Novembre 16, 2024

La vita rivista da un punto di vista fisico

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Come interpretare la vita da un punto di vista fisico? Per spiegare i misteri dello sviluppo della vita a partire da leggi fisiche, quindi leggi basate sulla statistica, si deve partire da una serie di considerazioni.

Partendo da concetti provenienti da un’interpretazione classica della fisica si considera che, sia un organismo, sia tutti i processi di cui esso è sede debbono avere una struttura in cui interviene un gran numero di atomi. 

Questo garantisce che eventi casuali dovuti ad un numero finito di atomi non possano acquisire troppa importanza.

Già dagli anni ‘30, in seguito alla nascita della teoria quantistica, si è visto, anche sperimentalmente, che queste considerazioni erano errate.

Tutta l’informazione necessaria per lo sviluppo dell’organismo è contenuta all’interno di un ovulo fecondato. Nello specifico tutto può essere ricondotto ad una singola porzione di quella cellula: il nucleo.

All’interno del nucleo tutta l’informazione è contenuta sotto forma una rete di cromatina, che nelle fasi di divisione cellulare appare costituito da particelle dalla struttura di “bastoncini” chiamati cromosomi.

CROMOSOMI: IL TESTO DEL CODICE DELL’ EREDITARITÀ

L’evento determinante nel processo di riproduzione dell’individuo, non è la fecondazione, ma la meiosi. 

In maniera molto semplificata il processo consta della ricombinazione della metà di cromosomi provenienti dal padre e dalla madre dell’individuo. 

Se la divisione dei cromosomi in ogni cellula genitoriale fosse priva di errori allora sarebbe relativamente semplice determinare l’ereditarietà dei caratteri dell’individuo.

Questo non corrisponde alla realtà in quanto possono avvenire localmente, nei punti di contatto tra le coppie di cromosomi, fenomeni di crossing-over, ovvero di scambio di caratteri localizzati.

GENE PORTATORE MATERIALE DI UN TRATTO EREDITARIO

Portiamo la nostra attenzione dal cromosoma al singolo gene portatore di un singolo carattere nella definizione dell’individuo.

Interessiamoci solo di quanto possa essere effettivamente grande il volume in cui localizziamo questo gene.

Per ciò che riguarda le dimensioni ci sono varie misure da poter fare. Una misura consiste nell’individuare il numero di caratteri entro un cromosoma, si divide la lunghezza dello stesso (ottenuta per misura diretta) per il numero di caratteri e moltiplicare per la sezione del cromosoma.

Le varie tecniche di misura hanno portato alla determinazione del volume contenente un gene di 300 Å. 

Questo numero è molto esiguo e quindi un gene può contenere solo uno o pochi milioni di atomi. Un numero fin troppo piccolo per implicare un comportamento retto da leggi rigorose secondo la fisica statistica.

MUTAZIONI

Darwin considerava le continue variazioni accidentali in un campione omogeneo di popolazione il materiale su cui lavora la selezione naturale.

Questo è stato provato scorretto, in quanto le variazioni non sono materiale ereditabile. 

Per capire meglio questo concetto portiamo l’esempio di un  campo di orzo di razza pura e misuriamo la lunghezza delle spighe. 

La distribuzione delle lunghezze sarà una distribuzione a campana dove la maggior parte delle spighe ricadranno nella lunghezza centrale.

Prendendo, ad esempio, delle spighe più lunghe della media all’interno del raccolto e riportandole in un altro terreno, secondo Darwin il valore medio della lunghezza degli steli doveva essere più grande. 

Così non accade, se la razza d’orzo è pura, in quanto le piccole variazioni continue sono casuali e non ereditarie.

MUTAZIONI DISCRETE

L’ olandese De Vries notò che anche nella razza pura alcuni individui mostravano cambiamenti piccoli, ma discreti.

Qui con discreti si intende che il cambiamento sia discontinuo e che non esistono forme intermedie tra la forma “originaria” e quella “mutante”.

De Vries chiamò tale evento una mutazione, che presenta non poche analogie con la fisica quantistica sviluppata negli stessi anni. 

Vengono identificate le mutazioni come dovute a salti quantici nella molecola del gene.

MUTAZIONI INDOTTE DAI RAGGI X

Si è visto che mutazioni della prole possono essere indotte sottoponendo le cellule dei genitori con determinati quantitativi di raggi X e raggi 𝛾. 

A dimostrazione del carattere discreto delle mutazioni, queste non si possono verificare dalla somma di tante porzioni di radiazioni susseguenti che si sommano l’una con l’altra. 

Essa deve consistere in un singolo evento che si verifica nel cromosoma nel corso dell’irraggiamento.

DIMENSIONI DELL’ EVENTO CRITICO

Per capire quanti atomi vengono interessati da questa mutazione possiamo fare una stima considerando che una dose di 50000 ioni per cm^3 produce una probabilità di solo 1:1000 per ogni particolare gamete di mutare in un certo modo.

Si può concludere che il volume critico è circa un cinquanta milionesimo di centimetro cubo che in media contiene solo circa mille atomi.

TEORIA DEI QUANTI

Dalle evidenze sperimentali dobbiamo ammettere quindi che un piccolo sistema possa, per sua natura, possedere solo certe quantità discrete di energia, che prendono il nome di livelli energetici. 

Il risultato è che un certo numero di nuclei e i rispettivi elettroni vengono a trovarsi uniti a formare un sistema e non possono assumere una qualsiasi configurazione a piacimento.

La transizione tra le singole configurazioni è un “salto quantico”, che può occorrere da un livello ad energia maggiore ad uno minore e viceversa, con le dovute condizioni.

Il livello più basso che questi atomi possono assumere prende il nome di molecola, come spiegato nella teoria di Heitler e London. 

La stabilità di queste molecole è legata alla temperatura e al tempo di attesa. Più il tempo di attesa di una molecola è lungo più questa è stabile e quindi più è probabile trovare una molecola in quello stato.

Il tempo di attesa è legato al rapporto dell’energia necessaria per fare il salto quantico (W) e l’energia che caratterizza l’intensità dei moti di agitazione termica alla temperatura fissata (kT).

Nelle applicazioni alla biologia questa teoria descrive la mutazione (che corrisponde al salto quantico) di un allele nello stesso “locus”.

STATI FONDAMENTALI DELLE MOLECOLE

In realtà il livello più basso delle molecole non è univoco, ci sono una serie di livelli che non comportano nessun cambiamento apprezzabile nella configurazione finale. 

In questo caso si parla di molecole isomeriche, ovvero molecole costituite dagli stessi atomi, ma posti in posizioni diverse. 

Tra queste due configurazioni non ci sono transizioni spontanee (salti quantici) dall’una all’altra. Sono entrambe delle molecole stabili anche se con livelli di energia differenti. 

Da qui si capisce che tutte le transizioni senza soglia interposta tra lo stato iniziale e lo stato finale sono prive di interesse. Questo perché una volta che la molecola raggiunge lo stato segue immediatamente una ricaduta allo stato iniziale.

MODELLO DI DELBRÜCK

Ora dobbiamo chiederci se queste strutture sono poi capaci di resistere per lungo tempo all’influenza perturbatrice dell’agitazione termica a cui è perennemente sottoposta. 

Per essere vero allora la soglia energetica che separa la configurazione effettiva da ogni possibile configurazione isomerica deve essere sufficientemente elevata. In modo tale che la transizione (mutazioni) sia un evento raro.

Il proposto corrisponde al modello di Delbrück, che seppur con qualche semplificazione, viene visto come l’unico modello concepibile per descrivere la stabilità molecolare. 

RISULTATI

Il confronto tra il modello teorico e i risultati biologici ha portato i seguenti risultati.

Prendendo un rapporto di energia (W/kT) pari a 60, si vede che la vita media della molecola è di circa 30000 anni. Questo corrisponde ad un valore di soia di 1,8 eV. 

Quindi si vede che con circa 2 V si può accelerare un elettrone in modo che raggiunga un’ energia sufficiente per produrre una transizione per urto. 

Queste considerazioni ci fanno capire che un cambiamento isomerico di configurazione prodotto dalla fluttuazione casuale dell’energia di vibrazione può essere effettivamente un evento sufficientemente raro interpretabile come una mutazione spontanea.

CONCLUSIONE

Abbiamo visto così come la meccanica quantistica sia un ottimo strumento per descrivere semplici ricombinazioni del nostro genoma. 

Quindi finché la meccanica quantistica varrà, mi dispiace per gli appassionati della Marvel, ma gli X-men rimarranno solo nella fantasia.

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