Riflesso di Semmelweis e processo a Galilei
3 min readImmaginate per un istante di esser relegati coattivamente in un manicomio, spogliati della vostra dignità e derisi dal mondo intero, per aver suggerito che sarebbe buona norma una disinfezione accurata delle mani dopo averle rimestate nei cadaveri in decomposizione, peraltro squartati per l’esame autoptico. Uno scenario surreale del genere rievocherà ai più tragiche vicende di galileiana memoria, o il modus operandi di regimi politici reazionari e retrogradi.
Ci troviamo invece nella progressista Vienna della seconda metà del XIX secolo, dove Ignac Semmelweis, destinato ad esser consacrato dai posteri come il “salvatore delle madri”, ricevette tale trattamento dai luminari della medicina ungherese ed austriaca proprio per aver formulato quell’ipotesi in merito all’insorgenza della sepsi puerperale.
La febbre puerperale è un’infezione potenzialmente fatale che può verificarsi in seguito ad un parto o ad un aborto per contagio tramite lesioni della mucosa uterina e conseguente proliferazione batterica. Un secolo fa mieteva non meno di una partoriente su quattro, e la sua eziologia era ben lontana dall’essere pienamente decifrata. Il dottor Semmelweis, applicando scrupolosamente il metodo scientifico in un’epoca in cui la microbiologia stentava a decollare (ma a quattro secoli dalla fine del Medioevo), riuscì a dimostrare che quando i medici lavassero le proprie mani passando dall’obitorio alla sala parti, l’incidenza dell’infezione veniva drasticamente ridotta. Come si è detto, però, una conclusione che oggi ci appare banale ancor prima che ragionevole, fu accolta dall’indifferenza ostile e preconcetta della comunità scientifica e derubricata come “scellerata eresia”.
A proposito di eresie. La condanna a Galileo Galilei per il sostegno alla teoria copernicana eliocentrica, puntualmente evocata quale esempio lampante del misoneismo e del dogmatismo che contraddistinguerebbero le istituzioni religiose, fu comminata dalla Santa Inquisizione al culmine di un articolato processo protrattosi per anni. Non solo, fu firmata da 7 dei 10 inquisitori coinvolti ed a valle di alterne vicende durante le quali una frazione considerevole del clero espresse timidamente ammirazione e solidarietà al genio toscano. Insomma, ben altro riguardo rispetto a quello accordato dai sedicenti depositari dei lumi della ragione a Semmelweis, che fu lasciato marcire a lungo in una cella senza la possibilità di “abiurare”. Ironia della sorte, quando Semmelweis uscì dall’internamento per essere sottoposto ad un intervento chirurgico d’urgenza, morì di setticemia per le scarse norme igieniche del personale sanitario.
Naturalmente non si tratta di un caso isolato: ad esempio, l’idea che i sali si dissocino in ioni nelle soluzioni acquose, evidente anche per i profani in chimica, era reputata una bizzarra eccentricità fino ad un secolo orsono, salvo poi valere il premio Nobel per la chimica al giovane Arrhenius, che in un primo momento rischiò di vedersi negata la laurea dagli allora massimi esperti in chimica.
Pertanto, al di là della cronaca, tali avvenimenti impongono una riflessione più profonda e consapevole su un ventaglio di fenomeni socioculturali. Il rigetto spontaneo delle scoperte più dirompenti, in grado di scardinare certezze sedimentate, assume oggi il nome di “riflesso di Semmelweis“. Onestà intellettuale prescriverebbe di interpretarlo non come una prerogativa esclusiva di dottrine teologiche o di regimi politici conservatori, facendovi peraltro leva per squalificarli sommariamente nei dibattiti, ma quale una costante uniforme, una sorta di attributo connaturato all’uomo nella sua essenza più autentica. Gli scienziati ungheresi ad austriaci non accettarono che fosse messo in discussione il loro protocollo operativo tradizionale, così come i Gesuiti, per secoli l’Ordine tutelare delle scienze che annoverava i più brillanti matematici e fisici, temettero che il loro monopolio, e di conseguenza tutti i privilegi materiali che ne derivano, fosse incrinato dalla diffusione della teorie divergenti di Galileo Galilei.
Ci si guardi dunque bene dall’attribuire ad una precisa ideologia atteggiamenti universali ed a valutare come fenomeni sociali quelli individuali. Talora, per veicolare un messaggio, una massima di saggezza popolare val meglio delle più sofisticate disquisizioni filosofiche: il bue dice cornuto all’asino (per farsi bello e meritevole agli occhi del padrone).
Ho conseguito la maturità classica nel 2015, la laurea di primo livello in Ingegneria Chimica presso il Politecnico di Milano nel 2019 e la laurea magistrale nel 2021 in Chemical Product Engineering con particolare enfasi per i bioprocessi industriali e le tecnologie di formulazione farmaceutica e cosmetica. Traggo la mia linfa vitale da interessi poliedrici, tra cui la filosofia e l’antropologia, e da una inclinazione naturale alla speculazione teorica al servizio di risvolti concreti nella quotidianità.