Settembre 16, 2024

L’identità cangiante delle Vergini Giurate

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Nelle impervie zone montuose dei Balcani, le Vergini Giurate sono sfuggite per generazioni a qualunque tipo di categorizzazione, mettendo in discussione il binarismo di genere.

Introduzione

Con il termine vergine giurata, si fa riferimento nell’area balcanica ad una persona, registrata alla nascita come appartenente al sesso femminile, che, ad un certo punto della sua vita, comincia ad identificarsi e ad essere identificata socialmente in quanto uomo, attraverso un voto di castità permanente e un cambio di vita radicale nelle abitudini, nel modo di vestire e nel riconoscimento dei diritti.

Questo fenomeno, ormai quasi completamente scomparso, è strettamente correlato alla storia dell’ex-Jugoslavia e dell’Albania e ha le sue radici nel Kanun, il codice di diritto consuetudinario albanese che regolava gli assetti sociali dei gruppi tribali stanziati nelle Alpi Dinariche fino al XX secolo.

Tale codice prevedeva la presenza delle vergini giurate in risposta a situazioni potenzialmente anomale per il sistema patriarcale, patrilineare e patrilocale alla base delle comunità balcaniche rurali. Come vedremo infatti, la figura della vergine giurata era funzionale al mantenimento dell’ordine sociale tradizionale, laddove il potere maschile veniva messo in discussione. Ciononostante, il loro status, difficilmente inquadrabile in categorie sociali prestabilite, ha reso le vergini giurate un caso di studio unico, che mette in luce le molteplici sfumature della costruzione dell’identità di genere.

Fig. 1 Vergine Giurata in Albania (1908)

Vergini Giurate: origine, diffusione e ragioni dietro questo fenomeno

Secondo Antonia Young, studiosa che ha condotto numerose ricerche sull’argomento, il fenomeno delle vergini giurate sarebbe antichissimo e il fatto che il Kanun ne parli dimostrerebbe la loro presenza già nel XV secolo. Tuttavia, molti altri autori concordano nell’affermare che tale codice, benché sia stato teorizzato in quel periodo dal Principe Lekë Dukagjini, sia il risultato dell’accorpamento di diverse tradizioni orali, messe per iscritto solamente nel XX secolo da Shtjefen Gjeçov, frate francescano di origine kosovara che in dodici volumi in dialetto ghego albanese riportò tutti i materiali raccolti sul Kanun.

Non vi è dunque alcuna certezza sulla presenza delle vergini giurate in area balcanica precedentemente alla metà dell’Ottocento, periodo a cui risalgono le prime testimonianze. Nel 1860, l’etnografo serbo Milorad G. Medaković scrisse nel suo libro, Život i običaj Crnogoraca, di aver incontrato nel 1855 Milica, una ragazza che aveva deciso di restare nubile per diventare un figlio maschio per il padre. Nel 1867 invece, il diplomatico austriaco Johann Georg von Hahn, nella sua opera, Reise durch die Gebiete des Drin und Wadar, raccontò di aver incontrato quattro anni prima tra le montagne di Durazzo quattro ragazze che avevano rinunciato al matrimonio e che avevano deciso di vivere come uomini.

Successivamente, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, molte altre fonti emersero riguardo alla presenza delle vergini giurate nei territori che fanno parte oggi dell’Albania, della Serbia, del Kosovo, della Macedonia del Nord, del Montenegro e della Bosnia-Erzegovina. Si trattava di un fenomeno frequente nelle comunità cattoliche così come in quelle musulmane e ortodosse e, in ognuno di questi contesti, i termini per definire la figura della vergine giurata erano molteplici. Ancora oggi, in Albania, sono diffusi i termini virgjineshë, verginesa, vajzë, betuar e burrnesha (il significato di quest’ultima parola è indicativamente “marito di se stessa”); in Bosnia, viene utilizzato tobelija, che significa “legata ad un voto”; in serbo-croato impiegano virdzina; in serbo, una vergine giurata può essere definita anche ostajnica (colei che resta); in turco, viene invece chiamata sadik, leale e devota.

In tutti le aree geografiche, vi erano però delle caratteristiche comuni: ad esempio, tutte le vergini giurate provenivano da comunità montane rurali in cui il governo Ottomano faticava ad esercitare un controllo efficace e dove il Kanun rappresentava la principale fonte di regolamentazione civile e penale. Questo tipo di società tribale, incentrata sul diritto consuetudinario, era fondata sulla discendenza patrilineare e su un’asimmetria di genere estremamente marcata. Le donne, infatti, erano considerate appartenenti alla famiglia del proprio padre, il quale aveva il diritto di scegliere chi avrebbero dovuto sposare: nel momento in cui cedeva le figlie ai futuri mariti, egli dava addirittura loro simbolicamente un proiettile per disporre delle loro vite, in caso di offesa all’onore.

Infatti, secondo il Kanun, la vita di una donna valeva la metà di quella di un uomo ed era strettamente legata alla capacità di generare figli. Le figlie femmine erano considerate una disgrazia e una sposa poteva essere ripudiata finché non metteva al mondo un erede maschio. Le donne non potevano votare nei consigli tribali e, nel caso in cui rimanessero vedove senza figli, erano obbligate a tornare nella casa paterna, mentre da vedove e madri, dipendevano dai figli maschi a partire dal momento in cui questi raggiungevano l’età di quindici anni.

In questo tipo di assetto sociale patriarcale, si inseriva dunque la figura della vergine giurata, un’apparente anomalia che in realtà era funzionale al mantenimento della disuguaglianza e dell’ordine patriarcale. Quest’ultimo aspetto può essere compreso analizzando le modalità con cui era possibile fare questo tipo di giuramento.

Innanzitutto, è possibile distinguere tra due categorie di vergini giurate in base alla volontarietà del voto di castità permanente: quelle che hanno scelto di diventarlo e quelle che sono state costrette a prendere questa decisione. Le fonti relative alle modalità in cui veniva manifestato questo voto sono estremamente frammentarie: sembra che in tempi antichi la donna intenzionata o spinta a diventare vergine giurata dovesse trovare dodici testimoni per dichiarare solennemente di non intraprendere mai relazioni sessuali e di assumere un’identità sociale maschile. Di fatto, sembra che in realtà il voto avesse natura più informale e che, nella maggior parte dei casi, semplicemente la persona informasse i famigliari della scelta fatta, si tagliasse i capelli e cominciasse ad indossare abiti maschili. Ciò era dovuto anche al fatto che spesso la decisione o l’imposizione di diventare vergine giurata avveniva durante l’infanzia o addirittura poco dopo la nascita.

Le modalità con cui avveniva il voto permettono inoltre di comprendere le ragioni dietro a questo fenomeno che potevano essere molteplici:

La mancanza di un erede maschio all’interno di un gruppo familiare. Nelle comunità delle Alpi Dinariche, la discendenza si trasmetteva di padre in figlio. Gli uomini erano a capo dei gruppi famigliari allargati di cui erano responsabili dal punto di vista economico, sociale e religioso.

A volte, accadeva però che la linea di discendenza maschile fosse a rischio; in caso di decesso del capofamiglia, in mancanza di eredi maschi, il gruppo famigliare rischiava di estinguersi o di essere assimilato ad altri nuclei comunitari. Questa situazione non era così sporadica come si potrebbe pensare: gli uomini dell’area balcanica all’inizio del Novecento erano in minoranza rispetto alle donne, anche a causa del fatto che molti di loro emigravano o perivano in faide famigliari (sembra che negli anni Venti circa il 30% di loro morisse per questa ragione in giovane età). Per evitare questa evenienza, una figlia femmina veniva costretta a diventare una vergine giurata acquisendo così un’identità sociale maschile; in altri casi, lo diventava spontaneamente per preservare l’onore della famiglia. Una volta raggiunta la maggiore età di un altro membro maschile del gruppo, questi diveniva il nuovo capofamiglia: ciononostante, era estremamente raro che una vergine giurata cercasse di annullare il proprio voto, poiché fondato sull’onore.

Il caso di Milica/Mikas Milićev Karadžić (1862-1934), studiato da Antonia Young, in tal senso è emblematico. Quando Milica era molto piccola suo padre morì, così la madre e la nonna decisero di allevarla e vestirla come un bambino. In mancanza di eredi maschi, fin dalla nascita, Mikas venne cresciuto come appartenente al genere maschile in cui da allora si identificò sempre.

Fig. 2 Milica/Mikas Milićev Karadžić nel 1929

In un altro caso riportato da Young, Tonë, una figlia femmina, scelse a nove anni di diventare vergine giurata in assenza del padre e dopo la morte dei fratelli. Tonë però, anche dopo la nascita di un fratello maschio a cui lasciò la carica di capofamiglia, venne sempre considerato un uomo e non tornò mai ad identificarsi in quanto donna.

Evitare un matrimonio indesiderato. Se una donna veniva promessa sposa ad un uomo con cui non desiderava unirsi in matrimonio, l’unico modo per mantenere intatto l’onore del proprio padre e dello sposo rifiutato era dichiararsi una vergine giurata. Questa pratica era infatti istituzionalizzata a livello sociale e una donna che sceglieva di fare un voto di castità e di vivere come un uomo era tenuta in grande considerazione e rispettata, perché la sua decisione era vista come un sacrificio fatto in nome della famiglia a cui si sarebbe dedicata. Anche le vedove senza figli potevano intraprendere questa scelta, a riprova del fatto che il voto di castità non era strettamente legato alla sessualità vissuta fino al momento del giuramento ma alla necessità di negare la procreazione, così che le vergini giurate potessero essere considerato uomini a livello sociale.

Faide di sangue. L’ultima principale ragione dietro la scelta o l’imposizione di divenire vergine giurata è collegata al dilagare delle faide famigliari che imperversavano tra le società tribali delle Alpi Dinariche. Quando un uomo veniva ucciso da un membro di un altro gruppo famigliare, i suoi parenti maschi avevano il dovere di vendicarlo: ciò dava inizio ad una lunga scia di sangue e ogni volta che un uomo veniva ucciso, i colpevoli dovevano rimanere chiusi in casa per evitare di essere uccisi a loro volta. Ecco allora che la figura della vergine giurata, nella sua eccezionalità, permetteva di risolvere questa situazione. Le vergini giurate infatti, erano legalmente considerate esenti dalle faide e potevano uscire di casa liberamente quando queste erano in corso senza il pericolo di essere coinvolte; inoltre, essendo considerate socialmente uomini, potevano svolgere tutte le attività tradizionalmente attribuite al genere maschile.

L’esistenza ibrida delle Vergini Giurate

Indipendentemente dalle diverse situazioni che potevano condurre all’affermazione dello status di vergine giurata, questa figura presentava delle caratteristiche precise. Innanzitutto, le vergini giurate portavano i capelli corti e vestivano in abiti maschili: alcune indossavano solamente il cappello tradizionale albanese (ksula) e il tipico gilet nero di lana con le maniche corte (xhurdì), mentre altre usavano abiti maschili durante il giorno ma non durante la notte. Non erano obbligate a cambiare nome ma erano considerate uomini a livello sociale e per questo godevano di diritti ad essi riservati: potevano andare in guerra, detenere armi, fumare tabacco, bere alcolici, imprecare, indossare i pantaloni e un orologio, possedere ed ereditare terre e case, spostarsi e vivere da sole, lavorare e guadagnare denaro.

L’indipendenza che raggiungevano grazie al cambio di status ha fatto pensare in passato che le vergini giurate rappresentassero una sorta di rivendicazione dei diritti della donna: questa interpretazione non potrebbe essere più lontana dalla realtà. Ben lungi dal rappresentare moderne Amazzoni propositrici di un ordine matriarcale, come era stato ipotizzato in passato, le vergini giurate erano in realtà integrate nel sistema patriarcale della società tradizionale in cui erano inserite. Per detenere diritti, dovevano cancellare qualunque traccia che potesse identificarle a livello sociale in quanto donne: inoltre, la loro figura era funzionale al proseguimento delle linee di discendenza patrilineare e alla gestione delle faide famigliari tra uomini, mentre le donne del gruppo non traevano alcun vantaggio dalla loro presenza. La maggior parte delle vergini giurate era addirittura misogina e aveva interiorizzata la diseguaglianza sociale tipica delle società tradizionali in cui vivevano. La loro condizione era un’anomalia necessaria che la società rurale dei Balcani adottava per sopperire alla mancanza di uomini e per preservare l’onore della famiglia: i diritti che detenevano erano loro concessi in quanto uomini, per ottenerli dovevano rinunciare per sempre alla propria sessualità e non potevano votare nei consigli tribali.

Questi due elementi dimostrano la natura eccezionale della figura della vergine giurata, difficilmente inquadrabile in categorie predefinite. Per questo, nonostante il loro inserimento in una società apertamente discriminatoria nei confronti delle donne, le vergini giurate hanno messo in luce la natura cangiante e potenzialmente ibrida dell’identità di genere: né donne né uomini, esse hanno incarnato, spesso involontariamente, una sfida al binarismo in una società patriarcale, patrilineare e patrilocale.

Conclusione

Oggigiorno il fenomeno delle vergini giurate è ormai quasi completamente scomparso. Gli avvenimenti storici del XX secolo, in particolare la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia e l’avvento e la caduta del comunismo in Albania, portarono ad un notevole ridimensionamento dell’importanza del Kanun. Nel 2002, le vergini giurate erano all’incirca duecento. Nel 2016, si pensò che fosse deceduta l’ultima vergine giurata: recenti studi ipotizzano però che una decina di loro sia ancora in vita.

Una stima esatta risulta difficile anche a causa del fatto che la loro identità viene spesso nascosta e, nella vita di tutti i giorni, la condizione di vergine giurata non viene manifestata. Ciò è dovuto anche al fatto che la maggior parte delle vergini giurate stesse si è considerata nel corso del tempo semplicemente appartenente al genere maschile e la curiosità per il loro status è stata spesso tacciata di etnocentrismo ed eccessiva esoticizzazione.

L’istituzionalizzazione di questa figura dimostra come venisse naturalizzata una condizione di per sé anomala all’interno di una società tradizionale, fondata sul binarismo di genere e su nuclei famigliari patrilineari. Questa assimilazione di un’apparente anomalia era funzionale alla sopravvivenza della società patriarcale stessa ma, allo stesso tempo, mette in luce la natura culturale delle categorie di genere e ci permette di intravedere le innumerevoli sfumature che queste possono acquisire, in quanto messe in atto a livello sociale (performed) piuttosto che acquisite alla nascita.

Disclaimer: all’interno di questo testo, è stata impiegata l’espressione vergine giurata come riportata nella letteratura sull’argomento. La declinazione femminile del termine è puramente grammaticale e non corrisponde all’identità di genere delle persone a cui si riferisce.

Fonti:

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  10. Young, Antonia, and Larenda Twigg. “‘Sworn Virgins’ as Enhancers of Albanian Patriarchal Society in Contrast to Emerging Roles for Albanian Women.” Etnološka Tribina 39, no. 32 (2009): 117–134.

L’immagine di copertina è stata rinvenuta online senza alcuna indicazione relativa ai diritti; per qualunque segnalazione in merito, contattare l’autrice.

La figura 1 è di pubblico dominio, è stata scattata nel 1908 da Edith Durham

La figura 2 è di pubblico dominio, è stata scattata nel 1929 da Branimir Gušić 

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