Oltre il Semplice Sfondo: Il Paesaggio come testimone del passato
8 min readNelle sfumature mutevoli del nostro ambiente quotidiano, spesso consideriamo il paesaggio come un semplice sfondo, una tela inattiva che accompagna il nostro percorso senza richiedere particolare attenzione. Tuttavia, il paesaggio è molto più di una cornice silenziosa: ogni collina, fiume o città racconta una storia unica, intessuta di eventi, culture e significati; questa capacità di conservare le tracce del passato ha reso il paesaggio un’importante fonte storica.
Come la storia, altre scienze hanno usato e usano il paesaggio come strumento metodologico e oggetto di ricerca; l’intento di questo articolo è raccontare come, quando e perché iniziò ad essere visto come qualcosa di più di un semplice sfondo per poi diventare motivo di interesse per numerose discipline.
Sicuramente aveva già una grande importanza in Cina durante la dinastia Song, tra il X e il XIII secolo. In questi secoli, il paesaggio e la connessione tra l’uomo e l’ambiente naturale erano temi prominenti nell’arte cinese. Parallelamente, gli imperatori cinesi dedicavano ingenti risorse alla cartografia e alla documentazione paesaggistica per governare le loro estese regioni.
Nel contesto europeo, fu la crescita economica e il risveglio culturale, scientifico e artistico del quindicesimo secolo a segnare l’inizio dell’interesse per il paesaggio. Gli studiosi rinascimentali, ispirati dalle dettagliate descrizioni geografiche e topografiche degli autori antichi come Strabone, promossero un’osservazione più precisa del mondo circostante. Ciò fu reso possibile dalla crescente prosperità economica e all’ascesa della borghesia europea, che fornirono il terreno fertile per l’esplorazione e la rappresentazione del paesaggio da parte degli artisti.
Sia nei contesti europei che extraeuropei, le rappresentazioni artistiche del paesaggio non venivano solo percepite come espressioni di grandezza e maestosità della natura, ma erano anche strumenti utilizzati da nobili ed imperatori per decorare i loro palazzi, sottolineando il loro potere e la loro ricchezza. L’interesse per il paesaggio non era quindi solamente estetico, ma aveva profonde implicazioni politiche ed economiche.
Con le nuove scoperte geografiche e le espansioni coloniali del quindicesimo secolo, la capacità di studiare, classificare e riprodurre i paesaggi attraverso la topografia e la cartografia divenne un mezzo fondamentale per acquisire il controllo delle rotte commerciali ed espandere i territori. Inoltre, con l’espansione e la formazione di potenti entità territoriali, iniziò a legarsi al concetto di identità imperiale e nazionale, servendo come strumento di propaganda e rinforzando il senso di appartenenza e di orgoglio.
L’interesse crescente per il paesaggio che si sviluppò durante l’epoca moderna non si basava solamente sulla sua bellezza estetica, ma anche su considerazioni di importanza strategica, economica e politica, gettando così le basi per il ruolo centrale che il paesaggio avrebbe svolto in epoche successive. In particolare, il paesaggio iniziò a destare nuovi interessi nel diciannovesimo secolo, grazie alle esplorazioni naturalistiche di Alexander von Humboldt e Charles Darwin, nelle quali gli studiosi iniziarono a considerare le complesse interazioni tra elementi naturali, umani e culturali. Humboldt e Darwin compresero che il paesaggio era il risultato di processi geologici, biologici e culturali che si erano svolti nel corso del tempo, questo nuovo approccio aprì la strada a una visione interdisciplinare e approfondita del paesaggio, coinvolgendo diverse discipline, dalla geografia alla biologia, dalla geologia all’antropologia.
Nel ventesimo secolo, l’importanza del paesaggio come oggetto di ricerca e strumento metodologico raggiunse ulteriore importanza grazie all’introduzione della tecnologia, in particolare della fotografia aerea, che consentì di ottenere immagini dettagliate del territorio da diverse angolazioni e con una precisione senza precedenti. Gli avanzamenti tecnologici rivelarono le complesse interazioni tra gli elementi del paesaggio a diverse scale spaziali, offrendo una visione più chiara delle dinamiche paesaggistiche e della loro complessità. Quest’analisi delle dinamiche ecologiche e delle complesse interazioni tra gli elementi del paesaggio raggiunse un punto di svolta durante gli anni ’60 e ’70, con l’emergere della landscape ecology (ecologia del paesaggio). Questa nuova disciplina si proponeva di studiare le caratteristiche fisiche, biologiche e umane non come entità separate, ma come un intricato sistema ecologico interconnesso, dove gli elementi influenzano reciprocamente la struttura e la funzione del paesaggio. Uno dei contributi fondamentali alla landscape ecology è attribuito a Eugene P. Odum, un eminente ecologo statunitense che nel 1969 pubblicò il libro The Strategy of Ecosystem Development. Nell’opera, Odum considera il paesaggio come un sistema ecologico interconnesso, riconoscendo che le diverse componenti del paesaggio, tra cui gli elementi naturali come la flora, la fauna, il suolo e l’acqua, insieme agli elementi umani come le attività agricole, industriali e urbane, sono tutti collegati e interdipendenti. Questo approccio pone l’accento sull’interconnessione tra le varie parti del paesaggio, suggerendo che le azioni e i cambiamenti in una parte del paesaggio possono avere effetti complessi e spesso imprevisti su altre parti. Questa consapevolezza aprì la strada a numerosi studi che dimostrarono come eventi come la deforestazione in una regione possono influenzare non solo la flora e la fauna locali, ma anche l’equilibrio idrologico e persino le comunità umane che dipendono dalle risorse forestali. Parallelamente, le decisioni umane, come la pianificazione urbana o agricola, possono avere impatti diretti sulla salute degli ecosistemi circostanti.
Negli anni ’70 e ’80, l’aumento dell’urbanizzazione a livello globale e la crescente consapevolezza dei problemi ambientali resero necessarie delle analisi interdisciplinari delle connessioni tra gli uomini e gli ecosistemi. Infatti, in numerose università si iniziarono ad introdurre corsi e programmi dedicati alla landscape ecology per analizzare in maniera approfondita le nuove dinamiche dei paesaggi e trovare nuove soluzioni alle problematiche ad esse connesse. In questo contesto, le scienze storiche iniziarono ad interessarsi al paesaggio come testimone ed agente di cambiamento storico. Uno dei pionieri in questo campo è stato David Lowenthal, che nel suo libro The Past is a Foreign Country (1985), ha analizzato come il paesaggio sia in grado di riflettere le tendenze culturali e politiche del passato. Quest’opera si concentra sull’importanza del paesaggio come fonte storica, esaminando come nel contesto britannico e in alcune regioni dell’Europa occidentale, l’espansione delle ferrovie nel diciannovesimo secolo abbia lasciato un’impronta indelebile sulla topografia e sull’uso del suolo.
Un altro studioso di riferimento è stato John Brinckerhoff Jackson, noto per il suo libro Discovering the Vernacular Landscape (1984) nel quale l’autore si focalizza sull’’importanza di esaminare il paesaggio quotidiano e rivela come anche gli spazi apparentemente comuni possano raccontare storie significative. Il lavoro di Jackson evidenzia i molteplici elementi del paesaggio e la necessità di analizzare anche le piccole tracce, come strade, case e campi. Tali elementi saranno presi in analisi anche da Denis Cosgrove nel libro Social Formation and Symbolic Landscape (1998), nel quale l’autore contribuisce all’interpretazione simbolica del paesaggio nella storia culturale, sostenendo che il paesaggio può essere letto come un testo carico di significati e simboli, utilizzato per esprimere identità culturali e ideologie politiche.
Questi studiosi e le loro opere hanno contribuito in modo significativo all’evoluzione del concetto di paesaggio come fonte storica. Le loro analisi hanno dimostrato come il paesaggio sia una risorsa fondamentale per comprendere non solo la storia, ma anche la cultura e la politica di un’epoca. Attraverso le loro ricerche, si iniziò a guardare il paesaggio con occhi critici e a riconoscere le sue molteplici dimensioni.
Il paesaggio in Europa ha continuato a guadagnare rilevanza anche dopo il 2000, con la crescente consapevolezza dei problemi ambientali, come la perdita di biodiversità, la deforestazione e l’inquinamento. Le emergenze ambientali del nostro millennio hanno dimostrato la necessità di studiare e gestire il paesaggio in modo olistico, cercando di bilanciare le esigenze umane con quelle dell’ambiente naturale. Nel 2004, questa necessità è stata sancita dalla firma e l’entrata in vigore della Convenzione Europea del Paesaggio, promossa dal Consiglio d’Europa. Questa convenzione ha ridefinito il paesaggio come un diritto umano e ha stabilito direttive per la sua tutela, pianificazione e gestione sostenibile. Inoltre, la Convenzione ha posto l’accento sulla partecipazione dei cittadini nei processi decisionali relativi al paesaggio, aprendo la strada a un coinvolgimento più ampio e democratico delle comunità locali.
Nel campo della ricerca, dopo il 2000 ,si sono delineate nuove prospettive che hanno aperto la strada all’utilizzo del paesaggio come strumento di comprensione delle dinamiche socio-culturali. Queste nuove correnti di pensiero, come la landscape governance e la landscape justice, hanno contribuito a cambiare il modo in cui il paesaggio è stato studiato e compreso. Infatti, la landscape governance è emersa come un approccio che mira ad affrontare le questioni di potere e decisione legate al paesaggio, portando alla luce il fatto che esso non è semplicemente un prodotto fisico, ma anche il risultato di scelte politiche e sociali. Similmente, la landscape justice ha messo in evidenza le sfide legate all’equità e alla giustizia ambientale nel contesto paesaggistico, rilevando che non tutte le comunità e gruppi sociali beneficiano in modo equo del paesaggio e delle sue risorse; questa prospettiva ha contribuito a sottolineare l’importanza di considerare la giustizia sociale nei processi decisionali relativi al paesaggio.
La capacità del paesaggio di raccontare la storia e svelare le dinamiche di potere lo hanno reso una fonte di rilievo negli Studi Subalterni, un campo di ricerca dedicato all’analisi critica delle dinamiche sociali, politiche ed economiche. I ricercatori degli Studi Subalterni si sono concentrati sulla comprensione del paesaggio non come entità neutrale, ma come uno spazio in cui si manifestano le relazioni di potere e sfruttamento; mettendo in evidenza le voci e le esperienze spesso trascurate nelle narrazioni storiche tradizionali. Ad esempio, le modifiche apportate ai paesaggi colonizzati possono essere considerate una manifestazione delle dinamiche e delle pratiche di sfruttamento adottate dai colonizzatori.
Questo approccio critico ha notevolmente ampliato il concetto di paesaggio come fonte storica ponendo in discussione le narrazioni dominanti e rivelando le disuguaglianze e le ingiustizie intrinseche al modellamento del paesaggio. In questo contesto, i paesaggi diventano il palcoscenico in cui si svolgono le lotte di potere e le storie di resistenza delle comunità subalterne, offrendo un’importante prospettiva per comprendere le dinamiche storiche e sociali.
Oggi, il paesaggio mantiene la sua centralità nel fornire un’illuminante comprensione del passato e nel fornire risposte alle sfide ambientali e sociali del nostro tempo. Sostenuto dalla Convenzione Europea del Paesaggio, che lo riconosce come un diritto umano e promuove la partecipazione democratica nella sua gestione, il paesaggio rivela se stesso come un racconto vivente e una risorsa preziosa per plasmare il nostro futuro.
In questo spirito, il paesaggio ci offre una straordinaria visione, che intreccia passato, presente e futuro, spingendoci a considerare il nostro mondo circostante non più come uno sfondo inerte, ma come un racconto in costante evoluzione. L’evoluzione del paesaggio è, infatti, uno specchio delle trasformazioni culturali, ambientali e sociali attraverso le quali ogni società viaggia. In un mondo in continua trasformazione, il paesaggio rimane un testimone prezioso e un elemento fondamentale per costruire un percorso verso un futuro sostenibile e consapevole.
Fonti
Antrop, Marc. 2013. “A brief history of landscape research.” In The Routledge Companion to Landscape Studies, by IIan Thompson, Emma Waterton Peter Howard, 12-22. London: Routledge.
Crumley, Carole L., Jan C. A. Kolen, Maurice de Kleijn, and Niels van Manen. 2017. “Studying long-term changes in cultural landscape: outlines of a research framework and protocol.” Landscape Reaserch 880-890.
Hirsch, Eric. 1995. “Introduction Landscape: Between Place and Space.” In The Anthropology of Landscape Perspectives on Place and Space, by Eric Hirsch and Michael O’Hanlon, 1-24. Oxford: Clarendon Press.
Sono Lucilla, ho conseguito la laurea in Beni Culturali e successivamente mi sono specializzata in Global Cultures presso l’Università di Bologna. Il mio percorso di studi non ha solo aperto le porte alla conoscenza critica della storia e dell’arte, ma mi ha anche spronato ad utilizzare questa prospettiva per analizzare il mondo contemporaneo. Attraverso la condivisione delle mie ricerche e riflessioni su temi sociali e culturali spero di stimolare discussioni significative.