Settembre 8, 2024

Quale Dio sarà artefice del nostro destino?

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Siamo in Grecia attorno al VI-V secolo a.C., si credeva che gli eventi accadessero in base al volere degli Dei e la medicina e la magia erano discipline interconnesse.

Siamo in Grecia attorno al VI-V secolo a.C., si credeva che gli eventi accadessero in base al volere degli Dei. In questo contesto, la medicina e la magia erano discipline interconnesse, in cui per affrontare le patologie si faceva ricorso sia a metodi razionali sia a pratiche rituali affidandosi alle cure di un Dio.

Nel Tempio di Asclepio, per esempio, la gente cercava il “sonno di guarigione”, credendo che dormire lì avrebbe portato a cure miracolose. Per affrontare la follia, ci si rivolgeva a Dioniso, partecipando a danze smodate. In questo periodo storico nasce il culto di Asclepio, noto anche come Asklepiòs in greco, soprannominato Dio della Medicina. Il suo culto raggiungerà anche Roma, l’Isola Tiberina nel 293 a.C., dove prenderà il nome di Esculapio e al quale si attribuisce la fine della peste che stava colpendo il territorio. Questa tradizione perdurò fino al II-III secolo d.C.. 

Chi era Asclepio? 

Si ritiene che nasca come mortale e venga reso divino successivamente alla sua morte. Esistono diverse versioni di questo mito, una di queste narra che fosse il figlio del Dio Apollo e della mortale Coronide. Orfano di madre venne allevato ed istruito tra le montagne della Tessaglia dal centauro Chirone, dove apprese tutti i segreti delle tecniche guaritrici. Asclepio, ormai maestro in questa arte, la tramandò ai suoi figli, tra i quali Macaone, che prese parte alla guerra di Troia in aiuto agli Achei sia come guerriero che come medico.

Un altro mito racconta che aveva ricevuto in dono dalla dea Atena il potere di cambiare il suo sangue con quello di Medusa, da allora, il sangue di Asclepio che sgorgava dal fianco sinistro era velenoso, quello dal fianco destro salvifico al punto da far resuscitare i morti.

Zeus riteneva inaccettabile che un mortale potesse possedere un tale potere, quindi lo fulminò. Dopo la sua morte venne venerato come un Dio e lo si rappresenta con in mano una verga alla quale è avvolto un serpente. 

Il bastone di Asclepio lo troviamo come simbolo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), o nella Stella della vita, simbolo internazionale dei servizi di soccorso medico. Leggermente diverso dal Caduceo, nel quale abbiamo un bastone alato, sul quale si avvolgono due serpenti ed è attribuito al Dio Ermes. Il termine caduceo deriva dal greco kērýkeion, araldo, annunciatore ed attualmente simbolo dell’ordine dei Farmacisti.

In questo periodo si usano minerali, piante e animali perché il loro aspetto spesso è associato al loro eventuale uso come farmaco. Il serpente rappresenta spesso rinascita per la sua naturale capacità di cambiare pelle.

I Discorsi Sacri di Elio Aristide

È essenziale nel capire il rapporto medicina-religione la testimonianza data dalle memorie di Elio Aristide, nei Discorsi Sacri. L’autore intraprese la stesura del racconto attorno al 170 d.C.. e attraverso le sue parole si comprende come funzionava il rito, e i percorsi salvifici sotto la guida del Dio Asclepio. Aristide nato in Misia, attuale Turchia Nord-Occidentale, intraprende un viaggio per Roma. Afflitto da numerosi malanni, che nessuno ha saputo curare, è costretto a tornare in patria via mare dove affronta numerose intemperie insieme ad altri marinai. Inizialmente devoto ad Apollo poi si rivolge ad Asclepio apparendogli in sogno. Questa viene considerata dall’autore come una chiamata divina, e a partire dal primo ordine che Asclepio gli suggerisce, ovvero quello di camminare a piedi scalzi, si susseguono numerose terapie, bagni, viaggi, riti. Perde la fiducia nelle cure più tradizionali affidandosi completamente al volere del Dio.

Si contrappone alla figura di Asclepio, Ippocrate da Kos.

Nato attorno al 460 a.C., incarna il padre della medicina come la conosciamo noi oggi perché si evolve e si radica il pensiero più critico e razionale di cui si parlerà nel prossimo episodio, mentre è possibile leggere l’episodio precedente qui

Riporto per concludere la descrizione dopo un bagno gelido che Aristide eseguì nel fiume in inverno, indicato da Asclepio in sogno:

«Quel che accadde dopo non è descrivibile. Per tutto il resto della giornata, e per tutta la sera, fino al momento di andare a letto, mi mantenni nella stessa forma raggiunta subito dopo il bagno: sentivo che il mio corrpo non era né troppo umido né troppo secco, e che il suo calore non diminuiva né aumentava; e che tale calore non era quello che si può conseguire con mezzi umani, ma una sorta di torpore diffuso che infondeva in tutto il corpo un vigore continuo e costante nel tempo. Non diverse erano le mie condizioni pschiche. Ciò che provavo non era infatti un piacere appariscente, né assimilabile alla comune gioia, ma una specie di ineffabile benessere che mi faceva posporre ogni altra cosa a quella condizione momentanea, e non avevo occhi, pur vedendo, per tutto il resto: a tal punto ero tutto preso dal dio». 

Bibliografia:

Antichità – La civiltà greca – Scienze e tecniche: Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco – 10, EncycloMedia Publisher (2014).

Malato di retorica: i discorsi sacri di Elio Aristide, Tesi di Dottorato di Gloria Vannucci, Relatrice Prof.ssa Carla Castelli, Università degli Studi di Milano, Dottorato in Scienze del patrimonio letterario, artistico e ambientale XXIX ciclo (2014-2016).

Discorsi Sacri, Elio Aristide a cura di Salvatore Nicosia, Adelphi (1984).

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