La saga di Bioshock: l’oggettivismo di Andrew Ryan
4 min readQuando pensiamo a un videogioco siamo spesso portati a pensare, in maniera a volte ingenua, a un prodotto d’intrattenimento senza troppe pretese. Un videogioco è qualcosa che ci permette di passare un’ora o due in maniera spensierata senza dover pensare più di tanto. Negli ultimi decenni, grazie al progresso tecnologico e con l’uscita di console e computer sempre più potenti, questo è cambiato. Garantendo una modalità espressiva completamente interattiva, abbiamo infatti assistito alla comparsa di videogiochi che affrontano temi molto complessi. Alcuni arrivano al punto di trasformarsi in veri e propri manifesti filosofici. Tra questi spicca su tutti la saga di Bioshock.
Iniziata nel 2007 con il capostipite che le dà il nome, successore spirituale della serie di videogiochi System Shock, la saga di Bioshock rende subito chiara la sua forte impronta filosofica. Uno dei primissimi impatti dopo l’incidente aereo che dà il via agli eventi di gioco è, una volta attraversate le porte del faro che ci si pone davanti, molto forte. Dopo un attimo di buio si accendono le luci su un’immensa statua di Andrew Ryan, fondatore della città sommersa di Rapture, che si eleva sopra le parole: “No gods or kings. Only man.”
A partire da questo momento il giocatore inizia una discesa, letterale e metaforica, nella distopia oggettivista di Rapture. Una città sommersa “dove lo scienziato non sia limitato da ridicoli moralismi, dove l’artista non debba temere il censore, dove il grande non venga frenato dal piccolo”. Fin da subito diventa chiaro che la base filosofica su cui si poggia l’opera è quella della Rivolta di Atlante, opera magna di Ayn Rand.
Il nome stesso del fondatore della città richiama il nome dell’autrice. Il benefattore che guida il giocatore nei corridoi di Rapture si chiama Atlas, Atlante. In giro per la città si possono osservare manifesti che riportano la domanda “Who is Atlas?”, chiaro richiamo alla domanda ricorrente “Who is John Galt?” nell’opera di Ayn Rand. La filosofia di Andrew Ryan, che viene presentata al giocatore attraverso diverse registrazioni audio trovabili nelle aree di gioco, è fortemente ispirata all’oggettivismo di cui Ayn Rand era sostenitrice.
Stanco di dover condividere con la società il frutto del sudore della propria fronte, Andrew Ryan raduna, come un novello John Galt, le migliori menti del paese per costruire una nuova società, isolandosi nel fondo dell’oceano all’interno della città di Rapture. A governarla è la Grande Catena, un’allegoria creata da Ryan per descrivere la vita del mercato che si autoregola, senza alcun input esterno, senza autorità o governi.
La città che si presenta davanti al giocatore è però una città in rovina, abbandonata. Atmosfere cupe e incontri mostruosi sembrano essere all’ordine del giorno in una città che fin da subito sembra essersi fermata in un preciso punto nel tempo, la vigilia di Capodanno del 1958. Gli ambienti e gli audiodiari che il giocatore scopre esplorando la città raccontano tutti una storia di rivolte all’interno di quella che viene presentata dalla propaganda di Andrew Ryan come l’apice della libertà individuale. A questa viene contrapposto il finto altruismo, utile solo ai “parassiti” la cui debolezza e necessità di supporto sociale viene demonizzata e disumanizzata.
La storia che si dipana attraversando i corridoi sommersi della città è una storia di egoismo e prevaricazione. È la storia delle conseguenze estreme a cui porta l’assenza di un freno morale che guidi il progresso. I pochi abitanti rimasti sono quasi tutti sfigurati e privi di senno. Dalla scoperta di una sostanza, l’ADAM, che permette di manipolare il genoma umano e la sua espressione a proprio piacimento, sorge un impero commerciale che cambia completamente la vita a Rapture. Ogni cittadino ne sfrutta i vantaggi, estetici e funzionali, nella ricerca di una perfezione che lo elevi sopra chiunque altro.
Dai dettagli privi di qualsiasi etica di questo business sorge infatti il carattere distopico di questa società. Il processo di estrazione di questa sostanza, che comprende l’utilizzo di bambine strappate ai genitori. Il business plan su cui inizia a basarsi l’economia della città sfrutta la totale dipendenza fisica da essa. Rapture inizia così a perdere sempre di più la sua umanità.
La Rapture visitata dal giocatore è svuotata di qualsiasi aspetto positivo. Una gloria decaduta. Gli altoparlanti sparsi per tutta la città gracchiano la continua propaganda di Ryan. L’utente è costantemente separato da quei pochi personaggi che sembrano mantenere una parvenza di lucidità. Il gioco lo immerge in una forte sensazione di solitudine, che rispecchia in maniera astuta il carattere individualista della distopia rappresentata.
Con alcune incredibili svolte di trama, il gioco porta l’utente a riflettere sulla condizione umana. Porta a chiedersi cosa possa rendere tale un uomo, partendo dalle sue scelte e da quali limiti sono necessari alla sopravvivenza della società. Ancora più di questo, per gli appassionati del mondo videoludico, offre qualche riflessione sul rapporto con il medium stesso. Cosa distingue un uomo libero da uno schiavo?
La saga di Bioshock si sviluppa in altri due giochi. Un secondo è ambientato nuovamente a Rapture, dove questa volta vengono affrontati i temi e i limiti delle filosofie collettiviste. Il terzo ed ultimo gioco porta il giocatore dal fondo del mare fino alla città volante di Columbia, dove l’eccezionalismo americano permea ogni aspetto della società. La saga di Bioshock affronta temi complessi, umani, e scava in profondità nelle ideologie che rappresenta. Fa emergere il marcio e le conseguenze di un estremismo che, dietro le promesse di libertà, nasconde solo un bieco egoismo.
Sono Francesco Alonci, laureato in Psicologia. Ho studiato Psicologia Cognitiva Applicata a Padova, città in cui tutt’ora vivo. Sono da sempre stato affascinato dal comportamento umano, da dove questo nasca e come si sviluppi. Sono inoltre un musicista, avido lettore e amante di videogiochi, cinema e cultura pop.