Novembre 21, 2024

“IL MANIFESTO DI VENTOTENE” DI ALTIERO SPINELLI ED ERNESTO ROSSI – PROGETTO PER UN’EUROPA LIBERA E UNITA

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Il Manifesto di Ventotene è il testamento intellettuale tramandatoci dai padri fondatori del “Progetto per un’Europa Libera e Unita”. La sua attualità rispetto agli accadimenti odierni, a quasi ottantacinque anni dalla sua stesura, non può essere sottaciuta. In gioco vi è la libertà dei popoli.

Le prossime elezioni europee di giugno 2024 ridisegneranno la geometria istituzionale del più rilevante organo politico comunitario. Non si tratta solo di un esercizio elettorale, finalizzato a confermare o a rinnovare le alleanze, bensì anche dell’occasione per rivisitare i principi fondanti dell’Unione. Questi ultimi sono stati recentemente messi in discussione dall’acuirsi della competizione tra est e ovest e dal deflagrare dei conflitti bellici nella vicinissima Ucraina e nel non lontano Medio Oriente. Ecco allora che il Manifesto di Ventotene, capolavoro intellettuale degli esuli italiani Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, scritto nell’acme doloroso della Seconda Guerra Mondiale, non può essere ignorato.

INTRODUZIONE

Con i miglioramenti offerti dal progresso, interrottisi nei periodi di barbarie o per effetto dei grandi sconvolgimenti climatici, la narrazione storica del divenire umano segue un tracciato ad andamento alterno, sinusoidale. Come un tessuto pregiato sul quale si innestino le sfumature cangianti della moda, la trama epigenetica della storia si conforma ai caratteri del tempo narrato, mistificandone, in qualche caso e nel suo giudizio di valore, la verità. Una lettura attenta dei fatti ci esorta dunque a non lasciarci sedurre dal progresso, poiché quest’ultimo non sempre corrisponde allo sviluppo dell’umanità.

Accettando questa definizione e assecondando l’insegnamento della Storia, la verità non si rivela dunque nella visibilità di ciò che è accaduto, cioè nell’apparenza dei momenti descritti, quanto piuttosto nel moto perpetuo e ciclico della sua narrazione. La cifra sociopolitica dei periodi storici, ciascuno con il proprio sistema di regole e di consuetudini, oscilla tra estremi contrapposti: accentramento e devoluzione, apertura e chiusura, privatizzazione e nazionalizzazione, allentamento e contenimento, conservatorismo e riformismo, tradizione e modernità, accettazione e rivalsa, riconoscimento e negazione. Sono proprio le oscillazioni tra gli opposti che animano la Storia. Occorre, pertanto, saper ricercare il valore della verità tra i saliscendi del racconto, piuttosto che nell’immagine offerta dall’istante.

Un concetto emerge, in ogni caso, dalla ripetizione dei fatti: i fenomeni politici e sociali hanno, indistintamente, la tendenza ad attenuarsi. I loro effetti si portano su una linea di equilibrio e di neutralità, cioè tutti finiscono per normalizzarsi, attestandosi su un valore intermedio tra gli estremi dell’oscillazione. Questo andamento, già rilevabile nel susseguirsi di poche generazioni, cioè nello spazio-tempo che ognuno può percepire attraverso i racconti familiari, diviene, grazie alla sua tendenza normalizzante, speranza per il superamento delle difficoltà del momento.

Sin dalle prime righe del Manifesto di Ventotene, capolavoro intellettuale dei padri fondatori del progetto europeo, si evince, quale effetto di una lettura illuminata dei drammatici avvenimenti del tempo, la speranza per il futuro. Gli autori non si lasciano convincere da ciò che vedono, per quanto terrificante esso sia, e non si limitano a guardare la superficie per come essa appare. Spinelli e Rossi protendono lo sguardo oltre l’orizzonte percettibile.

I CONFLITTI DEL SECOLO BREVE – TERRENO DRAMMATICO E FERTILE PER LA NASCITA DEL PENSIERO EUROPEO

I conflitti del Novecento rappresentarono il tentativo di annichilamento dell’Europa, ma fu proprio dal buio spirituale del secondo conflitto mondiale, apice negativo della sinusoide storica del secolo breve, che emerse la definizione politica, sociale e morale di un continente europeo fondato sulla libertà e sull’unione dei popoli. Per gli accadimenti drammatici del 1941, cioè quando il progetto europeo di Spinelli e Rossi fu redatto, il “Manifesto” fu un proclama di buon auspicio. Con la sua forza ideale, esso indicò l’unione europea federalista quale viatico per l’unità politica dell’intero pianeta. In contrapposizione all’oscurità della matrice totalitaria nazifascista, il progetto europeo si propagò dall’esilio insulare di Ventotene come il fascio luminoso di un faro. Da quel solido approdo intellettuale, nel mezzo del turbolento fluido dell’oppressione, nacque un documento in grado di offrire un importante indirizzo morale e sociopolitico.

È evidente che la fine del secondo conflitto mondiale non sarebbe potuta avvenire per quelle parole, poiché a ciò non sarebbe di certo bastata la stigmatizzazione dell’assurdità del fenomeno bellico. Come ben sappiamo, le parole, anche le più alte spiritualmente, difettano del pragmatismo necessario per risolvere i problemi più gravi. Al fine della pace valsero infatti le decisioni degli uomini al comando, anche attraverso il paradossale acuirsi della contrapposizione delle armi. Occorsero il sacrificio mentale e fisico dei nostri padri, la forza economica e il potere militare degli Stati Uniti e poi quello delle Nazioni riunitesi sotto la bandiera dell’Europa invasa. Anche l’esperimento sul campo dei primi ordigni nucleari contribuì ad accelerare la fine del martirio collettivo. Ancora una volta gli eccessi del male trovarono il loro asintoto normalizzante e pacificatore; ma quante morti e quanta distruzione furono sottese dall’apice di quella sinusoide.

L’EREDITÀ INTELLETTUALE DEL MANIFESTO DI VENTOTENE

Senza dunque raggiungere estremi apicali e drammatici, piuttosto servendoci dell’eredità intellettuale lasciataci dai nostri padri, ciò che occorre sentire in questo momento, mentre ancora una volta l’oppressione bussa alle porte sottili della casa europea, è proprio il richiamo di libertà e di unione evocato dagli esuli di Ventotene.

Nel farlo è bene tuttavia tener conto del tempo in cui il “Progetto di un Manifesto – per un’Europa Libera e Unita”, noto come il Manifesto di Ventotene, fu redatto e degli effetti prodotti sulla scrittura dallo stato di conflitto bellico in itinere. All’epoca, il 1941 come detto, l’Europa si trovava nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e i cittadini europei avevano compreso la portata devastante del militarismo bellicistico delle generazioni precedenti. Non si trattava solo della volontà revanscista germanica, in parte riconducibile alle ingiustizie armistiziali di Versailles, ma anche di un percorso che aveva rivelato l’inadeguatezza della Grande Guerra a ridimensionare le ambizioni di potenza degli Stati Assoluti. Questi ultimi, pur avendo perduta la prerogativa giuridica loro conferita dai rispettivi imperi, coltivavano ancora il desiderio di affermazione verso gli orizzonti geopolitici ed economici che la guerra in corso apriva.

Al termine dell’infausta epopea del secondo conflitto mondiale, che tanto costò alla gente comune e ai popoli delle minoranze oppresse, le nazioni vincitrici sottoscrissero i trattati di pace a Parigi nel 1947. Sei anni dopo la stesura del Manifesto di Ventotene, le parti apposero, anche con il sangue di tanti cittadini europei, il sigillo su una nuova condizione per il nostro continente. Una condizione che fu la premessa per la rinascita economica dell’Europa, è vero, ma che fu anche la rivendicazione talora iniqua delle conquiste ottenute con i combattimenti. Lo sfruttamento di spazi geo-economici al di fuori del territorio europeo fu avviata da più parti, e gli accordi negoziali servirono a tracciare, spesso in modo non riguardevole delle identità etniche e culturali dei popoli autoctoni, nuovi confini in Africa, in Asia e in Medio Oriente. Il colonialismo post bellico fu un fenomeno sicuramente meno eclatante della spaventosa belligeranza degli anni precedenti, ma non meno efferato nel perseguire obiettivi di sfruttamento e nel generare nefasti effetti di secondo e di terzo tempo che si riverberano ancora oggi sulla stabilità geopolitica del Pianeta.

Con immediatezza, l’Europa Occidentale divenne teatro di una nuova forma di conflitto. Attraverso tecniche di combattimento che oggi definiremmo di hybrid warfare1, la contrapposizione tra superpotenze generò nei territori degli Stati europei una scia pluridecennale di occultamenti e di stragi. Ad agire dietro le quinte vi erano spesso agenzie clandestine eterodirette dai poteri globali. L’economia europea, resa florida dai piani di assistenza finanziaria, occupò gli ampi spazi speculativi offerti dal progresso. Gli investimenti fluirono rigogliosi, assicurando benessere, ma nuove patologie sociali germogliarono nel terreno fertile della rinascita. Frotte di affaristi e di faccendieri si arricchirono rapidamente abbindolando, con illusorie promesse di facile successo, le fasce meno abbienti della società. Dalla soppressione dell’imperialismo degli Stati Assoluti, che furono centrali nel secolo precedente, nacque una nuova forma di potere che potremmo definire, usando una contraddizione di principio, l’imperialismo capitalistico degli Stati democratici.

Ecco allora che ancora oggi, a distanza di più di ottant’anni dalla idealizzazione del progetto europeo, il proclama di Ventotene mantiene la sua validità. I principi tracciati da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi sgorgano dalla drammaticità dell’esilio loro imposto dalla guerra, ed è come se quelle parole acquisissero per quel dato di origine una garanzia di veridicità superiore a qualsiasi altro enunciato. Nell’opportunità di filtrarne l’espressione attraverso le maglie dell’attualità, alleggerendola dell’enfasi emergenziale della guerra, il Manifesto rimane guida fondamentale.

ATTUALITÀ DEL MANIFESTO DI VENTOTENE – ASPETTI SALIENTI

Non è mia intenzione presentare qui il contenuto del testo redatto dagli esuli di Ventotene, poiché farlo nello spazio di un breve articolo risulterebbe svilente di una ricchezza che solo la lettura completa del documento può donare. Vorrei però richiamarne alcuni aspetti importanti. Il Manifesto di Ventotene è un proclama che tratta di fondamentali aspetti politici, sociali ed economici che appaiono rispondenti, con spirito di preveggenza, ai molti problemi delle società contemporanee. Prendendo a riferimento alcuni passaggi del “Progetto”, risulta evidente l’indicazione di una formula politica equidistante e maestra rispetto ai poli di Occidente e di Oriente, mediana tra Stati Uniti e Cina. Una formula in grado di perseguire la nascita di Forze Armate europee sostitutive della presenza di numerosi Eserciti nazionali, ma anche in grado di sostenere un’economia di equilibrio tra la staticità burocratica del socialismo e l’avallo capitalistico per lo sviluppo privatistico di attività monopolistiche, e capace di favorire processi di statalizzazione in settori d’interesse vitale per la Nazione, come la sanità e l’educazione, di sostenere i giovani mediante sussidi che riducano al minimo la distanza fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita, di solidarietà verso coloro che siano soccombenti nel bisogno economico e di assicurazione di tenori di vita decenti senza mortificare lo stimolo al lavoro e al risparmio.
Quante criticità di oggi ritroviamo in queste affermazioni.

Nei suoi principi ontologici, il Manifesto di Ventotene muove da una definizione di libertà affiorata e consolidatasi nelle fasi successive alla Prima Guerra Mondiale: una definizione secondo la quale l’uomo non è più strumento altrui, bensì autonomo centro di vita. Non è un’affermazione banale: la Grande Guerra aveva massificato l’esistenza umana trasformandola in una mostruosa macchina collettiva da combattimento. Da questa enunciazione scaturì, per transizione sul piano collettivo, il diritto delle Nazioni a organizzarsi in Stati indipendenti, a vantaggio del superamento di ottusi campanilismi e a beneficio della libera circolazione non solo delle merci, ma soprattutto delle idee. Nell’indipendenza degli Stati è racchiuso – così però denuncia il Manifesto – un paradossale e liberticida elemento di vanità, nonché l’espressione in nuce di una forma di sovranità che, se non contenuta, può facilmente portare al riemergere di latenti forme di assolutismo. Così, infatti, era accaduto ed accadde. La foga bellicista del tempo, espressa nell’acme della Grande Guerra in Europa, aveva proclamato l’uso delle madri come “fattrici di soldati”, per un impiego dei bambini come futuri combattenti da parte degli stati totalitari che meglio di altri, a detta degli esuli di Ventotene, riuscivano a unificare le forze. Spinelli e Rossi hanno racchiuso nel Manifesto un’anima antimilitarista intrisa di un forte pacifismo ante litteram.

CONCLUSIONE (DI SPERANZA)

Il Manifesto di Ventotene denuncia la storia e ne preconizza il corso. Nella ciclicità degli eventi, tendenti auspicabilmente all’equilibrio, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi proclamarono gli Stati Uniti d’Europa come via per l’unità politica dell’intero Globo.
Il “Progetto per un’Europa Libera e Unita” si conclude con una proposizione di straordinario ottimismo: “Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere. La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà”.

  1. Forma di conflitto che mescola o sostituisce agli atti ostili di natura convenzionale azioni offensive non convenzionali, quali: sabotaggio, manipolazione delle informazioni, terrorismo, attacchi cibernetici, azioni psicologiche, alterazione finanziaria dei mercati, modifica della percezione cognitiva ecc. ↩︎

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