Settembre 16, 2024

Scuola e benessere:  il ruolo dello psicologo scolastico in Italia

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Gli studenti italiani sono tra i più stressati d'Europa: come ridurre l'impatto negativo di questo carico emotivo in una società che pretende sempre di più dai giovani? Parliamo della figura dello psicologo scolastico, e di come questo possa agire per il benessere degli studenti.
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Il benessere dei giovani a scuola è un diritto?

L’articolo 24 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rigths of the Child – CRC) riconosce il diritto fondamentale di ogni minore di “godere del miglior stato di salute possibile (fisico e psicologico) e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione.” La prevenzione, promozione e cura della salute mentale, al pari di quella fisica, è dunque una delle principali priorità degli stati firmatari.
Possiamo immaginare la salute mentale come le fondamenta sopra le quali è possibile costruire un’esistenza umana significativa e duratura: senza una base sicura, l’essere umano non potrebbe sviluppare la capacità di provare sensazioni, instaurare relazioni, pensare, imparare,  e lavorare. Queste capacità infatti sono mattoni che progressivamente si appoggiano sopra le fondamenta e si saldano in modo più o meno stabile all’interno dell’architettura dell’esistenza umana. Trascurare il benessere psicologico e non prendersene cura soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza,  fa tremare le pareti e crepare il soffitto, esponendo l’intera struttura al rischio di cedere: di fatto questo impedisce alle bambine e ai bambini di godere dei propri diritti e di raggiungere il proprio potenziale affettivo, intellettivo e formativo. L’infanzia è il periodo più fertile ma anche più critico per la costruzione di questa base sicura, ed è stato dimostrato che ricevere cure amorevoli, coltivare relazioni positive e crescere in ambienti educativi sicuri contribuiscono a ridurre il rischio di entrare in uno stato di sofferenza psicologica grave. Al contrario, fattori relazionali e ambientali negativi o carenti così come l’esposizione a esperienze di violenza, discriminazione e povertà, aumentano il rischio di sviluppare e cristallizzare forme di sofferenza psicologica.

Il benessere psicologico in Italia

L’UNICEF, che fin dall’11 dicembre 1946 difende e promuove i diritti delle bambine e dei bambini, si occupa annualmente di stilare dei report sulla condizione dei minori nel mondo: esattamente un anno fa ha pubblicato un rapporto con titolo “L’Italia è il fanalino di coda in Europa per il livello di benessere mentale” [1]. L’articolo si focalizza sull’analisi della situazione italiana ed europea rispetto al tema della salute mentale: epidemiologia, investimenti e prospettive future. Iniziamo subito col dire che i risultati non sono positivi. Lo studio evidenzia una situazione allarmante, dove in Italia 1 adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con una diagnosi di disturbo mentale. Quasi la metà dei disturbi psicologici emergono intorno ai 14 anni, ma la maggior parte dei casi non viene né diagnosticata tempestivamente né presa in carico dal punto di vista terapeutico. Dal report dell’UNICEF inoltre emerge un dato significativo dal punto di vista psicopatologico: quasi la metà delle forme di sofferenza, più del 40% dei casi, riguardano esperienze depressive e ansiose. Un altro dato risulta preoccupante: in alcuni casi, quando il disagio è tanto grande da non lasciare alternative percorribili, i giovani che ricorrono al suicidio sono in aumento. In particolare, se a livello mondiale il suicidio rappresenta una delle prime cinque cause di morte tra i 15 e i 19 anni, in Europa occidentale diventa la seconda, dopo gli incidenti stradali.

Una questione di fondi: il ruolo del governo italiano

Di fronte a dati così significativi ci si aspetterebbe un intervento governativo atto a promuovere e tutelare la salute mentale dei più giovani ma dall’indagine di UNICEF emerge che l’Italia nel 2023 era ultima in classifica in Europa per livello di benessere mentale infantile e adolescenziale e uno degli ultimi paesi per quanto riguarda gli investimenti pubblici nei servizi di cura per la salute psicologica. Secondo il Sole24 negli ultimi 20 anni infatti l’Italia non investe una quota sufficiente del suo budget sanitario per la salute mentale [2]. Di fronte ad un obiettivo indicato dall’Unione Europea del 10% del budget, l’Italia negli scorsi anni ha investito a malapena il 3% del budget sanitario per il benessere psicologico. Il “risparmio apparente” di 7 punti percentuali, dati alla mano, si traduce in un incremento diretto della spesa pubblica dovuta alle spese necessarie per farmaci, psicoterapie e assistenza, oltre che a una minore produttività scolastica e lavorativa e un maggior numero di assenze sul posto di formazione o lavoro. Questo incremento delle spese sanitarie sul lungo termine costa allo Stato italiano paradossalmente molte più risorse di quelle risparmiate inizialmente: nel 2018 per esempio, a fronte di un risparmio nell’investimento per la salute mentale dello 0,4% del PIL Italiano, è stata affrontato un costo secondario del 3,3% del PIL italiano (corrispondente a 55 miliardi di euro). Gli interventi recenti del governo Italiano volti a promuovere una maggiore presa in carico della situazione sanitaria, come il celebre “Bonus psicologo”,  per quanto idealmente virtuosi, non hanno fatto altro che sottolineare la carenza degli investimenti pubblici nell’ambito del benessere psicologico: i 25 milioni di euro stanziati dal governo per l’anno 2022 sono stati sufficienti per 41 mila persone a fronte delle 395 mila richieste pervenute: solo 1 persona richiedente su 9 ha dunque potuto usufruire del supporto necessario [2]. Torna dunque la domanda iniziale: la salute mentale, in particolare dei giovani, è un diritto?

Ansia scolastica e cultura del benessere: la scuola italiana

Il report di UNICEF analizza inoltre la relazione tra ambiente scolastico e benessere delle ragazze e dei ragazzi del nostro paese, individuando un dato molto significativo: emerge un quadro preoccupante sulla salute mentale dei ragazzi italiani, maggiormente soggetti ad ansia scolastica rispetto ai loro coetanei europei. Nel nostro Paese, il 56% degli intervistati dichiarava di diventare nervoso davanti a un test rispetto al 37% della media europea, il 70% diceva di provare molta preoccupazione (negli altri Stati in media era il 56%). Queste informazioni fanno riferimento al fenomeno denominato “ansia scolastica”  che nasce solitamente dal desiderio di essere amati e rispettati e dalla conseguente paura di essere rifiutati dalle figure di riferimento (genitori, compagni e insegnanti). Questa esperienza racchiude la paura dell’insuccesso, del giudizio e il timore di non essere capaci di superare le prove e gli ostacoli che si pongono di fronte a sé [3]. L’ansia scolastica risulta essere alla base di numerosi fenomeni che ostacolano o impediscono la frequenza e lo sviluppo di una carriera formativa per gli studenti: vi è maggior rischio di  incorrere in comportamenti di evitamento e allontanamento dal “contesto scuola”, che ha sempre più spesso come esito l’abbandono scolastico. Non a caso l’Italia risulta essere il secondo paese europeo con più alto numero di NEETs, ovvero giovani che non risultano essere impegnati né in percorsi scolastici, né in percorsi formativi o in attività lavorative [4]. Questo sembra essere dovuto in primis a un sistema scolastico vetusto e poco aderente alle richieste del mercato lavorativo odierno (skills mismatch), dall’altra parte sembra dipendere dalla cultura particolarmente richiestiva che impone un impegno di ore di frequenza scolastica ed extrascolastica (compiti per casa e studio) di gran lunga superiore alla media europea (11 ore a settimana contro le 6 ore di media in Europa). 

Lo psicologo scolastico: il professionista sanitario al servizio degli studenti 

N.B. (in questo articolo il termine “lo psicologo scolastico” sarà utilizzato in modo intercambiabile con il termine “la psicologa scolastica”)

Come ridurre l’impatto negativo di un sistema scolastico così richiestivo nei confronti degli studenti? Negli ultimi anni, si sente sempre più parlare della figura degli psicologi scolastici, professionisti del benessere e delle relazioni che, come comprovato dalla letteratura scientifica, sono in grado di promuovere la salute mentale nei contesti scolastici. Dal 2016 in avanti, il tema dell’istituzione della figura dello psicologo scolastico ha iniziato ad interessare le camere del Parlamento Italiano, senza purtroppo trovare ancora una definizione ufficiale. Ad oggi, in seguito alla proposta di legge n°520 presentata il 7 novembre 2022, il governo italiano sta discutendo della possibilità concreta di  istituire la figura dello psicologo scolastico  in modo strutturale e permanente nelle scuole italiane, riconoscendo l’importanza del benessere psicofisico degli studenti e del personale scolastico. Esiste una vasta letteratura scientifica globale che evidenzia l’impatto positivo dell’azione dello psicologo nella scuola: in particolare è emerso che la sua massima utilità si esprime, prima ancora che sul piano della cura del malessere già espresso, su quello della prevenzione del disagio e sul lavoro svolto in funzione del benessere complessivo di chi vive all’interno della scuola [5]. E’ fondamentale però sottolineare l’importanza del riconoscimento del ruolo, poiché si parla di psicologo scolastico e non di counselor o coach per espliciti motivazioni: a differenza delle altre due figure professionali poco normate dal sistema italiano, gli psicologi in quanto professionisti sanitari iscritti all’interno di un Ordine Nazionale e di un albo professionale di Regione, hanno il dovere di attenersi a un rigoroso Codice Deontologico che, al pari del celebre Giuramento d’Ippocrate per i medici, impone un codice di condotta specifico, normato e verificabile ad ogni suo membro. Solo in questo modo è possibile assicurare uno standard qualitativo elevato e una forma di sicurezza nelle azioni svolte con gli alunni, il personale scolastico e i genitori.

Cosa fa lo psicologo scolastico?

Lo psicologo scolastico si occupa principalmente della prevenzione e dell’intercettazione del disagio giovanile nel contesto scolastico. In particolare lo psicologo può intervenire in diverse modalità e su diversi ambiti:

  • la riduzione dell’abbandono scolastico; 
  • l’individuazione e il supporto di minori con esigenze educative particolari come: i bisogni educativi speciali (BES) come ad esempio disagio emotivo, svantaggio culturale o familiare; i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) come la dislessia, discalculia, disortografia; i deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD); i deficit cognitivi e la disabilità;
  • la prevenzione e l’individuazione precoce di forme di sofferenza acuta che possono dare luogo a problematiche conclamate come disturbi alimentari (DCA), consumo e abuso di sostanze, ritiro sociale, forme di autolesionismo e episodi di bullismo;
  • la gestione dei disagi relazionali che si manifestano in modo più o meno conflittuale tra studenti, personale scolastico e genitori;
  • l’individuazione di strategie per l’inclusione di bambine e bambini e famiglie migranti che accedono ai servizi scolastici del territorio

Inoltre lo psicologo, avvalendosi delle conoscenze teoriche e pratiche maturate negli anni di formazione professionale, può utilizzare diversi interventi con i diversi attori del sistema scolastico. Lo psicologo opera spesso in sportelli di ascolto per alunni, ma anche insegnanti e famiglie con l’obiettivo di offrire consulenze personalizzate e specifiche adattate al singolo caso. E’ possibile che lo psicologo scolastico lavori attraverso interventi di gruppo rivolti al gruppo classe, orientando la conversazione e la condivisione di idee e informazioni su diverse tematiche, come l’alfabetizzazione emotiva, l’inclusione, l’affettività e la sessualità,  e l’orientamento scolastico. Lo psicologo inoltre si rende disponibile a fornire formazioni specifiche per genitori e lavoratori scolastici sull’inclusione delle minoranze, sulla comunicazione, sulle vulnerabilità di apprendimento, e sull’individuazione e la gestione di comportamenti problematici.
Infine, in quanto professionista sanitario, lo psicologo scolastico rappresenta anche il raccordo tra realtà scolastica locale, territorio e sistema sanitario: solo in questo modo sarà possibile assicurare una presa in carico a 360° delle eventuali forme di disagio individuale, scolastico e familiare che un bambino o un adolescente potrebbero trovarsi ad affrontare.

Bibliografia e Sitografia

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