L’intelligenza artificiale in campo
5 min readWassily Kandinsky è stato un pittore russo e anche un importante innovativo teorico dell’arte astratta. Kandinsky utilizzava il punto, la linea e la superficie per tracciare le dimensioni degli oggetti che compongono la realtà. Così facendo, realizza un viaggio dal mondo della realtà fisica (il luogo degli oggetti), al mondo della realtà metafisica (il luogo dei concetti), dando un segno distintivo ad ognuno di questi.
Un viaggio sorprendente tanto quanto fu grande la sorpresa che accolse il fisico Heisenberg quando è approdato sull’isola di Helgoland nel mare del nord nel 1925. Egli scoprì una strana bellezza, quella della fisica quantistica, quindi dello spazio e del tempo.
Ecco, noi entreremo dentro le relazioni spazio-temporali della partita di calcio e lo facciamo analizzando punti, linee e figure geometriche che ci porteranno oltre la crosta superficiale della partita. Un viaggio alla ricerca di quelle concatenazioni causa-effetto che determinano l’andamento della partita e dunque anche il suo esito.
Un viaggio che ci porterà a scoprire come in realtà gli stessi elementi utilizzati nell’arte, da parte di Kandinsky, vengono impiegati nell’analizzare una partita di calcio.
Il punto, lo strato più superficiale del calcio, è il luogo di intersezione tra la traiettoria del giocatore e quella del pallone: è esattamente dove il giocatore incontra il pallone. Un momento magico che catalizza l’attenzione di tutti.
Lo stesso punto si unisce ad altri punti per creare delle linee, il secondo strato di rappresentazione, ossia quello dei passaggi, che non è altro che un linguaggio non verbale che usano i giocatori per comunicare in campo. Intese istintive che permettono di definire un tipo di azione, per esempio un’azione verticale, un contropiede molto veloce oppure un’azione manovrata con tanti passaggi preparatori orizzontali.
Perché le squadre adottano una strategia piuttosto che un’altra?
Per capirlo e risalire alle cause, è necessario accedere al terzo strato dimensionale della partita, quello più profondo, ossia lo strato delle contrapposizioni delle superfici delle due squadre. Sono poligoni che si muovono e si sovrappongono intrecciandosi tra di loro.
A noi in realtà non ci interessa la metrica esatta di queste dimensioni, piuttosto ci interessa il significato cognitivo calcistico. Quindi ci viene incontro la topologia, e nessuno meglio di Poincaré ce la può spiegare attraverso la sua congettura.
Poincaré poneva la seguente questione: un pallone da calcio e un pallone da rugby sono uguali o sono diversi l’uno dall’altro?
Secondo la geometria, e forse anche il nostro percepito, diremmo che sono due entità diverse dal momento che il pallone da calcio ha una superficie circolare, mentre il profilo del pallone da rugby è ovale.
Invece per Poincaré sono due figure uguali proprio perché non presentano alcuna discontinuità in superficie. In altre parole, sono due figure piene.
Come rapportiamo invece un krapfen ad una ciambella? Dovrebbero essere uguali dal punto di vista geometrico poiché sono entrambe figure circolari.
Poincaré spiega in realtà che sono diverse perché il krapfen è una figura piena esattamente come i due palloni visti in precedenza, mentre la ciambella presenta un “buco”, ossia una discontinuità superficiale.
Ecco, nel calcio si va alla ricerca di questi “buchi”.
Vediamo un esempio di goal fatto in Champions League da Cristiano Ronaldo di qualche anno fa. La ripresa televisiva ci fa notare l’aspetto “visibile” dell’azione. Un’azione veloce, concretizzata da Ronaldo, con un grande colpo di testa.
Ora, rivediamo la stessa azione attraverso la sua matrice spazio-temporale e scopriamo che la difesa dell’Ajax (la squadra avversaria), inizialmente non presenta “buchi” nella profondità. Successivamente, Ronaldo riceve il pallone e fa una scelta diversa: si gira di spalle, evita di puntare l’avversario attirando su di sé il difensore come una calamita e crea improvvisamente una voragine alle spalle della difesa dell’Ajax che diventa una “ciambella”.
Il suo compagno di squadra che gli ha passato il pallone vede lo spazio vuoto e ci si addentra perspicacemente. Ronaldo poi continua la sua corsa verso il primo palo portando con sé un altro difensore e creando un altro “buco”, quindi un’altra ciambella, la quale viene notata dal compagno di squadra che esegue un cross perfetto. Ronaldo si trova da solo e segna la rete.
Se queste sono le cause che dobbiamo andare a ritrovare per capire il calcio, la domanda che ci si pone è la seguente: i sistemi tecnologici di oggigiorno possono trovare e soprattutto prevedere queste cause in automatico e in tempo reale?
La risposta è affermativa. Esiste un modello di cui si è dotata la lega serie A che permette di vedere le partite di calcio attraverso telecamere speciali in grado di distinguere i pixel delle maglie dei giocatori dal background del campo e quindi di fornire le coordinate x-y dei loro movimenti con una velocità pari a 20 frame al secondo.
Questi big data viaggiano velocemente sul cloud dove incontrano degli algoritmi molto sofisticati di intelligenza artificiale che, attraverso l’analisi di movimenti e traiettorie, forniscono degli indicatori di prestazione i quali vengono restituiti con zero tempo di latenza nelle panchine.
Gli allenatori possono dunque guardare queste informazioni per capire meglio la partita ed eventualmente migliorare i processi decisionali. Qui invece si vede una app in funzione durante la gara Juve-Bologna.
Si vedono sul tablet le visualizzazioni di quelle aree di pertinenza dei giocatori e si nota come siano degli indicatori assolutamente innovativi e rivoluzionari per la comprensione di una partita; indicatori come la pericolosità di una squadra, il pressing subito dai giocatori oppure la disponibilità di un attaccante a ricevere il pallone.
Sono tutti dati che arrivano in panchina e si tratta di milioni di dati. Come fa un allenatore a capire ciò che effettivamente gli serve?
Tornando all’analogia quantistica, questi dati vengono pacchettizzati (quindi snelliti) ed inviati in panchina solo quelli più utili all’allenatore.
Dunque, parliamo di una minaccia o di un’opportunità per un allenatore?
La risposta ce la facciamo dare da Mauro Berruto (precedente commissario tecnico della nazionale di volley): “ogni informazione che mi arriva da un sistema tecnologico che può vedere oltre a quello che vedono i miei occhi, può aumentare la mia conoscenza e quindi può aumentare la mia capacità di allenare”.
LINK UTILI:
Cos’è il virtual coach
Spanish football technologies
Applying the principles of Johan Cruyff to data science
Rubrica: “Il Pensiero Artificiale“
Sono un ricercatore presso Co.Mac – CFT, un importante gruppo italiano che opera nell’ambito degli impianti industriali. Laureato in ingegneria Meccanica con specializzazione in Meccatronica al Polimi. Attualmente studio automazione con particolare focus verso gli algoritmi di intelligenza artificiale e le sue applicazioni nel mondo reale.
Comunicare significa donare parte di noi stessi, ed è questo il motivo per cui la divulgazione scientifica è una delle mie più grandi passioni.
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