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Maggio 1, 2025

Missione Amazzonia: alla scoperta degli alberi monumentali

4 min read

L’Amazzonia, vista da lontano, ha un sapore esotico e patinato che affascina attraverso vedute di paesaggi suggestivi e vegetazione rigogliosa. Si tratta invece di un universo ancora largamente poco conosciuto, un bacino complesso di biodiversità ed equilibri tutto da esplorare: il verde ventre del mondo, dove un florido territorio incontaminato protegge se stesso, chiuso in un intricato abbraccio di folta vegetazione, mentre la storia gli passa accanto, tentando quotidianamente di insinuarvisi attraverso. Un mondo in cui coesistono rituali tradizionali di popolazioni indigene, per purificare l’ingresso degli esploratori nel fitto della foresta, e logiche speculative di profitto, che vi si addentrano senza chiedere alcun permesso. Un immenso patrimonio botanico e faunistico che ha ancora molto da raccontare, pur restando silenzioso, in attesa di rivelarsi solo a qualcuno capace di ascoltare con rispetto. Qui, pacifici guardiani delle foreste, si ergono gli alberi centenari, custodendo, fra le loro chiome, un prezioso brulicare di vita: insetti, funghi, licheni, epifite, che proliferano convivendo in modo simbiotico con i loro maestosi ospiti.

A distanza di quasi tre anni dall’ultima spedizione in quelle terre, la Giant Trees Foundation, che annovera fra le sue molteplici attività l’aver individuato e scalato alcuni tra gli alberi più alti in Europa e nel mondo, si accinge ad una nuova ambiziosa esplorazione. Lo scopo: localizzare, misurare in arrampicata, per poi studiarli, i giganti verdi della foresta amazzonica. La particolarità della missione: l’utilizzo di una disciplina innovativa, finora ricondotta prevalentemente ad applicazioni tecniche di manutenzione arborea, o ad attività sportive, il tree climbing. Questa metodologia è diventata per Andrea Maroè, dottore agronomo e direttore scientifico della fondazione, ed il suo staff, un sistema di approccio rispettoso e non invasivo di avvicinamento agli alberi. Accompagnati da esperti biologi, entomologi e guide locali, si apprestano dunque a “raccontare la vita oltre i 50 metri” nella foresta Amazzonica (Perù, Brasile, Ecuador, Venezuela).

Alla luce delle più moderne tecnologie, che permettono di rilevare le altezze da terra attraverso l’utilizzo di apposite strumentazioni laser, viene spontaneo chiedersi il motivo che spinge ad affrontare i rischi e la fatica di arrampicate tanto ardite: bisogna comprendere che ogni albero è in realtà un gigantesco epicentro di vita, la cui vetta difficilmente si riesce a cogliere dalla base, attraverso il fitto groviglio di rami, di cui, quelli più bassi, già superano i trenta metri. L’importanza del contatto diretto, vissuto durante la salita, diventa percepibile visionando le riprese, di volta in volta realizzate con l’ausilio di droni e Gopro, per documentare il lavoro svolto. L’ascesa lungo il tronco e le sue diramazioni dà l’impressione di un’immersione subacquea al contrario: ci si muove in direzione delle nuvole, al posto delle bolle si viene affiancati da funi, ma il mondo in cui si viene accolti è altrettanto inesplorato e popolato da organismi, per lo più introvabili al livello del suolo. Quando la volta arborea, che prima nascondeva il sole, diviene la verde pavimentazione di un nuovo orizzonte, ad oltre quaranta metri d’altezza, gli scarponi e le imbracature sfiorano “la terra del cielo”. Il termine “terra” porta erroneamente a pensare che si tratti di materiale trasportato dal vento o dalle intemperie, in realtà si tratta di un agglomerato organico, formatosi nel corso di centinaia d’anni, il cui aspetto ricorda in tutto e per tutto il terreno, senza però averlo mai incontrato; costituito da fogliame, resine e resti di piccole carcasse di animali, l’analisi di tale composto risulta di particolare interesse, in quanto può fornire dati biologici ed ambientali importanti, sia sulla crescita della pianta che sull’intera biosfera in cui vive.

Le molteplici sfaccettature di uno scenario così complesso, se da un lato stimolano ed esercitano da subito un forte richiamo ai fini della concretizzazione della missione, dall’altro richiedono opportuni tempi di messa a punto. La fase organizzativa del viaggio è complessa e richiede meticolose pianificazioni sia per gli aspetti burocratici che tecnici: lo studio, anche con l’ausilio di mappe satellitari, delle aree dove indirizzare le esplorazioni, l’analisi del materiale necessario per arrampicare nonché un approfondito calcolo di eventuali rischi. Nonostante ciò, insidie ed imprevisti sono sempre in agguato: per tutelarsi è indispensabile riparare il corpo con protezioni ed abbigliamento adeguati, che, se da un lato fungono da schermo, dall’altra impacciano i movimenti, aumentando calore, fatica e fiato corto.

In risposta ad un così profuso impegno le aspettative sono tanto ambizione quanto sperate: ci si prefigge di ottenere preziosi dati riguardo l’ubicazione, le caratteristiche morfologiche e di sviluppo degli esemplari arborei maggiormente rappresentativi di quei territori, al fine di ulteriori studi e tutele anche da parte delle autorità e degli organi competenti, sia nei riguardi dell’albero in sé ma anche delle foreste in cui crescono. Non da ultimo, l’obbiettivo di individuare nuove specie animali e vegetali, come si legge anche nel sito della GTF, “dato fondamentale per ampliare la conoscenza della realtà della foresta amazzonica intesa come tempio in grado di tutelare una molteplicità di esseri viventi”

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