Novembre 17, 2024

Piante che hanno fatto la storia

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Alcune piante hanno influenzato la nostra storia e il nostro stile di vita, ci forniscono spunti di riflessioni nuovi.

Le piante sono parte della nostra storia da sempre. Fin dall’età del Paleolitico i primi homines seguivano una dieta onnivora: l’uomo si alimentava di una grande varietà di piante, allo stato selvatico inizialmente. In seguito alcune specie sono state selezionate e domesticate, già in età Mesolitica. Al di là dei motivi alimentari, l’uomo cercava anche rimedi per curare ferite e malattie, sperimentando le proprietà utili e curative delle piante attraverso un metodo empirico.

L’utilizzo delle piante da parte della nostra specie è documentato, anche se in maniera limitata, da frammenti di piante, microfossili, biomarcatori ricavati da strumenti per la preparazione del cibo e dal tartaro dentale. Uno studio internazionale abbastanza recente ha dimostrato che, grazie all’analisi del DNA conservato nei sedimenti delle grotte, è possibile identificare le piante anche in assenza di resti visibili.

Le piante possono essere considerate anche “protagoniste” di cambiamenti nella storia più recente, non solo da un punto di vista alimentare. Ad esempio, il caso del riso. Il cereale ha infatti giocato un ruolo fondamentale nella creazione dell’economia moderna. Un tempo limitato all’Asia e coltivato per sussistenza in alcune regioni del continente, grazie ai surplus produttivi, ha iniziato il suo viaggio verso altre regioni, poi verso altri Paesi. In Europa il riso è stato utilizzato inizialmente come medicina, importandolo dalla Siria, dalla Persia e dall’India, da Romani e Greci, era un rimedio per le malattie del tratto digestivo. Oggi il riso è la primaria fonte di cibo per metà della popolazione mondiale ed è coltivato in tutti i Paesi del mondo.

Cotone all’origine del capitalismo

A partire dall’800 il cotone è stato l’elemento chiave della più importate industria manufatturiera al mondo. In base a valori quali i profitti e le quantità prodotte, l’impero del cotone non aveva eguali. Secondo una stima del 1862, circa 20 milioni di persone in tutto il mondo erano coinvolte nella coltivazione o nella lavorazione del cotone. Questo settore industriale ha catapultato gli Stati Uniti, una giovane nazione, al centro della scena economica internazionale: in America, infatti, c’era abbondanza di elementi fondamentali per il cotone: terra, mano d’opera – legata alla tratta degli schiavi principalmente impiegati negli stati del sud – e credito. Considerando solo le esportazioni, gli Stati Uniti si sono ritagliati un posto rilevante sulla scena globale: negli anni 60 dell’800 il cotone grezzo rappresentava il 61% del valore totale dei prodotti esportati all’estero.

Ma il cotone non si è legato a luoghi circoscritti, ha connesso il mondo sotto molti punti di vista. Proprio il cotone è stato il promotore dei primi passi di industrializzazione in India, Egitto, Brasile e Messico. Un quadro molto ampio: tecnologie indiane e cinesi, mano d’opera proveniente dall’Africa, capitali e investimenti europei, terra americana. Un sistema che ha coinvolto non solo le città ma anche le comunità di campagna. Un filo di cotone ha legato il mondo e tessuto il contesto in cui si è formato il sistema capitalistico, coinvolgendo istituzioni sociali, politiche ed economiche.

Girasoli per la Quaresima e la speranza

Il girasole è originario dell’ovest degli Stati Uniti e, già prima della spedizione di Cristoforo Colombo, i nativi americani avevano iniziato una selezione tra le molte specie di girasole selvatico per trovare una specie che potesse produrre maggiori quantità di semi e che questi ultimi fossero edibili. In seguito, gli esploratori spagnoli hanno portato i semi del girasole in Europa: i fiori ebbero grande successo sia per la possibilità di ottenere un olio che potesse rappresentare un’alternativa all’olio d’oliva sia per la propria estetica (come i noti girasoli di Van Gogh).

Proprio l’olio di girasole ha generato un “vantaggioso” cambiamento. Secondo la chiesa ortodossa russa e ucraina ci sono una serie di alimenti che non possono essere consumati durante il periodo della quaresima, tra questi ci sono il burro e il lardo. Essi rappresentavano una fondamentale fonte di sostentamento per la popolazione durante i notoriamente freddi mesi invernali, ma il precetto religioso contrastava con il loro consumo. Grazie all’introduzione del girasole e soprattutto dell’olio da esso ottenuto, le popolazioni hanno potuto trovare un buon sostituto ai grassi animali che non fosse proibito dai precetti religiosi.

Nell’800 innumerevoli aree erano dedicate a grandissime coltivazioni di girasole, sia in Russia sia in Ucraina. Durante il periodo staliniano, i coltivatori sovietici hanno intensificato la produzione dell’olio di girasole, sono state studiate e selezionate nuove varietà in grado di produrre maggiori quantità di semi, quindi di olio. Guardando nello specifico all’Ucraina, questi fiori assumono anche altri ruoli. Infatti oltre ad essere una componente chiave dell’economia per l’esportazione di olio, il girasole è il fiore nazionale del paese, un simbolo antico, associato al sole, alla prosperità e alla generosità delle terre ucraine; in seguito, alla guerra cominciata nel febbraio del 2022, è diventato anche un simbolo di resistenza, unità e speranza. Erano già stati un simbolo di speranza anche nel 1986 a Chernobyl quando gli scienziati avevano deciso di piantare girasoli nelle zone colpite dalle radiazioni, poiché questi fiori hanno la capacità di estrarre le sostanze tossiche dal terreno.

Ananas come fonte di ispirazione

L’ananas, come è noto, era sconosciuto prima dell’esplorazione dell’America. Come abbiamo visto in precedenza, di ritorno dal viaggio intercontinentale, gli esploratori portavano con sé cibi mai visti prima. Nel caso della frutta esotica, l’introduzione di un coltura in un nuovo luogo con un altro clima non era sempre semplice, servivano condizioni particolari. Ne è un esempio l’ananas che predilige un clima caldo e umido le cui temperature varino tra i 20 e i 30 gradi.

Più la frutta era particolare, più era interessante coltivarla. Si è sviluppata così una sorta di “corsa alla frutticoltura e orticoltura”, una competizione tra le classi più abbienti per dimostrare il proprio status. La sfida di coltivare frutta esotica in Europa però non si accordava bene al clima. Si è partiti dalla costruzione di strutture di legno e vetro, al cui interno venivano collocate stufe per riscaldare l’aria, in combinazione con concime di ottima qualità. Poi è stata impiegata la luce del sole per scaldare le prime serre.

La passione per la costruzione delle serre era quasi una moda, uno status symbol nel mondo occidentale, in particolare in Inghilterra. Non a caso proprio un inglese ha dato una svolta al funzionamento delle serre, comprendendo l’importanza della ventilazione, il colore bianco per riflettere la luce e il calore, ma soprattutto che, se i vetri fossero stati posti a 52 gradi a mezzogiorno, il tetto della serra avrebbe potuto accumulare la maggior parte della luce del sole e rilasciarla poi nella struttura. Una bella spinta alla progettazione e all’uso delle serre, oggi fondamentali in ortofloricoltura e frutticoltura per garantire tutto l’anno fiori, frutta e verdura, non necessariamente esotiche.

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