Dicembre 20, 2024

La comunicazione interpersonale e interculturale

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Come definire la conversazione?

La conversazione è un processo molto complesso che si instaura tra gli interlocutori che vogliono raggiungere una certa concordanza tra significati. Secondo Nęcki, è uno scambio dei segni verbali, non verbali e vocali per raggiungere un livello migliore della cooperazione (Nęcki: 2000, 33-35). Lo scopo della conversazione è, prima di tutto, la reciprocità nella collaborazione attraverso i sistemi di simboli e il miglioramento della collaborazione. Perciò è essenziale conoscere i processi interpersonali perché si possano spiegare i meccanismi che creano i comportamenti sociali. Lo scambio dei simboli, per essere ben compreso, va espresso attraverso lo stesso codice, però bisogna essere consapevoli che non è la stessa cosa che lo scambio dei significati. Secondo la teoria di Sapir- Whorf tutta l’immagine del mondo è percepita attraverso la lingua. L’uomo è una persona comunicativa e la realtà viene sempre definita e ridefinita dal processo comunicativo. Questo significa che attraverso la comunicazione si costruisce la propria percezione del mondo, i propri pensieri e di conseguenza in qualche senso anche la personalità. Whorf sostiene che gli utenti di diverse lingue vivono in diverse realtà perché ogni società linguistica percepisce l’ambiente in cui si trova attraverso le parole che disegnano gli oggetti circostanti. La lingua non è solo uno strumento per produrre ed esprimere idee ma è un sistema complesso che dà forma alle idee, è un’attività mentale con cui l’individuo percepisce e dà forma a tutta la realtà. Inoltre, il linguaggio non serve solo a comunicare, ma anche ad osservare ed interpretare tutto il mondo esterno (Whorf: 1956, 212. 252).

La nozione della cultura

La cultura può paradossalmente unire e nello stesso tempo distanziare i popoli: genera ed è generata da tutti quei caratteri peculiari, lingua, tradizioni ecc., che differenziano e separano una popolazione dall’altra e nello stesso tempo forniscono quei tratti specifici attraverso cui un popolo costruisce la propria identità e individualità. Queste ultime finiscono per costruire l’unità di una determinata popolazione. La cultura è anche un sistema complesso che permette di fornire una specie di individualità e un ambiente dove si edifica la propria personalità e la propria percezione del mondo. In questo modo in ogni persona si crea un tipo di cultura personale che definisce le proprie parole e il proprio comportamento. Da questi individui viene costruita l’intera nazione e in seguito, l’umanità”. Adesso nei tempi del continuo scambio culturale è molto difficile definire ed individuare le culture perché si creano tanti modelli internazionali. Questi vengono seguiti da altri Paesi spesso inconsapevolmente, come per esempio la cultura americana che, frequentemente introdotta nell’ambiente europeo, sostituisce a volte elementi culturali di una nazione. Si può dire che in tal modo si costruisce il pluralismo culturale che è un fenomeno dinamico e continuamente sviluppato da diversi influssi. Edward T. Hall, etnologo, descrive e spiega in un modo preciso la complessità dei problemi quando si varcano i limiti della propria abitudine culturale e nazionale (Hall: 1987, 49-51). Nessuno è sempre in grado di distaccarsi dalla propria visione del mondo e suppone che gli altri percepiscono le cose nello stesso modo. Questo errore ci dimostra quanto possa essere complicato un atto comunicativo, perciò bisogna definirlo precisamente e poi nominare i componenti che lo rendono effettivo.

Tipi di comunicazione

Esistono due tipi di comunicazione che sono diversi per quanto riguarda lo scopo. Il primo serve a trasmettere un’informazione che deve suscitare nel destinatario una reazione, il secondo invece serve a comunicare un messaggio precedentemente ascoltato e rielaborato (A. Tyszka: 1995, 12). Per ottenere una conversazione positiva, ossia senza equivoci, bisogna avere una specie di competenza comunicativa che consiste nell‟intenzione comunicativa, nella consapevolezza della diversità dei codici e nella convenzione della comprensione (A. Tyszka: 1995, 13). L‟intenzione deve essere sempre ben definita dall‟emittente, così sarà in grado di fornire il messaggio in modo adeguato e comprensibile. Da parte del destinatario, è essenziale che abbia voglia di capire e che possieda la stessa motivazione di esprimersi e di esser capito. In questo modo si costruisce un comunicato efficace che permette di ottenere una conversazione chiara e irreprensibile. La consapevolezza della diversità, invece, consiste nel conoscere bene la lingua dell’interlocutore e nel rendersi conto che il parlante può creare i pensieri nella propria lingua anche se parla in una diversa lingua. La mentalità che crea questi pensieri viene stabilita in ambienti culturali diversi che dipendono dalla nazione a cui si appartiene. Per questo si può ammettere che ogni persona ed ogni civiltà si esprime in un modo acquisito in precedenza. Quanto alla convenzione della comprensione, essa si spiega in un consenso tra gli interlocutori che entrambi hanno lo scopo di esprimersi e di esser ascoltati. Pertanto il discorso può svolgersi in modo adeguato, senza creare degli equivoci.

La nozione della terza cultura

Sviluppando il tema delle questioni interculturali occorre anche spiegare come, in un ambiente sociale e professionale, si possono evitare certi problemi comunicativi. La struttura dell’ambito che si forma durante un dialogo tra due parlanti viene chiamata la terza cultura (Casmir: 1996, 28). Gli interlocutori devono essere consapevoli della differenza culturale ma anche conoscere la cultura del proprio interlocutore. In questo modo si evitano gli equivoci che spesso vengono interpretati come offese e in conseguenza possono trasformarsi in grandi conflitti interpersonali. Inoltre, bisogna notare che la terza cultura è un processo perché viene formata a lungo termine, infatti dall’osservazione reciproca si deducono i valori culturali e le esigenze dell’interlocutore. Per esempio una coppia mista (gli sposi vengono da Paesi diversi) per capirsi meglio deve conoscersi bene e sviluppare la sua relazione consapevolmente, ponendo tanta attenzione alla diversità linguistica e culturale. “La terza cultura” anche viene chiamata da Julia T. Wood relational culture (la cultura della relazione), ossia un insieme di processi, strutture e pratiche che creano, esprimono e mantengono le relazioni personali e le identità dei partner (Wood: 1995, 150). In questo caso l’atto comunicativo è come un appuntamento multiculturale dove all’inizio si spiegano le regole e le definizioni delle nozioni che saranno usate, cosicché tutti i partecipanti le capiscano bene e possano partecipare adeguatamente. Nella definizione di Wood vale la pena notare che questo processo non nega e non elimina le culture degli interlocutori cedendo il posto alla “terza cultura”, ma a base di esse crea soltanto un ambiente adatto ad una conversazione efficace.

Hall, E. (1987) Bezgłośny język, Warszawa: Państwowy Instytut Wydawniczy.

Nęcki, Z. (2000) Komunikacja międzyludzka, Kraków: Antykwa.

Tyszka, A. (1995) Rozmowa kultur, in Komunikacja międzykulturowa zbliżenia i impresje red. A. Kapciak, L. Korporowicz e A. Tyszka, Warszawa: Instytut Kultury, pp. 5-23.

Wood, J. T., Duck, S. (1995) Under-Studied Relationships. Off the Beaten Track, California: Sage Publications.

Worf, B. L. (1956) Language, Thought and Reality, Cambridge (USA): The Massachusetts Institute of Technology.

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