polli da allevamento ai quali alterazioni ormonali permettono una crescita più rapida potrebbero essere più suscettibili ad infezioni da Campylobacter, il più importante patogeno di origine alimentare. Il batterio può abilmente passare dall’intestino alla carne che consumiamo, aumentando enormemente il rischio di infezioni all’uomo. Stime recenti riportano che il 75% dei polli in vendita nell’Unione Europea sia infettato da Campylobacter e che anche l’1% della popolazione dell’UE lo sia ogni anno. Nei paesi maggiormente sviluppati, il numero di casi di campylobatteriosi è aumentato considerevolmente negli ultimi 20 anni e risulta difficile ignorare l’ipotesi che questa tendenza in aumento sia associata al maggior consumo e alla maggior richiesta di pollo (6)(7).
Le più importanti domande per le quali ancora cerchiamo risposte legate alla pandemia di COVID-19 sono relative ai potenziali evolutivi del SARS-CoV-2: si evolverà in modo da persistere permanentemente come patogeno dell’uomo? Se sì, si attenuerà nel tempo?
Non lo sappiamo.
Ciò che dovremmo imparare, invece, è che l’avanzamento della tecnologia non dev’essere il pretesto attraverso il quale ci concediamo la libertà di non cambiare le nostre abitudini. La scienza ci fornirà sicuramente nuovi mezzi di salvataggio come medicinali, vaccini e sistemi diagnostici più sofisticati
ma non abbiamo motivo di credere che basteranno a sconfiggere la sempre più frequente comparsa di nuove malattie infettive.
Tra i nostri propositi per il futuro dovremmo annoverare la minimizzazione di perturbazioni ambientali come deforestazioni e allevamenti intensivi. Tali obiettivi sono tanto importanti quanto
sradicare la povertà e migliorare sanità e condizioni igieniche.
Le malattie infettive potrebbero sorprenderci con maggior frequenza rispetto a quanto siamo attualmente abituati. Tutto ciò ci porta a sospettare che alcuni e probabilmente molti dei miglioramenti di vita acquisiti nei recenti anni sono avvenuti ad un costo alto che noi paghiamo e continueremo a pagare.
Poiché non possiamo tornare ai tempi antichi, possiamo almeno usare ciò che abbiamo imparato per canalizzare il futuro in una direzione più sicura?
Riferimenti consultabili:
- Morens, David M., and Anthony S. Fauci. “Emerging pandemic diseases: How we got to COVID19.” Cell (2020).
- Dobson, Andrew P., and E. Robin Carper. “Infectious diseases and human population history.”
Bioscience 46.2 (1996): 115-126. - Jones, Kate E., et al. “Global trends in emerging infectious diseases.” Nature 451.7181 (2008):
990-993. - Zhang, Ying, Peng Bi, and Janet E. Hiller. “Climate change and the transmission of vector-borne
diseases: a review.” Asia Pacific Journal of Public Health 20.1 (2008): 64-76. - Neiderud, Carl-Johan. “How urbanization affects the epidemiology of emerging infectious
diseases.” Infection ecology & epidemiology 5.1 (2015): 27060. - Ellis-Iversen, Johanne, et al. “Persistent environmental reservoirs on farms as risk factors for
Campylobacter in commercial poultry.” Epidemiology & Infection 140.5 (2012): 916-924. - Shreeve, J. E., et al. “Sequential spread of Campylobacter infection in a multipen broiler house.”
Avian diseases (2000): 983-988
Studio Medicina e Chirurgia. Mi affascina lo spettro della conoscenza nella sua interezza, con un occhio di riguardo per le scienze sociali e mediche. La divulgazione culturale rappresenta per me un mezzo necessario per il progresso e reputo responsabilità d’ognuno prenderne atto. La mente dell’universo è sociale e noi, scrisse Marco Aurelio, siamo al mondo per darci aiuto reciproco: come le mani, le palpebre, le due file di denti.