POVERI IN ORO BLU, RICCHI DI ORO VERDE
4 min readUn’autorità mondiale per l’”oro blu”?
Nel 1995 uno studio della FAO ha calcolato in 628 metri cubi il fabbisogno annuo pro-capite di acqua. Un occorrente al quale non tutti gli abitanti del pianeta riescono a far fronte.
Esempi di emergenza idrica in Africa possono essere riscontrati nel bacino del Lago Ciad e nel Corno d’Africa. Si tratta di luoghi devastati, rispettivamente, dalla siccità, e dall’ innalzamento del livello del mare.
I principali accordi internazionali in tema di riscaldamento globale, benché non vincolanti, sono tesi al contrasto diretto della desertificazione. L’incremento del livello del mare previsto entro il 2100 è compreso tra i 18 e 59 cm.
Nonostante il proliferare di organizzazioni internazionali, dalla metà del secolo scorso ad oggi, ancora non esiste un’autorità mondiale per l’acqua.
La tecnologia della dissalazione dell’acqua marina, via indiretta di contrasto della crisi idrica, non è priva di risvolti negativi. A oggi sono sparsi nel mondo circa 16.000 impianti di dissalazione. Essi sono collocati prevalentemente in Nord Africa e Medio Oriente.
Molto probabilmente la Nigeria entro il 2050 avrà tanti abitanti quanto l’ Unione europea. L’ Africa ospita un quinto della popolazione planetaria. Eppure, il relativo consumo di elettricità non supera il 4% di quello mondiale. Con un forte contrasto tra i paesi in via di sviluppo e la popolazione subsahariana, che vive, letteralmente parlando, nell’oscurità.
Le conseguenze della scarsità d’acqua, di elettricità, ma anche di insegnanti, diventano devastanti. In particolare, proprio il crescente fabbisogno educativo degli africani di domani è stato contemplato tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite.
L’Africa ha l’opportunità unica di sviluppare un percorso di crescita davvero virtuoso in termini di emissioni di anidride carbonica, rispetto a quanto è accaduto in altre parti del globo. Già gli attori economici dei paesi BRICS, per esempio, non hanno dovuto attraversare gli stessi stadi di sviluppo industriale succedutisi dai tempi della prima rivoluzione di metà Settecento. Una sorta di economia dell’apprendimento fa si che gli attori economici dei paesi non OCSE che salgono sulla giostra della crescita economica ereditino le tecnologie più efficienti e meno inquinanti.
Il problema dell’approvvigionamento energetico da parte degli stati africani non è ancora risolto. Sebbene le condizioni climatiche favoriscano l’implementazione di energie rinnovabili, mancano risorse ed ‘expertise’. L’eventuale costruzione di importanti impianti fotovoltaici nel Sahara, per esempio, non allenterebbe l’influenza dell’Europa sul continente nero. Probabilmente, invece, sortirebbe l’effetto opposto.
Un’altra questione da tenere in considerazione sono i rapporti diplomatici fra gli stati. Sembra che l’Etiopia (notizia di qualche giorno fa) sia intenzionata a costruire una grande diga sul Nilo. Una diga che servirebbe per costruire la più grande centrale idroelettrica in Africa. E capace di soddisfare da sola il fabbisogno energetico statale. E’ peraltro in corso una lunga diatriba diplomatica con l’Egitto sull’utilizzo delle acque del Nilo.
L’oro verde del XXI secolo
Il mercato mondiale sta passando da un’economia basata sui combustibili fossili e sui minerali rari, a un’economia sempre più basata sulle risorse genetiche e biologiche. L’emisfero australe ne è complessivamente più ricco rispetto all’emisfero boreale.
E’ probabile che le contese geopolitiche del futuro riguardino più frequentemente “l’oro verde del XXI secolo”.
Secondo Vandana Shiva, direttrice della Research Foundation for Science in India, gli accordi conclusi a livello di commercio internazionale “non concedono alcun valore alle conoscenze indigene”.
L’intento delle grandi multinazionali è che sia dato loro libero accesso al materiale genetico di tutto il mondo, e che, nello stesso tempo, siano tutelati i loro prodotti manipolati geneticamente.
Un intento perseguito nella definizione dell’accordo sugli aspetti commerciali della proprietà intellettuale (TRIPS), che è stato sottoscritto durante i negoziati dell’accordo generale sulle tariffe e sugli scambi (GATT) in Uruguay.
Il caso della taumatina ci aiuta a comprendere meglio come si delinea il nuovo paradigma economico. Nella taumatina è contenuta la proteina più dolce della terra, centomila volte più dello zucchero. Nei villaggi ove è diffusa è stata usata come dolcificante alimentare per centinaia di anni. Essa può essere inserita nel codice genetico della frutta e della verdura fornendo un dolcificante ipocalorico.
La Monsanto e le altre società che hanno contribuito a redigere l’accordo TRIPS e GATT sono ben consapevoli del valore delle conoscenze autoctone. I loro “cacciatori” di geni infatti vagano continuamente in remoti villaggi in cerca di prede, rivolgendo domande agli anziani nella speranza di individuare speciali erbe medicinali o piante con caratteristiche genetiche uniche.
Laureato in economia, mi appassiona l’evoluzione della governance globale, che oggi deve fronteggiare problemi globali. Credo che grazie al metodo scientifico sia possibile cogliere quanto sono meravigliosi il mondo ed il cosmo.
Dopotutto miracolo significa “cosa meravigliosa”.