Lo straordinario mondo dei Dinosauri. Intervista a Zoosparkle
7 min readCom’è nata la tua passione verso lo studio dei fossili e il mondo dei dinosauri?
Diciamo che con la mia passione ci sono nato, ma se devo identificare un fattore scatenante allora direi che vedere per la prima volta “Jurassic Park” (era il 1993) mi ha cambiato la vita. Per molti della mia generazione è stato così, vedere dei dinosauri che sembravano veri per la prima volta è stata un’emozione fortissima. Da lì ho capito che gli animali (e i dinosauri in particolar modo) avrebbero fatto parte della mia vita.
Come si applica il metodo scientifico nello studio di fenomeni risalenti a milioni di anni fa?
La paleontologia è una scienza relativamente giovane, e che talvolta non viene percepita come “attuale” dalle persone, perché si occupa di cose distantissime da noi a livello temporale. E invece non è così, perché i processi geologici che erano attivi milioni di anni fa sono attivi ancora, solo che ci siamo in mezzo e viviamo troppo poco per apprezzarli! Il paleontologo è uno scienziato che come un detective deve ricostruire un quadro generale a partire (spesso, purtroppo) da pochi frammentari indizi. I fossili ci danno molte informazioni, ma ce ne nascondono tantissime altre, basti pensare che i tessuti molli di norma non fossilizzano, salvo casi eccezionali; per ricostruire il quadro, il paleontologo deve fare un’ipotesi (per esempio nel ricostruire l’aspetto di un certo organismo fossile), che poi va verificata. Come? Ad esempio considerando l’aspetto che hanno gli organismi viventi più simili a quello che stiamo cercando di ricostruire, cercando di capire se nel loro antenato comune già fosse presente una determinata caratteristica, aiutandoci coi fossili che già conosciamo e (talvolta) con la biologia molecolare. Bisogna fare insomma quello che viene chiamato in gergo phylogenetic bracketing (o “inferenza filogenetica”). Per quanto riguarda i fenomeni geologici, ci possono venire in aiuto dati sul paleomagnetismo, sullo studio della posizione nel tempo degli affioramenti rocciosi, e anche la posizione nel tempo di determinati organismi fossili.
Quali metodi e strumenti, oltre a quelli già noti (per esempio definire le aree protette) possiamo adottare per preservare ecosistemi diversi?
Senz’altro la sensibilizzazione verso questi temi passa anche dalla divulgazione. Per questo reputo molto importante la figura del divulgatore che si occupa di scienze naturali all’interno della società; una persona che fa da tramite tra gli scienziati conservazionisti e le persone può essere di fondamentale importanza. Uno strumento che ultimamente sta dando anche frutti in alcune zone è l’ecoturismo. Badate bene: pagare per farsi una foto con una scimmia o per accarezzare una tigre non è ecoturismo! L’Ecoturismo vero significa recarsi in Natura per osservare a debita distanza gli animali nel loro ambiente naturale, con tutte le precauzioni del caso (sia per la nostra che per la loro salute) e senza avere il 100% di chances di vederli. Davide Palumbo di Biosfera Itinerari mi disse alcuni anni fa che ci sono dati incoraggianti per quanto riguarda ad esempio le popolazioni di tigri in alcune parti dell’India e i Gorilla di Montagna in Africa. L’ecoturismo se fatto bene va a vantaggio sia degli animali, che vengono protetti, sia delle persone locali, che a quel punto capiscono che quegli animali generano più ricchezza da vivi che da morti, e che è opportuno preservarli; per preservare loro bisogna preservare l’habitat, e questo va a vantaggio di tutti gli altri animali che vengono indirettamente protetti assieme alla cosiddetta “specie ombrello” (esempio: se proteggo il gorilla e ne mantengo integro l’habitat, tutti gli animali che vivono nelle stesse zone del gorilla avranno un ovvio vantaggio dalla situazione).
Come si può far capire l’importanza e la circolarità del rapporto tra noi esseri umani, gli altri esseri viventi e l’ambiente?
Un esempio chiaro sono gli insetti. La nostra vita (e quella di una quantità spropositata di organismi) è legata, direttamente o indirettamente, a loro. Mi verrebbe in mente l’esempio delle api, ma credo che sia un po’ abusato, e anche leggermente fuorviante. Vengono sempre nominate le api da miele, quando invece ci sono moltissime altre api selvatiche (molte delle quali sono api solitarie) che hanno un impatto sull’impollinazione ancora maggiore di quelle da miele (che in alcune zone delle quali non sono originarie sono anche considerate invasive, competendo con le specie del luogo causando problemi alla biodiversità locale). E poi ci sono un sacco di ditteri (mosche, e anche zanzare), i lepidotteri (farfalle e falene), molti coleotteri… insomma, dovremmo prendere a cuore tutti gli impollinatori, e non solo quelli che generano più entrate economiche con la vendita di miele e cera. E poi ci sono una marea di insetti che svolgono un servizio fondamentale per la comunità, agendo da spazzini e rimuovendo dall’ambiente potenziali focolai di batteri patogeni; è il caso per esempio di formiche e scarabei stercorari. Tantissimi animali poi basano (in parte o interamente) la loro alimentazione sugli insetti, e molti insetti predatori ci aiutano a mantenere sotto controllo la popolazione di altri insetti che altrimenti si mangerebbero più che volentieri le nostre colture. Gli insetti sono la dimostrazione che “piccolo” non sempre vuol dire “insignificante!”
Parlando di dinosauri: rispetto all’intelligenza degli altri animali e in base alle informazioni di cui disponiamo oggi, a che livello di collocherebbe quella dei dinosauri e perché?
E’ difficile capirlo. Chiariamo una cosa intanto: i dinosauri non sono affatto estinti, perché oggi sappiamo che gli uccelli sono in tutto e per tutto dinosauri, gli unici ad essere sopravvissuti all’estinzione di massa di 66 milioni di anni fa. Gli uccelli non sono affatto “cervelli di gallina”, perché oggi sappiamo che molti di loro, come corvidi e pappagalli, hanno un’intelligenza meravigliosa. Attenzione però a proiettare questo fatto sui dinosauri; gli uccelli rappresentano una condizione derivata rispetto ai dinosauri non aviani (cioè non uccelli). E c’è anche un’altra cosa da dire: quello che negli uccelli fa la differenza non è solo la dimensione del cervello, ma (soprattutto) l’impacchettamento dei neuroni all’interno del cervello. Avranno anche un cervello più piccolo del nostro, ma ci sono zone del cervello di alcuni uccelli che hanno tre volte la densità neuronale del nostro! Un cervello di dinosauro non aviano da studiare non lo abbiamo, quindi non possiamo sapere se l’impacchettamento dei neuroni fosse simile. Se si fa una TAC ad un cranio di dinosauro, possiamo capire quale fosse la forma del cervello in base alla cavità che ha lasciato nel cranio, e anche capire magari quale dei lobi (olfattivo, uditivo, ecc) fosse più sviluppato, provando a ragionare anche sulla probabile etologia dell’animale, ma non si può fare di più. Dopo gli uccelli, i parenti dei dinosauri più prossimi sono i coccodrilli, che sono loro cugini; chissà, magari molti dinosauri avevano un’intelligenza intermedia tra quella di un coccodrillo e quella di uno struzzo (o un altro uccello del gruppo dei paleognati, gli uccelli viventi che per primi si sono staccati dal ramo che ha portato agli altri uccelli viventi, e pertanto di origine più antica). Comunque, non scordiamoci che non serve un cervello complesso per fare cose complesse, e che mettere a paragone le altre intelligenze con la nostra è scorretto, dal momento che non siamo noi il modello ideale di intelligenza sul nostro pianeta. Anche perché un modello ideale non c’è!
Se i dinosauri non si fossero estinti sarebbe stata possibile la vita per l’essere umano? Se sì, come? Come ci saremmo potuti evolvere in rapporto a loro?
Beh, noi siamo qui a fare quest’intervista proprio perché i dinosauri si sono estinti (o meglio, parte di loro). Mammiferi e Dinosauri sono comparsi più o meno nello stesso momento, nel Triassico; i Dinosauri e i loro parenti sono stati però più rapidi ed efficienti a estendere la loro egemonia sulla terraferma, diventando i principali vertebrati di grosse dimensioni per tutto il Mesozoico. Noi ci siamo specializzati in varie forme, ma abbiamo sempre vissuto “dietro le quinte”, per evitare la competizione coi Dinosauri. Quando i grandi vertebrati di terraferma sono stati cancellati dai processi innescati dalla caduta del famoso asteroide, allora i mammiferi hanno incominciato a sfruttare ogni nicchia ecologica diventata disponibile, diversificandosi nel modo che conosciamo oggi (Primati compresi). Fate conto che nel Mesozoico il mammifero più grande era circa delle dimensioni di un tasso!
E non scordiamoci comunque che oggi i Dinosauri ci superano comunque in numero di specie, dal momento che esistono circa 10.000 specie di uccelli viventi.
Abbiamo scoperto in tempi relativamente recenti la discendenza degli uccelli dai dinosauri: come è stato possibile poter affermare questo legame?
La storia era cominciata a circolare già ai tempi di Darwin. Uno dei primi ad intuirla fu il suo collaboratore e amico Thomas Huxley; la scoperta e descrizione del famoso Archaopteryx (il “primo uccello”) prima e del Compsognathus poi lo indussero a ritenere che gli uccelli si fossero originati da piccoli dinosauri. Fin qui, il dibattito fu praticamente messo da parte fino alla descrizione, nel 1969, di Deinonychus, un parente del Velociraptor, da parte di John Ostrom. Ostrom riconobbe diverse caratteristiche “da uccello” in questo dinosauro, e diede il via al cosiddetto “Rinascimento dei Dinosauri”, ovvero un periodo in cui il mondo scientifico (e in realtà, il mondo in generale) cambiò radicalmente idea sui dinosauri, cominciando a pensare che potessero essere animali agli, attivi ed energici, non lenti e letargici bestioni a sangue freddo, simbolo universale del fallimento evolutivo. La scoperta delle piume nei dinosauri non aviani ha messo definitamente fine al dibattito; nel 1996 viene descritto il Sinosauropteryx, un piccolo dinosauro cinese che mostra per la prima volta la presenza di piumaggio in un dinosauro non aviano. E molti altro dopo di lui si sono poi aggiunti alla folta schiera di fossili di dinosauri piumati negli ultimi anni, mostrando che le penne non si sono evolute per volare, ma per altri motivi. Quali? Se ne sta discutendo: termoregolazione? Comunicazione? Entrambe?
In effetti va detto che molte delle caratteristiche prettamente “da uccello” che conosciamo hanno davvero senso solo alla luce della storia evolutiva del gruppo. Il piumaggio, la costruzione del nido, un certo tipo di metabolismo, il sistema respiratorio… quello che rende un uccello tale ai nostri occhi è in realtà un mix di caratteristiche “dinosauriane” che gli uccelli hanno ereditato.
Ringraziamo Zoosparkle per averci concesso l’intervista!
La Redazione di Antropia.it si occupa di intervistare personaggi di rilievo nel panorama culturale regionale, nazionale e internazionale, allo scopo di portare voci autorevoli che possano trasmettere un messaggio costruttivo ed essere baluardi della cultura in Italia.