La Bestia che tenne sotto scacco un’intera nazione
6 min readFrancia, giugno 1764.
Una fanciulla ritorna nel proprio villaggio con i suoi buoi e con una storia da raccontare. È una sopravvissuta. È sopravvissuta ad un mostro che, se non fosse stato per i suoi buoi, l’avrebbe sbranata in mezzo alla foresta. Siamo nei pressi di Langogne, nella Francia meridionale.
Da questo evento in poi, l’intera zona venne scossa dai terribili attacchi di quella che venne ribattezzata ufficialmente come “la Bestia” e che ancora oggi resta uno degli enigmi criptozoologici più famosi di sempre.
La storia
La vicenda si svolge tra il 1764 e il 1767, principalmente nel Gévaudan, un’antica provincia della Francia meridionale situata nell’attuale dipartimento della Lozère, nella regione dell’Occitania.
Durante questo periodo una feroce e misteriosa creatura antropofaga perpetrò numerosi attacchi ai danni dei cittadini della zona, causando la morte di almeno un centinaio di persone: le stime dicono che ci furono circa 210 attacchi per un totale di 113 vittime. È molto probabile, però, che le vittime fossero molte di più.
Il Gévaudan – divenuto famoso proprio grazie a questa tragedia – era una delle regioni più povere di tutta la Francia e i piccoli villaggi e le fattorie della zona risultavano, ai tempi, molto dispersi e isolati.
Il motivo di questa bassa densità di popolazione è da ricercarsi nella geografia della regione, caratterizzata prevalentemente da pascoli e pendii boschivi e scoscesi, che la rendevano non idonea all’agricoltura, ma molto incline alla pastorizia, attività principale del territorio.
La prima vittima ufficiale della Bestia fu registrata il 30 giugno 1764: si chiamava Jeanne Boulet, una ragazza di 14 anni.
Dall’estate del 1764 gli attacchi aumentarono e il panico cominciò a dilagare su tutto il territorio francese. Il fermento della popolazione locale fu tanto da coinvolgere anche il re Luigi XV, il quale inviò truppe e cacciatori professionisti impegnati in numerose cacce per stanare e uccidere la fiera feroce.
Nonostante tutti gli sforzi, però, la Bestia continuava a mietere vittime.
Con il terrore e la disperazione che aleggiavano nella provincia e con una caccia sempre più infruttuosa e priva di risultati, venne messa una taglia sulla testa della Bestia che raggiunse molto presto la consistente cifra di 6.000 livres.
A tutto ciò si aggiunse il vescovo di Mende – anche conte del Gévaudan – che appellò la Bestia come una punizione divina, aumentando così la paura generale.
Nel settembre del 1765 vi fu la svolta quando la Bestia attaccò senza successo una donna, una tale Marie-Jeanne Valett, e suo figlio nel villaggio di Pommier.
Fu proprio grazie a questa segnalazione che il 20 settembre 1765 il cacciatore François Antoine riuscì ad uccidere quella che tutti pensarono fosse la Bestia.
Nonostante le descrizioni della Bestia da parte dei testimoni oculari fossero piene di caratteristiche particolari e diverse le une dalle altre, l’animale ucciso da Antoine non assomigliava a niente di diverso che a un gigantesco lupo.
Nessuna caratteristica anomala. Nessun animale esotico. Nessun demonio.
La bestia uccisa fu fatta impagliare e Il 1º ottobre arrivò a Versailles per essere presentata al re.
L’incubo era finito. E Antoine era un eroe nazionale.
E invece la minaccia non era stata eliminata e gli attacchi continuarono.
Infatti, per avere quella che ad oggi viene considerata come l’effettiva morte della Bestia dobbiamo infatti attendere fino al 19 giugno del 1767, quando un contadino e allevatore di cani di nome Jean Chastel uccise un enorme animale ritenendolo la vera Bestia.
Dopo quel giorno, finalmente, gli attacchi cessarono. E la Francia tutta tirò un sospiro di sollievo.
La Bestia di Chastel fu esaminata e impagliata per essere esposta per alcuni giorni nella residenza del marchese d’Apcher, colui che aveva organizzato quest’ultima grande caccia. Successivamente l’animale fu portato a Parigi per essere mostrato al re.
Chastel sperava di divenire anche lui un eroe. Chastel voleva essere come Antoine.
Chastel aveva salvato la Francia.
Ma non andò così.
La tradizione vuole che il re abbia respinto la fiera di Chastel a causa del puzzo della carogna, dovuto a una cattiva pratica di imbalsamazione peggiorata con la permanenza all’interno del palazzo del marchese.
A questo punto le fonti si dividono: c’è chi dice che la bestia sia stata sepolta da qualche parte e chi invece afferma che il re stesso abbia dato ordine di farla bruciare, convinto che l’unica vera Bestia fosse quella di Antoine.
L’identità della Bestia
Comunque sia andata la faccenda, la cosa certa è che, purtroppo, della Bestia non sono rimaste tracce tangibili. Solo una vasta tradizione orale di racconti e dicerie.
Ma cosa era, dunque, la Bête? Secondo l’abate Pierre Pourcher “Tutti quelli che l’hanno visto hanno detto che non era un lupo. Tutti quelli che non l’hanno visto hanno detto che lo era”
La descrizione generica della Bestia risultò essere quella di un grande animale, molto più grande di un lupo ma simile ad esso. Tuttavia essa aveva caratteristiche ben diverse da quelle di un lupo, come una lunga coda sottile che terminava con una nappa, le strisce nere sul dorso o un particolare colore rossastro del pelo.
L’idea che dietro alla belva feroce ci fosse però un lupo (C. lupus) o, al massimo, un branco di lupi, fu l’interpretazione principale e maggiormente sostenuta ai tempi. Ciò fu dovuto al fatto che, effettivamente, all’epoca – per via soprattutto dello stile di vita – gli attacchi di lupi o altri canidi ai danni dell’uomo erano un problema molto serio e sentito, in Francia come in tutta Europa. Basti pensare a come il lupo risultava essere, per antonomasia, il peggior nemico dell’uomo.
Non mancarono però diverse altre ipotesi in merito all’identità della Bestia, alcune anche molto verosimili. C’è infatti chi pensa che questa fosse un animale esotico fuggito dal serraglio di qualche nobile della zona. Tali supposizioni sono dovute soprattutto ad alcune caratteristiche della Bestia riportate dai testimoni: in particolare le strisce che molti dicevano di aver scorto sul corpo della Bestia ricordano molto le strisce presenti sul corpo della iena striata (H. hyaena), mentre la presenza di una folta peluria intorno al collo e la coda lunga e sottile che termina con una nappa sembrano indirizzare di più il pensiero a un giovane leone maschio (P. leo). Tutte queste caratteristiche, al contrario, non sono presenti nel lupo grigio europeo.
Ancora, qualcuno pensa che ci fosse addirittura una persona sotto le vesti di una bestia famelica. Ma c’è anche chi scomoda il soprannaturale fantasticando che la bestia fosse un licantropo o una qualche altra creatura malvagia.
Probabilmente fu un connubio di cose. Probabilmente furono molteplici gli attori che ebbero un ruolo in tutta la vicenda, favoriti anche dall’isteria collettiva che amplificò la figura della Bestia, rendendola così un essere innaturale.
Dunque, cosa fosse realmente la Bestia del Gévaudan non lo sapremo mai con certezza.
Ma forse è questo il bello delle storie. Le leggende continuano a resistere perché hanno del mistero che ancora ci affascina.
Per ognuno di noi la Bestia è qualcosa di diverso. Ognuno ha la sua idea. E forse, è meglio così.
Laureata alla triennale di Scienze Naturali e alla magistrale in Ecologia ed Etologia per la conservazione della natura, sono sempre stata incuriosita e ammaliata dalla natura in tutto e per tutto. Sono una persona poliedrica e dalle mille passioni, amo stare all’aria aperta, immersa nella natura, ma non disdegno un bel pomeriggio a giocare o a guardare film e serie tv. Il mio animale guida, che è anche ciò che mi ha spinto verso il mio percorso accademico, è il lupo, tanto studiato quanto misterioso, che continua tutt’ora ad incidere nell’immaginario collettivo. Al momento lavoro come operatore della didattica e come guida presso lo Zoo di Napoli con l’intento di far conoscere quanto più possibile la fauna e la flora mondiale a grandi e piccini e per me la divulgazione è il mezzo principale per mostrare alle persone ciò che di bello esiste al mondo e soprattutto per far capire come noi siamo parte dello stesso.
Ognuno avrà la sua idea, ma la mano malvagia dell’uomo, secondo me, c’entra parecchio.
All’epoca, molti esseri umani trovavano conveniente incolpare le “bestie” per eventi che non potevano essere controllati. In particolare, le pastorelle, che spesso erano vittime di abusi e violenze, venivano abbandonate nei boschi e la colpa veniva attribuita agli animali. Sebbene ci siano stati casi di aggressioni da parte di predatori, ritengo che la maggior parte degli attacchi siano stati perpetrati da esseri umani. Purtroppo, ancora oggi c’è chi continua ad attribuire la responsabilità di quelle morti ai lupi. Sarebbe ora di smetterla.
Condivido la sua opinione, anche se bisogna considerare che comunque le aggressioni da parte dei lupi, all’epoca, erano maggiori rispetto ad adesso: primo perchè questi avevano probabilmente meno timore dell’uomo (ma, ripeto, probabilmente), ma soprattutto per via dello stile di vita che conducevano queste persone, soprattutto chi viveva di pastorizia. Ovvio che tutta l’isteria suscitata dai vari attacchi potrebbe (e quasi sicuramente ha) favorito altri atti criminali anche da parte dell’uomo che poi sono un po’ finiti in questo grande calderone che è diventata questa “leggenda”. Magari sul totale degli attacchi solo una percentuale è stata opera dei lupi, mentre il resto potrebbe essere stato altro. Ovviamente questo non ci è dato sapere. Sicuramente ci sono stati attacchi veri, ma anche eventi criminali attribuiti ingiustamente agli animali selvatici, lupo in primis.