La scienza sul divano. Intervista a Ruggero Rollini
4 min readCom’è nata la tua passione per la scienza?
Non riesco ad identificare un momento preciso in cui è ‘nata’ la mi passione per la scienza. Molto più probabilmente è stato un processo di avvicinamento è miglioramento. Se vogliamo fare un paragone un po’ ardito, non è stato un ‘colpo di fulmine’, ma un progressivo innamoramento. Sicuramente molto è dovuto al fatto che ho avuto la fortuna di avere degli ottimi docenti di scienze durante l’intero percorso scolastico, che forse è la cosa più importante.
Uno dei tuoi format più noti è La Scienza Sul Divano. Da dove nasce questa idea e cosa hai imparato nel dedicarti a questa attività?
La scienza sul divano nasce con l’intento di sfruttare la mia visibilità online per far conoscere ricercatori e divulgatori tramite Youtube. Sono un grande amante dei Late Show americani e ho sempre adorato l’informalità di quel tipo d’intervista. L’idea è che lo spettatore si senta seduto in un salotto immaginario senza barriere a separarlo dall’intervista. Questo spirito raggiunge la sua piena realizzazione quando il divano mette le ruote e inizia a girare per le vie delle città. In questo caso, l’intervista si trasforma in uno ‘spettacolo di strada’ e si crea un bellissimo rapporto con i passanti. Spesso si pensa che alle persone non interessi la scienza, ma dopo aver visto tanta (ma proprio tanta) gente fermarsi ad ascoltare un’intervista improvvisata per strada, non posso che pensarla diversamente.
Le scienze offrono un ventaglio di orizzonti sconfinati a cui dedicarsi. Perché hai scelto di focalizzare le tue attenzioni proprio sulla comunicazione e come sei arrivato ad insegnare?
Perché la comunicazione della scienza è una parte fondamentale – e troppo spesso sottovalutata – della ricerca scientifica. Non esiste scienza senza che essa sia comunicata. Parlare di scienza è bellissimo ed è un’attività da cui possono trarre beneficio tutti: scienziati e non. Ovvio che va fatta con criterio.
Ho avuto la fortuna di essere uno dei primi ad essersi occupato di divulgazione online e ho avuto modo di maturare un po’ di competenze in questo ambito molto ristretto. Adesso mi capita di insegnare a fare comunicazione della scienza online. Diciamo che non è stato un percorso lineare.
Secondo te per quale motivo una fetta della popolazione disconosce la scienza e preferisce affidarsi a teorie alternative, e in che modo è possibile arginare questo fenomeno?
Anzitutto credo che sia importante ricordarsi che la stragrande maggioranza della popolazione ha una grande fiducia nella scienza. Il camice bianco ha ancora il suo grande effetto. Penso che il problema, al massimo, sia più ampio. Sembra esserci una generale sfiducia nei confronti di ciò che è ‘istituzione’ e la scienza è vista come tale. Sarò di parte, ma credo che la soluzione risieda in una buona comunicazione che sappia intercettare le domande e le perplessità delle persone e che non le giudichi.
L’educazione ambientale è una tematica di vitale importanza, che insieme all’educazione civica dovrebbe far parte del bagaglio culturale di tutti. Che ruolo può avere la scuola in ciò? In che modo sarebbe possibile insegnare a rispettare l’ambiente, equilibrando questo con le altre materie di studio?
L’educazione ambientale, così come quella civica, è piuttosto trasversale. Può essere affrontata in simultanea da più materie: storia, geografia, filosofia, ma anche letteratura e (ovviamente) scienza. L’educazione è fondamentale e credo sia fondamentale che – in generale – venga insegnato il senso critico; prima ancora che una qualsiasi materia.
Come sei arrivato a lavorare per Superquark e cosa porti dentro da questa esperienza?
Ero in giro assieme a Luca Perri durante il Focus Live a Milano. Ad un certo punto ci ferma un signore.
“Luca. Ruggero.”
“Sì?”
“Paolo Magliocco, Superquark. Lasciatemi il vostro biglietto da visita che nelle prossime settimane ci sentiamo”
Ci abbiamo messo del tempo a realizzare bene l’accaduto, ma qualche settimana dopo eravamo a Roma a fare un provino davanti a Piero Angela per una versione di Superquark pensata per RaiPlay.
Ho imparato tantissimo e ancora sto imparando a conoscere il mondo di una divulgazione che si vuole rivolgere a tutti. Poter lavorare sotto la supervisione di Piero Angela è incredibile. Sto vivendo il sogno di qualsiasi divulgatore.
Nel mondo scientifico c’è uno scontro tra una parte che è a favore di un’innovazione tecnologica rispettosa dell’ecosistema e un’altra che, con forte spinta capitalistica, prevede lo sfruttamento egoistico di tutte le risorse naturali (per esempio disboscamenti massicci). Qual è la tua posizione in merito?
Non mi sembra tanto una divisione interna al mondo scientifico, quanto a quello economico e industriale. Certo, la scienza di oggi non più prescindere da queste due realtà, però non penso che questo dissidio sia così forte. Inoltre, non credo che il mio compito sia quello di proporre soluzioni. Personalmente mi pongo l’obiettivo di raccontare la complessità del mondo che ci circonda. Poi ognuno farà le sue considerazioni.
Il coronavirus sembra aver arrestato il flusso di inquinamento prodotto dall’attività umana. Sui social fanno capolino immagini di luoghi ripopolati da animali. Che cosa ci avrà insegnato questa epidemia quando sarà finita?
Che dovremmo smetterla di dare troppa importanza a quello che vediamo sui social. Siamo inabissati da troppe informazioni che ci vengono lanciate addosso troppo in fretta. Una buona comunicazione ha bisogno di tempo; così come la scienza ha bisogno di tempo. Quello che ci insegnerà il coronavirus lo scopriremo molto tempo dopo che tutto sarà finito
Ringraziamo Ruggero Rollini per averci concesso l’intervista..
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