Le Leggi di Norimberga
5 min readIl 15 settembre del 1935 a Norimberga, città simbolo del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi, durante la settima Giornata Nazionale del Partito, sono state emanate tre distinte leggi, successivamente denominate “Leggi di Norimberga” (Nürnberger Gesetze). Queste sono state il risultato di un costante processo di trasformazione del diritto tedesco, costituito precedentemente la salita al potere di Adolf Hitler, che ha ridotto, prima, e annullato, poi, qualsivoglia diritto di cittadinanza di tutta quella categoria di persone non accettate dal regime nazista. In particolar modo, di tutti gli ebrei-tedeschi presenti nel territorio del Reich e, a guerra iniziata, di tutti quelli residenti nei territori occupati dalle truppe della Wehrmacht. Fu proprio grazie all’emanazione di un numero piuttosto consistente di leggi e disposizioni che il regime nazionalsocialista riuscì a istituzionalizzare la distinzione razziale all’interno del Reich, legalizzandola nella società.
A meno di un mese dal suo insediamento come Cancelliere, Hitler fece approvare “l’Ordinanza del Presidente del Reich per la protezione del Popolo e dello Stato”, il 28 febbraio 1933. Grazie alla suddetta, a causa della situazione di profonda crisi socio-politica interna alla Germania, vennero sospesi tutti gli articoli della Costituzione riguardanti le libertà personali. In tal modo, il neoeletto Cancelliere poté sbarazzarsi di tutti gli oppositori politici, stabilizzando il proprio potere, così come di tutte le categorie di persone “sgradite” al partito. Operazione resa molto più efficace dopo aver concesso al Governo la facoltà di emanare le leggi, il 24 marzo del 1933, e istituendo una Corte di Giustizia Popolare il 24 aprile del medesimo anno. Quest’ultima operò proprio con il fine di giudicare tutti gli oppositori interni.
Successivamente, grazie alla Legge del 7 aprile 1933,“Legge per la Restaurazione del Servizio Civile Professionale”,comparvero le prime limitazioni legate alla razza. Invero, con la summenzionata legge, tutti coloro che non possedessero una chiara discendenza ariana erano obbligati al pensionamento, qualora fossero impiegati presso un pubblico ufficio (costituivano delle eccezioni tutti i veterani della Prima Guerra mondiale, così come tutti gli orfani del medesimo conflitto). In aggiunta, tutti i dipendenti statali che non potevano comprovare una chiara e lampante attività a favore del Reich erano punibili di licenziamento.
Sin da subito, inoltre, il diritto nazista cercò di identificare con maggiore chiarezza quello che si poteva definire come “ebreo”. Quest’ultimo, in effetti, non godeva di un delineamento giuridico preciso. Il problema principale risiedeva soprattutto nella visione “classica”, che considerava ebreo chiunque appartenesse alla religione ebraica, escludendo da tale classificazione tutti i convertiti. Per i nazisti, che invece si basavano esclusivamente sul concetto di razza, tale concezione era inutile e controproducente. Per questo, fu necessario particolareggiare il concetto, creando una nuova concezione stessa del diritto.
Si arrivò, dopo poco più di due anni dalla conquista del potere, alle Leggi di Norimberga, dove il diritto nazista raggiunse una prima effettiva e completa formulazione, che si sarebbe costantemente aggiornata sino alla caduta del regime nel ‘45. Il corpus, che noi oggi tendiamo a unire, era costituito da tre leggi distinte: la Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco, la Legge sulla cittadinanza del Reich e la Legge sulla bandiera del Reich. L’ultima, benché sia stata emanata nel medesimo giorno delle altre due, non è stata, per molto tempo, compresa insieme alle precedenti (soprattutto per il tema trattato, che si discostava parecchio dalle altre). Questa riguardava l’ufficializzazione della bandiera del NSDAP come bandiera nazionale. La legge sulla bandiera aveva trovato la propria origine in alcuni fatti accaduti a New York, dove alcuni portuali avevano strappato il vessillo con la croce uncinata dal transatlantico Bremen, mentre questo era ormeggiato in porto. Dato che la bandiera non era ricollegabile ufficialmente a nessuno Stato, l’atto rimase impunito. Per questo si decise di “regolarizzare” la bandiera con la svastica.
La legge per la protezione del sangue, diversamente, si focalizzava su uno dei pilastri cardini della filosofia nazionalsocialista, ovvero la purezza del sangue ariano e la sua necessaria conservazione. La legge proibiva l’unione (sia mediante matrimonio, sia per rapporti extraconiugali) di persone ariane con soggetti ebrei. Per gli uomini ariani la violazione di tale legge comportava l’accusa di Rassenschande o Blutschande, ovvero di oltraggio razziale, reato punibile con il carcere. Infine, veniva proibito a tutti gli ebrei di prendere come domestiche delle donne ariane di età inferiore ai 45 anni, così come esporre liberamente i colori o i simboli del Reich.
Due mesi dopo, venne pubblicata una direttiva aggiuntiva che stabiliva come un “mezzo ebreo” potesse sposare una persona di sangue tedesco o per un quarto ebrea solo mediante autorizzazione rilasciata. Inoltre, due persone che risultavano essere entrambe per un quarto ebree non erano autorizzate a sposarsi, mentre una persona di sangue tedesco poteva congiungersi con una ebrea per un quarto (secondo i nazisti, vista la scarsità del sangue semita, questo si sarebbe perso nel tempo). Ovviamente, insieme agli ebrei, anche le altre razze considerate come inferiori (come zingari e afroamericani) dovevano essere tenuti lontano da una mescolanza con il prezioso sangue germanico.
La seconda legge, infine, divideva la popolazione presente in Germania in due gruppi: i cittadini del Reich (Reichsbürger), ovvero tutti i cittadini aventi sangue tedesco o affini, e i meri appartenenti allo Stato, cioè tutti gli appartenenti a razze estranee. I primi avevano pieni poteri politici e pieni diritti, mentre i secondi si trovavano sprovvisti di entrambi, diventando, in un certo qual modo, “merce” dello Stato.
Anche in questo caso, due mesi dopo venne meglio identificato il soggetto definibile come “ebreo”. Invero, con tale denominazione si definì chiunque possedesse almeno tre nonni ebrei ed “ebreo meticcio” chiunque avesse uno o due nonni ebrei. Quest’ultimo, nel caso in cui fosse sposato con una persona ebrea, sarebbe rientrato a sua volta nella classificazione di ebreo.
A seguire, nel periodo compreso tra il 21 dicembre del 1935 e il 1 luglio del 1943, vennero emanati altri 12 regolamenti successivi, che diminuirono le libertà e i diritti degli ebrei come: l’impossibilità di esercizio per medici, avvocati, dentisti e veterinari, l’iscrizione alla Reichsvereinigung der Juden in Deutschland (un’organizzazione che, sotto diretto controllo della Gestapo, sostituiva qualsivoglia altra organizzazione ebraica), l’espropriazione del patrimonio, sia in caso di espatrio, sia nell’eventualità di morte, la sottomissione della loro giurisdizione alla Gestapo e non alla giustizia civile e l’esclusione dall’assistenza sanitaria, così come dalle scuole pubbliche.
Le leggi di Norimberga risulteranno, per il diritto, una rivoluzione assoluta, che si distaccava da tutte le forme precedenti. Invero, l’individuo non sarà più portatore di diritti in quanto tale, ma solo come appartenente a uno specifico popolo, identificato in una razza.
Sono un giovane sociologo determinato, motivato e appassionato. Possiedo una Laurea Triennale in Scienze Politiche, una Laurea Magistrale Biennale in Sociologia e Ricerca Sociale e sono attualmente iscritto all’Associazione Sociologi Italiani. Mi occupo principalmente di ricerca e analisi sociale, consulenza e scrittura. Sono madrelingua italiano, parlo inglese a un discreto livello, e comprendo anche lo spagnolo e il francese. I miei passatempi preferiti sono la lettura e il kendo.