Novembre 18, 2024

L’alchimia è la chimica del medioevo?

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Quando si parla di alchimia, spesso si pensa solo all’arte medioevale della trasmutazione dei metalli come lo stagno e il piombo in metalli nobili come l’oro. Nobili perché erano molto più stabili nel tempo, e non soggetti a corrosione e degradazione. Rispondendo subito alla domanda del titolo, questa è una visione superficiale che potrebbe essere stata imposta dal chimico tedesco Liebig (1803 – 1873) che affermava che l’alchimia non era altro che la chimica del medioevo. L’alchimia in realtà era un complesso sistema filosofico il cui scopo era addentrarsi nel grande mistero della creazione e della vita che ha subito numerosi mutamenti nel tempo.

La trasmutazione di una forma inanimata in un’altra fondamentalmente era solo uno dei tanti obiettivi degli alchimisti, e più ci si addentra a capire il loro universo più appare complesso e sconcertante. Infatti, La chimica rudimentale dell’epoca veniva interconnessa con religione, folclore, misticismo, astrologia, magia, filosofia.

QUANDO, DOVE, COME?

L’origine dell’alchimia non è chiara, ma il termine stesso, ‘alchimia’, contiene la radice ‘khem’, che era l’antico nome dell’Egitto, mentre ‘al’ in arabo è l’articolo determinativo. Questo ha portato alcuni a ipotizzare che l’alchimia possa aver avuto origine in quella zona. Altri, invece, suggeriscono che la sua origine sia situata leggermente più a est, nella Caldea, una regione che si estendeva tra l’attuale Israele, Libano, Siria e Iraq. Altri ancora sostengono che la Cina potrebbe essere stata la patria natale dell’alchimia.

Gli egizi effettivamente erano maestri in molte arti come la metallurgia, la colorazione del vetro, la tintura, mentre i Cinesi e i Caldei erano maestri nell’astrologia. Loro associavano il sole, la luna e i pianeti non solo al destino dell’umanità ma anche al comportamento dei metalli. In Occidente gli alchimisti parlavano dell’elisir di lunga vita, mentre in Cina Wei Boyang descrive nel suo trattato sull’alchimia la pillola dell’immortalità (una miscela di minerali, piante e parti di animali che avrebbe garantito l’illuminazione).

La Teoria

Come tutte le scienze, anche l’alchimia aveva le sue idee e principi che sono poi stati anche modificati ed interpretati dai vari esponenti. Si basavano gli alchimisti, a grandi linee, su due assunzioni

L’unità della materia

L’esistenza di un potente agente trasmutante, la Pietra Filosofale.

La Pietra filosofale era la “medicina dei metalli” e permetteva di guarire malattie immaginarie dei metalli e questi si trasmutavano metalli nobili come oro o argento. Questa pietra però secondo loro avrebbe potuto guarire anche le malattie degli uomini e prolungargli la vita. In questi termini la Pietra Filosofale era la medicina perfetta, chiamata Elixir Vitae o Elisir di lunga vita.

La prima assunzione sostiene che tutte le forme di materia, in origine, erano unite in un’unica entità che si è successivamente evoluta; di conseguenza, la materia è soggetta a cambiamenti, mentre l’anima, anch’essa originariamente unica, è permanente. Pertanto, secondo questa concezione, la materia rappresenta la manifestazione dell’anima, con la forma della materia soggetta a mutamenti.

L’alchimia si basava poi sulla teoria aristotelica (Aristotele, filosofo greco IV sec. a.C.) che descriveva la materia come unione di 4 elementi (AcquaTerraAriaFuoco) combinati in diverse proporzioni. 

Questi elementi possiedono qualità opposte, caldo-freddo, secco-umido e secondo Aristotele ogni elemento è costituito da ognuno di questi elementi in combinazioni diverse.

Secondo Aristotele poi c’era un quinto elemento, non ben delineato come gli altri, chiamato da lui Etere, la sostanza delle stelle, che prende diversi nomi come LogosDioRagione oppure nel medioevo lo chiamavano Quinta Essenza.

Secondo gli alchimisti il colore e la consistenza erano caratteristiche che potevano essere modificate, per cui siccome il rame e l’oro erano differenti, si poteva cercare di modificare il colore del rame per ottenere il metallo nobile.

Formula del Crab (Zosimus). Si pensa che contenga il segreto per la trasmutazione dei metalli.

La pietra veniva spesso descritta come polvere rossa, per cui veniva confusa con il minerale rosso, il cinabro. Questo minerale è formato dal sale solfuro di mercurio (HgS) in forma cristallina nell’immagine a sinistra mentre triturato in polvere a sinistra in basso. Questo minerale se scaldato sopra a 580°C produce vapori di zolfo (sottoforma di ossido di zolfo, SO2) e si genera mercurio metallico (Hg allo stato di ossidazione 0) che è un liquido di color argento (immagine sotto a destra).

Sembra quindi possibile che sia nata a partire da questi esperimenti la teoria zolfo-mercurio. Il più famoso di questi alchimisti era Jabir Ibn Hayyan, noto in occidente come Geber, nato in Persia nel VIII secolo dopo cristo.

Secondo le teorie medievali quando queste due essenze, zolfo e mercurio, erano “impuri” si combinavano in processi naturali influenzati dai pianeti, per produrre metalli comuni come stagno e piombo. Se fossero stati di elevata purezza, avrebbero potuto creare argento o oro. Tuttavia, quando entrambi i principi erano di purezza eccezionale, si diceva che fosse possibile creare la pietra filosofale.

Lo zolfo ed il mercurio vennero poi rappresentati in numerosi modi, in Egitto per esempio vennero rappresentati come Osiride e Iside, il sole e la luna, ma anche come fratello e sorella, la mascolinità e la femminilità, attivo e passivo, donatore e ricevente, il leone senza ali e la leonessa alata. La Pietra, quindi, concepita come risultato dell’unione della femmina e del maschio venne spesso rappresentata come un infante. Ritornando alla teoria aristotelica dell’antica Grecia dei quattro elementi, lo zolfo ed il mercurio rappresenterebbero il fuoco e l’acqua, e la loro unione significherebbe l’unione degli opposti.

È sempre molto interessante vedere come venivano interpretati i fenomeni che noi oggi diamo per scontato, per esempio poiché l’alcol (etanolo), ottenuto per distillazione, lo consideravano l’acqua in grado di bruciare, la cosiddetta aqua vitae, e questo era per loro una rappresentazione esatta dell’unione degli opposti, (fuoco/acqua, umido/secco) per cui era usato per preparare l’Elisir di lunga vita.

Tabula Smaragdina

La Tabula Smaragdina o Tavola di Smeraldo è un testo alchemico attribuito tradizionalmente a Ermete Trismegisto, una figura leggendaria considerata il fondatore dell’alchimia nel pensiero occidentale. Ermete Trismegisto per gli egizi è rappresentato dal dio Toth.

Alcuni principi infatti ricordano alcuni concetti descritti precedentemente, come quello che tutte le cose vennero prodotte da un’unica entità e adattate a partire da essa, oppure ancora “il padre era il sole, la madre la luna, il vento lo trasporta nella sua pancia, e la terra si prende cura di lui”, un altro principio invece enuncia che tutto va verso la perfezione.

Nicolas Flamel

Non si può parlare di alchimia senza nominare Nicolas Flamel. Flamel era un mercante di professione e possedeva una bottega di manoscritti a Parigi. È noto per aver realizzato delle copie di testi religiosi e filosofici e questo probabilmente gli ha permesso di studiare i libri degli alchimisti. Si dice che insieme a sua moglie Perrenelle sia riuscito a produrre la Pietra Filosofale e che questo gli abbia permesso di vivere in ricchezza e salute. È tutt’ora disponibile un libro ad egli attribuito con il nome in italiano “Il libro delle figure geroglifiche” nella quale si può trovare la narrazione in prima persona del ritrovamento del libro e gli avvenienti che ne sono susseguiti.

Una nuova era per gli alchimisti

Fondamentalmente l’alchimia intesa come filosofia è rimasta più o meno statica fino a quando è entrato in azione un personaggio che ha determinato l’inizio di una nuova era. Philippus Theophrastus Aureolus Bombast von Hohenheim noto in breve con il nome di Paracelso (Einsideln, Svizzera 1493 – Salisburgo, Austria 1541). Paracelso studia spasmodicamente con monaci e in diverse università europee fino a raggiungere anche città in Asia e in Africa alla ricerca del vero fondamento della medicina. Ricorda particolarmente la figura di Ippocrate.

Non era comunque soddisfatto delle università e cerca di entrare in contatto con diversi artigiani e persone, come barbieri, chirurghi, negromanti e alchimisti, con nobili e plebei. Armato di una profonda conoscenza in molteplici campi, non si è risparmiato nell’attaccare pubblicamente i fisici ed alchimisti dell’epoca. Lui li accusava di non conoscere cosa fosse un esperimento e come dovesse essere condotto. Lui poneva la sua fiducia solo nell’osservazione e nell’esperienza.

Paracelso dà il suo contributo perché vuole preparare farmaci curativi, dando una nuova orientazione all’alchimia ed introduce la iatrochimica, o meglio, la chimica applicata alla medicina. Non gli bastavano l’utilizzo di erbe medicinali note ormai da lungo tempo. Iniziò a considerare l’uomo da un punto di vista chimico. In particolare, lo considerava un conglomerato di tre elementi chiamati tria prima: zolfo, mercurio, ed aggiunge un terzo elemento, il sale, che rappresentava la capacità di non essere infiammabile, ovvero la stabilità. Per lui l’utilizzo di sostanze chimiche era necessario per riportare all’equilibrio questi tre elementi. Si passa dall’utilizzo di rimedi erboristici a quelli spagirici, includendo sali di mercurio, piombo, rame, arsenico ed altre tinture. Ovviamente questo causò una violenta opposizione da parte dei fisici dell’epoca. Durante un dibattito pubblico, per esempio, diede alle fiamme i libri di Galeno e Avicenna, noti erboristi, parlava in tedesco e non più in latino e per questo fu espulso da Basilea e praticò come medico in modo freelance, come diremmo noi oggi.

La rivendicazione

Le teorie degli alchimisti hanno influenzato enormemente la storia della filosofia e della scienza fino a quando sono state sostituite dalle moderne teorie scientifiche sulla materia e sull’energia.

Robert Boyle un chimico, filosofo, fisico irlandese, vissuto nel XVII secolo ha condotto numerosi esperimenti che hanno portato alla conclusione che la materia è composta da particelle più piccole e indivisibili chiamate atomi. Questo concetto contraddiceva la teoria aristotelica che considerava la materia come costituita da combinazioni di terra, acqua, aria e fuoco.

[Da precisare che le prime discussioni sull’idea di atomi si trovano nei testi di filosofi greci come Democrito e Leucippo nel V secolo a.C. Questi pensatori postularono che la materia fosse composta da particelle indivisibili chiamate “atomoi” (dal greco “indivisibile”), che si muovevano in uno spazio vuoto. Tuttavia, le loro idee non erano basate su evidenze sperimentali e rimasero principalmente speculazioni filosofiche.]

Tuttavia, nel XX secolo, possiamo dire che l’alchimia è stata “rivendicata”, non si può di certo affermare che dal mercurio/zolfo/sale si ottiene l’oro ma è stata scoperta la radioattività. La radioattività è un fenomeno naturale che coinvolge il decadimento spontaneo di nuclei atomici instabili, con l’emissione di particelle o radiazioni elettromagnetiche. Questo processo di decadimento trasforma l’atomo originale in un atomo di un altro elemento o isotopo. Gli elementi radioattivi hanno un eccesso di energia interna che li rende instabili, e cercano di raggiungere uno stato di stabilità attraverso il decadimento radioattivo.

Gli scienziati pionieri nell’ambito della radioattività furono Antoine Henri Becquerel e i coniugi Curie, Marie e Pierre. Attraverso lo studio delle radiazioni emesse dai sali d’uranio, fecero la scoperta della radioattività. Marie Curie, nata Skłodowska, oltre a essere la prima donna a vincere un Premio Nobel svolse un ruolo fondamentale nelle ricerche sulla radioattività. In seguito, Ernest Rutherford intervenne con le sue ricerche, culminate nel 1908 con il conferimento del Premio Nobel ‘per i suoi studi sulla radioattività e il decadimento degli elementi chimici’. Rutherford dimostrò e descrisse i diversi tipi di radiazioni emesse dal nucleo.

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