One-Punch Man e la forza di cambiare noi stessi
5 min readNato nel 2009 come webcomic pubblicato sul blog del fumettista giapponese noto con lo pseudonimo di ONE, One-Punch Man è un manga che ha riscontrato grande successo grazie alla sua trasposizione cartacea, serializzata a partire dal 2012 con i disegni di Yūsuke Murata, nonché all’adattamento in una serie anime che conta ad oggi due stagioni, trasmesse nel 2015 e nel 2019. A queste, in particolare, intendo qui fare riferimento.
One-Punch Man tra shōnen, supereroi e comicità
Nella cornice di un mondo periodicamente minacciato da esseri misteriosi, il giovane venticinquenne Saitama fa l’eroe per hobby, ma la sua attività è tutt’altro che appagante. Egli, infatti, allenatosi duramente per tre anni fino a perdere i capelli, ha ottenuto una forza tale da riuscire a sconfiggere qualunque villain con un solo pugno (di qui il nome dell’opera), circostanza che rende ogni suo combattimento insopportabilmente breve ed insoddisfacente.
L’impietoso divario che separa la potenza del protagonista da quella dei suoi malcapitati rivali svuota di significato, innanzitutto, la maniacale attenzione per i livelli di abilità dei personaggi che è caratteristica del battle shōnen: si tratta di quella categoria di manga/anime incentrata sulle arti marziali e rivolta ad un pubblico di adolescenti maschi di cui il famosissimo Dragon Ball è stato il simbolo per intere generazioni.
Ma agli occhi dello spettatore occidentale One-Punch Man mette in discussione anche la rappresentazione tradizionale del supereroe cui il fumetto di marchio U.S.A. ci ha abituato. Più che il perseguimento di nobili ideali, infatti, sono la noia e la frustrazione derivanti dalla sua condizione di disoccupato a spingere Saitama a voler diventare un eroe. Raggiunto poi il livello massimo di forza, è di nuovo la fuga dalla monotonia a dare un senso alle sue gesta eroiche, che egli compie primariamente nella speranza di incontrare un avversario alla sua altezza, capace di risvegliare in lui l’adrenalina di uno scontro alla pari.
Date queste caratteristiche, One-Punch Man ha ricevuto l’etichetta di prodotto parodistico, definizione che trova sostegno, del resto, nella comicità con cui l’opera ripropone i cliché tipici dello shōnen e del fumetto supereroistico: dall’aspetto a dir poco grottesco delle tute degli eroi che difendono il pianeta, alla fisionomia spesso ridicola dei mostri che ne minacciano la sopravvivenza, l’ilarità fa capolino sulla scena anche durante i momenti più drammatici, arricchiti da battute apparentemente fuori contesto.
Tuttavia, questa ironia non è da intendersi sempre e solo come frutto del taglio con il quale ONE ha inteso ridefinire il concetto di “supereroe”. Dietro di essa, infatti, l’autore sembra talora celare riflessioni più profonde sulla natura dell’essere umano.
Il superpotere della forza di volontà
L’episodio in cui Saitama svela il segreto della sua forza rappresenta, in questo senso, il caso più significativo: per tre anni consecutivi, in ogni singolo giorno dell’anno, egli ha eseguito 100 flessioni, 100 addominali, 100 piegamenti sulle gambe e 10 km di corsa, astenendosi dall’uso dell’aria condizionata per temprare lo spirito. La scena è intenzionalmente comica e gioca sull’epicità con la quale il protagonista descrive un programma di allenamenti del tutto ordinario, che non ha nulla di super. Eppure, il discorso di Saitama mi sembra andare oltre la pura e semplice parodia.
“Voi che giocate con l’evoluzione a creare dei neo-umani non arriverete mai a questo livello. La nostra forza è riuscire a cambiare noi stessi”
In questa frase, pronunciata al termine del suo racconto, l’eroe racchiude il segreto non solo della sua forza, ma anche di quella di ogni persona: se lo si vuole davvero, con costanza e dedizione è possibile superare i propri limiti e migliorare sé stessi. Rivelazione semplice ma tutt’altro che scontata, con la quale l’anime rovescia i canoni del supereroismo per elogiare qualità puramente umane; ed è proprio l’umanità di Saitama a rendere il messaggio ancor più significativo.
Egli, infatti, altri non è che un ragazzo normale, non particolarmente attraente, le cui preoccupazioni primarie sono quelle di mangiare porri per farsi ricrescere i capelli, leggere manga e giocare ai videogiochi. Il fatto di essere diventato incredibilmente potente solo grazie ad una volontà di ferro non fa altro che valorizzare, se pur in forma paradossale, la forza della sua normalità.
Di qui, anche il luogo in cui l’eroe si ritrova a dover svelare il suo segreto è ricco di importanza simbolica: si tratta della “Casa dell’evoluzione”, sede di uno scienziato pazzo bramoso di creare una nuova umanità tramite complesse mutazioni genetiche, che richiamano alla mente le origini di molti supereroi americani. In contrasto, esaltando la maggiore forza di volontà dell’uomo, il discorso di Saitama riduce questi esperimenti a mera metafora delle inefficaci scorciatoie che, pur risparmiandoci dalla fatica, non ci permettono di raggiungere i nostri obiettivi.
Dichiarava Stan Lee (vedi Stan Lee on what is a superhero):
“In order to be a superhero, you need a power that is more exceptional than any power a normal human being could possess”
Il mondo di ONE, al contrario, è un elogio dell’ordinarietà. Del resto, la grande maggioranza dei suoi eroi, fatta eccezione per casi rari e isolati, è costituita da persone normali che hanno fatto della tenacia e della forza di volontà i loro unici superpoteri, mettendole a disposizione, seppur in modi spesso goffi e ridicoli, per la salvaguardia del bene comune. Un esempio tra i molti è Spatent Rider, l’eroe senza patente che combatte il male in sella alla sua bicicletta e che di super non ha nulla, se non la determinazione con la quale affronta ogni pericolo.
One-Punch Man trasmette allora un insegnamento semplice ma prezioso: diventare supereroi significa, in fondo, avere il coraggio di prendere a pugni i nostri limiti, per puntare a dare il meglio di ciò che possiamo essere.
* immagine di copertina: screenshot tratto dall’Opening della prima stagione dell’anime
Dottorando a Venezia in Scienze dell’Antichità, ho raggiunto questo traguardo dopo gli studi classici, passando per un’esperienza di Servizio Civile come video editor e guida turistica presso l’Università Ca’ Foscari. Ciò che mi appassiona davvero è trasmettere l’importanza e il fascino della storia e della cultura a quanti, non addetti ai lavori, vi si avvicinano con curiosità e voglia di conoscere. Sono convinto che non sia mai troppo tardi per riscoprirsi e coltivare nuovi interessi: tra i tanti, accumulati in un trentennio di vita, la chitarra, la storia antica, il fantasy, il cinema e i videogiochi.
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